Stella dell’Appennino a Modigliana, quando i mantra aiutano a crescere4 min read

Rilassatevi, prendete fiato, buttatelo fuori, allargate leggermente le braccia, unite i pollici con gli indici e respirando regolarmente iniziate a sussurare “Acerreta, Tramazzo, Ibola” (con l’accento sulla o). Ripetetelo molte, molte  volte e memorizzatelo perché questo mantra servirà a voi e a tutti noi quando ci chiederanno cosa sta accadendo di nuovo e positivo tra i sangiovese romagnoli.

Modigliana, sottozone.

Un mantra che, per essere completo avrebbe bisogno della parola madre “Modigliana”,  un  piccolo comune appoggiato su marne  e arenarie ad altezze “proibitive” per  la vecchia idea del vino romagnolo che sta dimostrando invece come possa esistere un modo diverso per declinare il Sangiovese nella terra di Casadei e della piadina.

La quinta edizione della Stella dell’Appennino a Modigliana, dove i Sangiovese  dei “ben” 11 produttori locali sono stati assaggiati e discussi è stata prima di tutto un successo (come si diceva un tempo) di critica e di pubblico.

Aggiungerei però che ha ottenuto anche e soprattutto un successo “politico”, perché da una parte non capita spesso che per una piccola realtà di circa 300 ettari (l’Emilia Romagna ha circa 60.000 ettari vitati) si muovano alte sfere della politica e  dell’amministrazione regionale, dall’altra  che la degustazione pubblica attiri non pochi produttori di altri territori romagnoli. Segno tangibile che molti stanno guardando a questa terra e ai suoi sangiovese, fatti da undici aziende molto diverse ma che hanno trovato tante cose in comune nelle tre vallate  scavate dai torrenti-mantra  Acerreta,Tramazzo, Ibola (con l’accento sulla o).

Se avete imparato il primo mantra siete pronti per memorizzare il secondo: “bosco,  altezza,  marne e arenarie”. I punti su cui i produttori di Modigliana mettono sempre l’accento parlando dei loro vini sono infatti l’importanza del bosco (termoregolazione,  biodiversità etc) vicino ai vigneti, del terreno povero che può essere più sabbioso (arenarie) o marnoso (argille) ma porta comunque  a produzioni minime e dell’altezza dei vigneti che permette (assieme al bosco) escursioni termiche  notevoli e quindi freschezza.

Queste caratteristiche sono reali e tangibili ma mi permetto di far notare che l’importanza del bosco forse viene sopravvaluta e rischia di diventare, alla fin fine,  solo un mantra. Sono d’accordo che la presenza del bosco a fianco del vigneto sia positiva per alcune cose come quelle suddette ma, per esempio,  in Chianti e non solo i boschi sono sempre stati visti non certo positivamente in quanto rifugio perenne per gli ungulati e luogo apportatore di umidità e quindi di problemi alle uve. Non per niente non ho mai sentito un produttore toscano che attribuisca le caratteristiche positive del suo vino al bosco accanto al vigneto.

Ma andiamo avanti e arriviamo a parlare degli assaggi dei Sangiovese di Modigliana: devo andare ancora una volta contro le affermazioni dei produttori stessi che parlano di uno stile non dico unico ma  preciso e riconoscibile : “come una persona di colore, bionda con gli occhi azzurri” che, ha affermato Renzo Morresi Presidente dell’associazione Modigliana-Stella dell’Appennino, si riconosce da lontano.

Produttori di Modigliana.

Questa diversità però non solo esiste verso i sangiovese di altre sottozone romagnole (per non dire di Toscana) ma per me si sviluppa anche tra gli undici di Modigliana e non perché uno viene da una vallata o dall’altra ma semplicemente perché la mano dell’uomo tra vigna e cantina, ha spesso la meglio. Infatti sono passato da vini che mostravano aromi di mora, frutta matura e frutti di bosco, con corpi abbastanza rotondi, a vini (della stessa vallata) dotati soprattutto di speziature, sapidità e verticalità acide importanti. Inoltre bisogna considerare anche che alcuni prodotti mostravano in questo momento delle chiusure aromatiche che potrebbero derivare da vinificazioni in riduzione, qui imperanti.

In generale mi sono trovato di fronte a vini un po’ “scabri”, dotati indubbiamente di ottimo scheletro ma che da giovani evidenziano una certa scontrosa magrezza che la sapidità in qualche caso smussa in altri accentua e che solo il tempo può cambiare in eleganza.

Andando avanti negli assaggi mi sono convinto che l’aumento medio delle  temperature non ha portato solo problemi ma (come nel caso di Modigliana) opportunità che 11 bravi produttori stanno cogliendo al volo, trasformandole in una “ricetta diversa e appetibile” per il sangiovese romagnolo.

A proposito di appetibile: la due giorni di Modigliana valeva la pena di essere vissuta solo per la coinvolgente  lectio magistralis-rock di Nelson Pari sui vini del territorio. Un modo nuovo, piacevole e intelligente di dire tante cose interessanti assaggiando vini esplicativi. Del resto noi di Winesurf Nelson non lo scopriamo adesso e siamo felici sia un nostro collaboratore.

In definitiva: un piccolo territorio che sta crescendo e soprattutto sta creando notevoli aspettative per chi crede che il sangiovese in Romagna possa declinarsi con finezza e buona struttura, nonché con caratteristiche abbastanza precise e riconoscibili.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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