Teroldego e Marzemino: degustazioni interessanti ma futuri diversi3 min read

Eccoci a parlare ancora di trentino, questa volta in rosso. Da sempre tra i rossi ci concentriamo su teroldego e marzemino, due vitigni autoctoni molto importanti in regione, tanto che il primo è anche il rosso più piantato, mentre il marzemino risulta terzo per ettari dietro al merlot.

Ma queste posizione vanno inquadrate bene perché, come avevo già accennato nell’altro articolo sui bianchi, i rossi sono solamente il 27,3 dei vini prodotti in trentino. Anche se il teroldego è il primo  ha poco più di  600 ettari vitati (620), mentre il marzemino ne ha quasi la metà (313).

Inoltre, anche se questi ettari sono quasi stazionari dal 1990 ad oggi (addirittura il marzemino è cresciuto) la situazione per i due vitigni è completamente diversa. Da una parte il teroldego viene considerato come il rosso principe della regione e come tale portato in palmo di mano dai produttori, il marzemino è visto invece come il brutto anatroccolo e diversi produttori cercano, per rimanere in tema, di affogarlo.

Mai come quest’anno abbiamo percepito un disamore così chiaro per questo vitigno, che invece io amo moltissimo: purtroppo è un’uva difficile, che ha pure il “difetto” di non dare vini da lungo o lunghissimo invecchiamento e a ben poco può valere il fatto che permette di fare rossi straordinariamente gradevoli, profumati, equilibrati, da tutto pasto.

Oggi se un uva non consente di fare grossi vini (chi ci prova col marzemino difficilmente ottiene ottimi  risultati) non ha futuro. Ho  scritto grossi e non grandi, perché spesso si cade nell’equivoco che un vino con grandi estrazioni, tannico e pieno di legno sia un grande vino. Purtroppo è solo un vino grosso, quelli grandi hanno bisogno di profumi, equilibrio, profondità aromatica e strutturale, cose che anche i buoni marzemini hanno.

Durante le nostre visite in cantina sono rimasto di sasso quando un produttore storico di marzemino mi ha candidamente confidato di non avere più vigneti “dell’uva di Mozart” ma di comprare solo uve: questo per puntare decisamente su quello che tira in questo momento, le bollicine.

Delle bollicine, alias Trento DOC, parleremo più avanti, adesso concentriamoci sui vini degustati.

I pochi marzemino assaggiati (altro segnale di disaffezione)  ci hanno mostrato pochissimi spunti veramente pregevoli, pur degustando vini di due annate non certo pessime, come il 2015 e il 2016. Quelli buoni, grazie ai loro profumi inconfondibili e al corpo equilibrato, ti fanno bene all’anima, ma purtroppo sono sempre meno. Oddio, rispetto al numero di vini degustati due vini top non sono pochi, ma questo conferma quanto detto: pochi ci credono veramente. Speriamo che la situazione possa cambiare.

Gli assaggi di teroldego invece hanno spaziato dal 2012 al 2016, proponendoci sia vini freschi e profumati sia prodotti molto importanti da far maturare per anni. Questa versatilità è una bella caratteristica del teroldego e infatti uno dei migliori è un piacevolissimo vino del 2016, che non sfigura per niente accanto ai cugini più strutturati e importanti. Siamo stati contenti di assaggiare dei buoni teroldego anche di un’annata difficile come il 2014, constatando una bella versatilità del vitigno, o forse una maggiore maestria tecnica dei produttori.

Ci sono ancora diversi “super teroldego” cioè vini molto concentrati e estratti, ma la tendenza ci sembra sia quella di andare verso vini più eleganti, molto meno imbalsamati dal legno.

A questo punto non resta che parlare degli spumanti trentini: come detto prima  lo faremo più avanti, quando il periodo natalizio “stimola” la voglia di bollicina.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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