Il tempo lento della qualità: Vinchio-Vaglio Serra, progetto Vigne Vecchie5 min read

Mai più azzeccato fu il titolo dell’evento organizzato da una delle cantine cooperative più lungimiranti che il panorama piemontese conosca.

Sabato 3 settembre  ha festeggiato i 30 anni di un progetto che quando partì ebbe effetti dirompenti e segnò l’inizio di un percorso che oggi appare quasi scontato, ma allora richiese l’impiego di sforzi ed energie notevoli.

Siamo nel Monferrato, terra di barbera; Nizza Monferrato è a pochi chilometri e tra queste colline il barbera ha trovato il suo habitat ideale.

Oggi è un fatto che questo vitigno sia  adatto a creare vini di ottima qualità, ma la realtà odierna potrebbe essere diversa se 30 anni fa Giuliano Noè, enologo storico di questo territorio, non avesse avuto l’idea di proporre una nuova linea di produzione, dedicata esclusivamente alle uve provenienti da vigne vecchie che rischiavano di essere spiantate perché non rendevano abbastanza in termini quantitativi.

Ci si muoveva in un contesto in cui il barbera veniva coltivato massimizzando le  rese e il mercato recepiva solo stimoli derivanti dal prezzo, che doveva essere il più basso possibile; non per niente la cantina negli anni 80 produceva solo vino sfuso. In quest’ambito Noé propose di differenziare la produzione, separando le uve provenienti dalle vigne migliori (con almeno cinquant’anni) dalla massa.

Lo chiamarono Progetto Vigne Vecchie e prevedeva il pagamento di prezzi più alti per le uve  provenienti da tali vigneti; tra le regole vi era anche quella di utilizzare cassette da 20 kg per la  raccolta.

Si trattava, in quel momento storico, di  far capire ai conferenti che dovevano produrre di meno per guadagnare di più: il concetto andava a demolire quelli che erano fino ad allora dogmi secolari; il malumore arrivò anche a scontri interni che portarono la fazione dei conferenti “normali” a voler controllare  le uve dei soci partecipanti al progetto.

Questi controlli ebbero un effetto virtuoso perché convinse anche gli altri produttori che era possibile produrre qualità ed essere remunerati meglio. Questa fu la chiave di volta che consegnò la cantina ad un percorso qualitativo importante, salvandola da un limbo in cui molte altre cooperative sarebbero entrate da li a pochi anni.

L’evento di sabato si è dipanato attraverso due momenti importanti: un assaggio di vecchie annate e un dibattito.

La degustazione

La mattinata di celebrazioni del trentennale ha preso il via con un assaggio di sette annate del vino simbolo nato dal progetto: la Barbera d’Asti Superiore Vigne Vecchie. Attualmente questo vino è sorprendentemente in commercio con l’annata 2011. Sorprendentemente per chi non conosce questa cantina e il potenziale di invecchiamento di una grande Barbera.

La prima annata fu il 1987 e nel tempo la ricetta è cambiata di poco, una rimodulazione dei legni fa si che oggi questo vino sia meno aggressivo e internazionale.

2011 – annata definita straordinaria: primavera piovosa, estate calda e settembre con temperature ottimali. Naso con bellissima frutta, legno presente ma in sottofondo; buona pressione al palato, acidità importante e trama tannica setosa.

2006 – annata ottima  ma con poche punte d’eccellenza: estate in ritardo e mite. Un’ottima speziatura ed un leggero balsamico sono le note prevalenti per una dotazione olfattiva estremamente sottile ed elegante. Ingresso in bocca delicato ma che esplode successivamente; l’ acidità, presente ma non aggressiva, lascia spazio ad una grassezza che continua a lungo (probabilmente il miglior vino della batteria).

2001 – annata di buona qualità: inverno piovoso e gelate primaverili, buon andamento climatico di agosto e settembre. Naso delicato, spezie e frutta, legno ben digerito; vena acida importante al palato, un po’ scomposto ma ancora vivo.

1997 – ottima annata ma molto calda in varie parti d’Italia: qui un settembre con qualche pioggia e buona escursione termica ha chiuso un’annata con andamento climatico da manuale. Legno bagnato, terra e tartufo sono le componenti olfattive più evidenti. Un buon ingresso evidenzia note ferrose al palato, buona eleganza. Può ancora fare qualche passo.

1990 – annata equilibrata: inverno senza neve e leggermente più mite della media, andamento successivo normale ed equilibrato; la prima annata importante, attesa da molti, dopo un paio di annate zoppicanti in Piemonte, forse salutata con un po’ troppa enfasi rispetto alla sua resa sul campo. Terziarizzazione delicata, classiche note di sottobosco e humus; ottimo attacco e grandissima beva, lungo e fine. Grande vino!

1988 – Naso chiuso e difficile da incasellare; aromi terziari che escono al palato, scarno e nervoso, manca di polpa ma ancora bevibile ma a fine corsa.

1987 – Un colore ambrato annuncia un’ossidazione che però si rivela piacevolmente delicata; il palato è sorprendentemente bilanciato, ancora piacevole e sapido con un buon finale. Vino che conserva una grande dignità. Per essere la prima annata d questo progetto non poteva andare meglio. Chapeau!!!

Sono rimasto molto colpito dai progressi fatti da questa cooperativa. Erano circa quindici anni che non ne varcavo il cancello; l’avevo lasciata con il profondo convincimento di cantina solida, dai vini qualitativamente molto interessanti, la ritrovo ulteriormente migliorata. Grandi spazi, attenzione ai soci e soprattutto un gigantesco negozio che accoglie gli appassionati e offre i vini  della cantina ma non solo. Da solo questo vale il viaggio.

Ma c’è di più, Vinchio – Vaglio Serra si pone come una mosca bianca (l’altra è la Produttori Barbaresco) nel panorama cooperativo piemontese e non solo: il fatto di aver voluto trenta anni fa accettare la sfida della qualità per confrontarsi sul mercato, ha portato questa cantina a pensare come un’azienda. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una cantina sociale che è punto di riferimento e che ha saputo portare ricchezza e sviluppo nel suo territorio.

Questa cantina ha compreso il potenziale del barbera e lo sta sfruttando fino in fondo; la versatilità di questo vitigno è straordinaria: di pronta beva, da invecchiamento, grasso e ricco, leggero e di grande beva, internazionale pieno di legno o in acciaio, addirittura vivace o spumante; quanti sono i vitigni che offrono tale duttilità di lavorazione?

Ma il progetto Vigne Vecchie arriverà a totale compimento solo quando metterà  in commercio un numero maggiore di bottiglie con un più lungo invecchiamento. A quel punto la bellezza di questo vino non sarà solo appannaggio di pochi professionisti fortunati ma anche dei normali appassionati, che sono poi il vero scheletro commerciale della cantina (Produttori Terlano docet).

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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