Taste Alto Piemonte a Novara: un bel modo di presentarsi5 min read

L’alto Piemonte è forse la zona enologica  più di moda del mondo del vino italiano. L’ho toccato con mano guardando i dati di lettura degli articoli pubblicati nei mesi scorsi (vedi qui a qui) e quindi come potevo non partecipare e parlarvi di  Taste Alto Piemonte 2018, che a Novara ha presentato le nuove annate e non solo  di un territorio che ha le carte in regola per eccellere a livelli che adesso non ci immaginiamo nemmeno. Non dico di un ritorno a quasi cento anni fa, quando la vigna occupava buona parte di quelli che ora sono boschi collinari, ma sicuramente i prossimi dieci anni vedranno un notevole aumento sia del territorio vitato sia della qualità dei vini.

Un chiaro segnale è l’aumento del prezzo dei terreni e dei vigneti che, specie a Ghemme e Gattinara, ha raggiunto cifre non dico “langarole” ma sicuramente 5-6 volte superiori a 10-15 anni fa. Un altro segnale continua a darcelo il clima, con stagioni sempre più calde che attribuiscono a questi vini una maturità (non solo fenolica) che si sposa perfettamente alla freschezza che qui è caratteristica primaria delle uve, siano esse il nobile nebbiolo o la campagnola vespolina.

Taste Alto Piemonte 2018, che ha presentato in una prima degustazione una parte dei nuovi vini in commercio, nella seconda una serie di annate storiche, affiancando il tutto con i classici banchetti dove i produttori presentavano l’intera produzione, è riuscita a farmi capire alcune cose che negli anni e negli articoli scorsi avevo solo intravisto.

Per cercare di parlarvene nel modo più chiaro possibile dovrò dividere il tutto in tre articoli: in questo tratterò della prima degustazione (l’assaggio dei vini entrati in commercio) e delle conseguenti  riflessioni, nel secondo parlerò di quello che ho pensato durante l’assaggio delle vecchie annate e il terzo sarà dedicato alle visite  e agli incontri fatti nei due giorni della manifestazione.

Nella degustazione dei vini in commercio si presentavano 50 etichette, una per cantina: non è certo il modo migliore per valutare la qualità di una singola azienda ma è certamente un modo abbastanza sicuro per capire dove sta andando un territorio e la qualità media raggiunta.

Che l’Alto Piemonte sia una terra da sempre imparentata ni maniera molto stretta col nebbiolo non c’era bisogno di questo assaggio per capirlo:  comunque su cinquanta vini presentati, lasciando un attimo da parte i quattro bianchi (chiara concessione al fatto che un bianco serve nella linea aziendale) su 46 etichette 44 avevano come componente principale il nebbiolo.  Le restanti due erano una vespolina e una croatina, entrambe in purezza.

Ho detto qua sopra che il nebbiolo è l’uva regina del territorio, ma accanto al suo “trono” stanno crescendo e prendendo coscienza di sé altri due vitigni non dai tratti nobiliari ma comunque concreti e particolari:  la vespolina in primis e la croatina. Entrambe queste uve potranno essere in futuro un grimaldello per sfondare nel mercato, che chiede sempre più vini piacevoli da poter bere giovani. La vespolina in particolare sembra rispondere in pieno a queste caratteristiche, grazie a profumi speziati molto particolari e ad una piacevolezza  di beva che coniuga l’acidità sempre ben marcata con una tannicità appena accennata ma comunque presente. Purtroppo questa visione non è condivisa da tutti i produttori, con alcuni ancorati ad una visione della “vespolina da invecchiamento” che produce anche vini di buon livello ma che diventa anacronistica in un territorio dove comunque si producono poche bottiglie ed un vitigno da invecchiamento c’è già. Quindi, secondo me, questa terra farà un ulteriore passo avanti quando potrà presentare in maniera diffusa un rosso “d’annata”, contraddistinto dalla piacevole freschezza che una vespolina o una croatina possono dare.

E farà un ulteriore passo avanti quando la stragrande maggioranza dei produttori presenterà vini adeguati al nome che questo territorio si è fatto. Il discorso è difficile e voglio essere chiaro: l’Alto Piemonte, come è conosciuto oggi, ruota attorno a venti/trenta di nomi di assoluto valore, che non sono pochi in un territorio dove le aziende produttrici/imbottigliatrici non superano le 70 unità. Però in manifestazioni come Taste Alto Piemonte ti rendi conto che esiste anche una parte di produttori che, per motivi vari, non sono all’altezza qualitativa del gruppo che sta portando in alto queste terre e ti domandi se questa “retroguardia” abbia capito da una parte il “regalo” che il gruppone al comando gli sta facendo e dall’altra l’importanza di un cambio di mentalità che porti ad un oggettivo miglioramento di tanti vini, che nel migliore dei casi potrei definire anacronistici.

Sono comunque convinto che le varie denominazioni siano in crescita (in particolare quelle con meno ettari vitati come Boca, Fara, Sizzano, Lessona, Bramaterra) ma proprio per questo è giunto il momento che tutto il territorio sappia che andare avanti con due velocità non è certo il modo migliore per premiare gli sforzi che tantissimi produttori hanno fatto e stanno facendo. E a proposito di sforzi, fermo restando che la degustazione dei 50 vini in commercio servirà per affiancare gli assaggi che faremo più avanti per la Guida Vini di Winesurf, mi sembra giusto parlarvi di alcuni “coup de coeur, in particolare di produttori di cui conoscevo ben poco e avevo assaggiato ancora meno.

Al primo posto di questa “mini classifica degli sconosciuti” metto il Lessona 2011 Tanzo di Pietro Cassina. Un vino con un naso che un assaggiatore distratto potrebbe definire maturo ma che in realtà è solo estremamente complesso e non si vergogna di farlo puntando sulla terziarizzazione: in bocca ha l’eleganza dei tannini del Lessona ed una profondità gustativa impressionante. Un vino assolutamente da provare.

Come è da provare il Gattinara 2012 di Mauro Franchino, assolutamente esplosivo e concentrato al palato, con un naso dove ancora il frutto è ben presente: se non fosse per la freschezza che si porta dietro uno potrebbe scambiarlo per un ottimo Barbaresco di Neive. Un vino che, visti i prezzi a cui viene venduto, tutti si possono permettere.

Chiudo questo podio di illustri sconosciuti (per me) con il Fara 2012 Vigna di Sopra di Vigneti Valle Roncati, un vino di grande finezza e eleganza, che riesce a dimostrare come il Nebbiolo possa avvantaggiarsi dell’elastico apporto della vespolina e dell’uva rara. Un vino che unisce profondità a bevibilità.

E con questo trittico delle meraviglie vi rimando agli altri articoli pubblicati in contemporanea ed alle classifiche che, verso novembre, pubblicheremo sulla Guida Vini.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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