Stampa estera a portata di clic: Revue du Vin de France n.627, dicembre 2018-gennaio 20199 min read

La copertina di questo numero doppio è, come sempre, affollata di titoli. I più grandi sono dedicati a due dei terroir più prestigiosi  del vigneto francese: Bordeaux (la nuova grande degustazione dell’annata 2009) e Champagne (i millesimati del 2008 , i brut, le cuvées speciali).

Gli altri titoli: l’inchiesta (nei ristoranti di Bordeaux non si bevono più Bordeaux) ; il test (gli armoires à vin); la biblioteca ideale del vino.

C’è anche un angolo d’Italia: l’Umbria e i vini di Montefalco.

Ma andiamo per gradi, e partiamo, come sempre dagli articoli annunciati in copertina. Bordeaux 2009 (sono presi in esame solo i vini classés): un grande annata riassaggiata a quasi 10 anni dalla vendemmia. I grandi cabernet del Médoc mostrano ancora molta giovinezza e molto equilibrio, anche se qualcuno con qualche eccesso di surmaturazione.

Margaux con i suoi 20/20, su tutti. Appena un gradino al di sotto (con 19.5/20) Léoville-las Cases, Lafite-Rotschild , Pichon-Longueville Baron e Pontet-Canet . Nelle Graves, i rossi di  Pessac- Léognan appaiono molto densi e “caldi” per l’alcol  in esubero: a primeggiare, con 19.5/20, è Haut-Brion. I bianchi sono già forse troppo maturi, con  le migliori riuscite tra i classici (La Mission Haut-Brion, Domaine de Chevalier, Malartic-Lagravière…).

Qualche eccesso di maturità e di alcol  anche a Saint-Emilion, con vini più “mediterranei”, molti dei quali già pronti, qualcuno forse troppo. Figeac, Tertre-Roeteboeuf e Fourtet  appaiono sopra tutti, con 19/20, un punto in meno per Cheval Blanc e Trotte Vieille.

Vini ricchi e soavi a Pomerol, dove un superbo Lafleur guarda dall’alto, in compagnia del solo Petrus,  tutti gli altri con 20/20. Sarà una vendemmia da leggenda per i liquorosi del Sauternais, dove Yquem tiene alta la sua fama con 20/20, ma subito alle spalle sono i grandi crus di Barsac (Climens e Coutet) e il classico Suduiraut, tutti con 19/20.

Veniamo agli Champagne, cominciando dai millesimati del 2008, da tutti riconosciuta come la migliore annata dopo l’eccezionale 1996 e un grande 2002.I migliori hanno saputo coniugare al meglio concentrazione ed energia: sono fatti per durare a lungo, e per essi si preconizzano fino a 50 anni di vita.

Nella classifica della RVF al top è il Brut Cristal di Louis Roederer (19/20), seguito (molto) da vicino dalla cuvée Vauzelle Terme di Jacquesson e dal Brut Winston Churchill di Pol Roger. Tra i non millesimati, ottime cuvées di assemblage vengono da Jacquesson (Extra-brut Cuvée n. 741) e da Georges Laval (Brut nature Cumières premier cru).

Generosi e ben strutturati i Blanc de Noirs, tra i quali spicca l’Extra-Brut Grand cru di Benoît Lahaye, mentre i blanc de blancs  sono freschi e luminosi: tra tutti il Longitude dei Larmandier-Bernier e l’Extra-brut Grand cru Terroirs di Agrapart.

Ci sono poi le cuvées speciali, frutto delle sperimentazioni delle Maisons e dei vignerons: poco dosati e tratti da vinificazioni che sacrificano la malolattica per ottenetre degli Champagnes tonici da apprezzare giovani: Pol Roger e Ruppert-Leroy firmano le migliori per i degustatori della RVF.

Altre cuvées propongono vini di terroir, spesso con l’utilizzazione di varietà ammesse, diverse da quelle classiche, che ricercano una maggiore dolcezza di frutto: Duval –Leroy ne firma una eccellente, con un nome molto accattivante (la Femme de Champagne).

Passiamo ora a Montefalco: è raro che una rivista estera parli di vini italiani che non provengano dal Piemonte o dalla Toscana. E’ Pierre Citerne a proporre questo servizio sui vini umbri di Montefalco, con  una degustazione delle selezioni di dieci cantine emblematiche. Il punteggio più alto? Lo raggiunge un monocru dell’Az. Agricola Paolo Bea, il  Montefalco Sagrantino Cerrete del 2009 (18.5/20). Appena mezzo punto al di sotto è il Sagrantino  Fracanton 2012 di Fongoli . Piacciono anche il Sagrantino Passito (quello dell’Az. Agr. Paolo Bea del 2009 spunta 17.5/20) e l’insolita Vernaccia di Cannara prodotta da Di Filippo (15/20 per la 2016).

Negli anni scorsi si è parlato spesso di “Bordeaux Bashing”. Possibile che persino  Bordeaux  non beva più i vini del suo territorio?  A porsi la domanda è  Jean Baptiste Thial de Bordenave, in un’inchiesta dal titolo “Bordeaux non è più profeta nel suo paese?”. Sembrerebbe incredibile, ma mentre fino a non molti anni fa in città non si bevevano che vini di Bordeaux, ora le carte dei vini dei ristoranti e dei wine bar sembrano preferire vini di territori diversi, dalla Loira alla Borgogna, spesso anche al di fuori della Francia. Effetto della mondializzazione?

I vini di Bordeaux tornano in auge però in occasione della stagione turistica: chi viene qui da altre parti del mondo, al contrario dei  locali,  vuole fare appieno la sua esperienza bordolese assaggiando i grandi crus della regione.

In un’altra inchiesta , questa volta di Jérôme Baudouin, si cerca di delineare la biblioteca ideale degli appassionati di vino intervistando  scrittori e giornalisti che si occupano di vino, da Noël Balen (co- autore con Jean-Pierre Alaux della fortunata serie “Le Sang de la Vigne”) a Michel Dovaz (novantenne , collaboratore da quasi 50 de la Revue du Vin de France, di cui rappresenta la memoria storica).

Qualche titolo? Non ci sono  solo classici della letteratura moderna sul vino, come la Storia del Vino di Hugh Johnson  o il monumentale Wine Grapes di Jancis Robinson, Julia Harding e José Vuillamoz. Accanto ad essi sono anche la Storia Naturale di Plinio il Vecchio e il Grande Dizionario di Cucina di Alexandre Dumas.

Ultimo  servizio annunciato in copertina è il Banco-Test degli armoires à vin da invecchiamento. L’inchiesta , condotta  da Jérôme Baudouin, esamina quelli delle marche più diffuse in Francia, sulla base di quattro criteri (a ciascuno di essi sono assegnati 5 punti al massimo, fino a un totale di 20/20): gli aspetti tecnici, la qualità dei materiali e delle rifiniture, il costo per bottiglia e la modularità, ossia la possibilità di adattarsi a recipienti di differenti forme e formati.

Ad aggiudicarsi il trofeo è un modello dell’Avintage, capace di contenere 294 bottiglie, acquistabile al prezzo di 2.499 euro, che, ha ottenuto il massimo punteggio su tutti i criteri  ad eccezione della modularità (vi si possono sistemare solo bottiglie bordolesi) , ottenendo  18.5/20. Mezzo punto di meno tocca invece al gigante della batteria, l’Espace 900 della Tastvin: può  contenere fino a 990 bottiglie , ma per comperarlo ci vogliono poco meno di 8.500 euro.

Questo numero contiene però anche numerosi altri servizi, non annunciati tra i titoli di copertina. C’è innanzitutto l’intervista del mese:  questa volta tocca a François-Roland Billecart, visionario presidente della Billecart-Salmon, prossimo a cedere le redini dell’azienda al cugino Mathieu. Billecart è stato un grande difensore dell’élevage in legno.

Numerosi i temi dell’intervista. I rischi di industrializzazione dello Champagne, il rapporto con il mondo del lusso, destinato a diventare sempre più stretto, le Maison familiari, l’importanza del tempo.

In questo numero diversi articoli si occupano di vini meno conosciuti  e che  hanno cominciato a farsi apprezzare più recentemente, come  l’articolo dedicato ai confronti tra  due produttori: questa volta sono sotto i riflettori due Domaines di Gaillac, il Domaine Plageoles e l’Enclos des Braves, con l’assaggio di vini di sei diverse annate. Poi tocca a un  Domaine  del Lubéron, il Domaine de la Citadelle, a Ménerbes.

A presentarlo è Pierre Casamayor nella serie intitolata  “Vie de Château”. Il suo vino di punta è la cuvée Gouverneur Saint-Auban, un assemblage di syrah (90%) e grenache (il restante 10%), della quale vengono assaggiate 14 annate in verticale, dalla 1997 alla 2016. Il massimo punteggio  (18.5) va al  vino dell’annata 2001 (da bere solo se si ha fretta).

Un altro terroir un tempo ritenuto minore, ma non privo d’interesse, è quello di Saint-Jean-de-Minervois , dove si produce un ottimo vin doux naturel da uve muscat à petits grains blanc.  Ne parla Sophie de Salettes nella sua “Expertise d’un terroir”.

Fino a pochi anni fa parlare di vini inglesi avrebbe fatto sorridere. Oggi, però, grazie al global warming, non più.  Pauline Vey  presenta i suoi migliori assaggi inglesi da vigne del Kent e del Sussex: non più solo sparklings, ma anche vini fermi, da uve tedesche, ma anche autoctone, tra le quali la star è il bacchus, un vitigno a bacca bianca, derivante da un incrocio di sylvaner, riesling e müller-thurgau.

La loro crescita è seguita con interesse anche in vista della Brexit, dal momento che l’Inghilterra è il sesto paese consumatore di vino, oltre che primo importatore in valore.

Non sono invece affatto poco conosciuti i vini alsaziani. A fare da guida in un  itinerario enogastronomico in Alsazia è  Christian Beyer, rappresentante della nouvelle garde alsaziana. Un piccolo spazio è, come sempre, riservato alla gastronomia,  col Grand Accord  di Olivier Poels: spigola, tartufo d’estate e carciofi farciti, da accompagnare ad un hermitage blanc. La ricetta è eseguita dallo chef Christophe Raoux, del ristorante Oiseau Blanc.

Più avanti i proprietari del Domaine Mouthes Le Bihan spiegano come servire e a che cosa accompagnare  la loro cuvée Les Apprentis, un Duras a  dominanza Merlot.

Non  manca un piccolo spazio dedicato ai  distillati. Nelle pagine riservate agli spiritueux, Cyrille Maid e Alexandre Vingtier  presentano 10 liquori (da un single malt whisky a un rhum agricole e da un armagnac a un calvados ed altri ancora) per  aspettare l’anno 2019.

Non restano che le rubriche della RVF. Dopo l’editoriale di Denis Saverot, interamente dedicato al celebre caviste Georges dos Santos di Antic Wine a Lyon, ci sono innanzitutto le lettere dei lettori e le notizie. Tra le più  clamorose, la vendita  del 20% di Petrus per la modica cifra di 200 milioni di euro (il che vale a dire 87 milioni all’ettaro) e le conseguenti preoccupazioni dei vignerons di ulteriori aumenti fiscali sulle successioni ereditarie.

Meno clamorosa, ma con molte ambizioni, è invece la vendita dello storico Clos de la Commaraine di Pommard  a Denise Dupré e Mark Nunnelly, proprietari americani dello Champagne Leclerc Briant e del Domaine Belleville a Rully.

L’équipe dei sommeliers belgi ha vinto ancora una volta (dopo il primo successo del 2013) il campionato mondiale di degustazione alla cieca. Solo terza (a grande distacco) la Francia e ventunesima (praticamente terz’ultima) l’Italia. Dei paesi produttori storici solo la Francia sembra aver salvato la faccia, visto che la Spagna è risultata ultima . E l’Inghilterra, terra di prestigiosi Masters of wine? Solo una posizione (e un punto) prima di noi .

Poi le interviste brevi (a Yann Queffélec, premio Goncourt per la letteratura), le pagine degli editorialisti (Pitte sul riscaldamento climatico, Lapaque sui vini di Pacalet e il suo maestro Jules Chauvet, Poels sui vini per i dolci di castagne) e le note di Angélique de Lencquesaing sulle aste e i prezzi dei vini da collezione (Rayas, Leroy, Clos de Tart e Joguet prendono il volo).

Si finisce con i coup de coeur  del mese dei degustatori della RVF e la discussione su una bottiglia, una roussanne mediterranea (Coteaux-du-Languedoc blanc Aurel 2013 del Domaine Les Aurelles) tra Denis Saverot e Alexis Goujard.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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