Stampa estera. Wine Spectator, vol. 47: ti sogno California!5 min read

La Cover Story di questo numero é per il Cabernet californiano. Si tratta in effetti di un numero praticamente monografico, escludendo le consuete rubriche e un articolo “didattico” di Alison Napjus sui vitigni autoctoni e i vini siciliani, in chiusura, dedicato appunto ai cabernet del Golden State.

Come annuncia la copertina, il tutto é articolato in tre tappe: la prima consiste nell’Annual Report sui vini dell’annata 2019, firmato da James Molesworth,  poi é la volta dei cabernet di altitudine della Napa Valley, di cui Aaaron Romano traccia un’accurata mappa tra le varie aree e AVAs della regione, e infine MaryAnn Worobiec delinea il ritratto di Staglin, azienda vinicola californiana di Rutherford, attraverso un incontro-intervista con Susan Staglin.

Concentriamoci quindi sul Report della splendida annata 2019, 97/100 nella valutazione di Wine Spectator: un punteggio altissimo, inferiore  solo ai 99/100 di un  fenomenale 2018 e ai 98/100 dell’annata 2016, a  proseguimento di una striscia estremamente positiva, con le cinque annate precedenti ben  al disopra della soglia critica dei 90/100 (la peggiore? L’annata 2017, valutata 92/100). Nel 2019 dopo una primavera critica, umida e piovosa, con piogge anche a maggio, ma in definitive benefiche, dopo una serie di  annate  secche,  é seguita una stagione di crescita “idillica”, con  un’estate con temperature moderate, senza picchi estremi , che  ha permesso una tranquilla vendemmia in ottobre  con uve perfettamente mature e di eccellente concentrazione. I vini sono, per Molesworth, un valido follow-up dell’annata precedente, benchmark dell’ultimo decennio in California. La chiave del loro successo  sono la freschezza e la purezza.

Le testimonianze dei numerosi produttori incontrati da Molesworth confermano la loro soddisfazione per un’annata che ha ulteriormente rafforzato la reputazione, in costante ascesa, del cabernet californiano. Esaminando la tabella dei vini “Top scoring” di Molesworth, dopo i 98/100 del Cabernet di Schrader CCS Beckstoffer to Kalon Vineyard, colpiscono la serie di nove vini a quota 97/100, quattro dei quali ancora di Schrader, e di ben 20 che hanno ottenuto la valutazione comunque altissima di 96/100. Tra le diverse wineries, va sottolineata la straordinaria performance di Schrader, con 10 vini tra i 30 col punteggio più alto, a cui vanno aggiunti altri due vini che hanno raggiunto una valutazione di 95/100. Ottimi i risultati sono anche di Colgin, con due cuvée a quota 97 e una a  96, e di Keplinger, con tre vini valutati 96/100.

Guardando invece ai migliori risultati dei Cabernet  delle  tre annate precedenti,spiccano i 99/100 del Napa Valley di Harlan e del Cappella St.Helena di Abreu 2018, e i 98/100 del Madrona Ranch St.Helena ancora di Abreu e del cabernet Oakville High Beauty di Kalon, entrambi del 2018. I migliori risultati per il 2017 e per il 2016, con 96/100, sono rispettivamente quelli del Thorevillos Napa Valley di Abreu e del Cabernet Oakville di VHR.  Va considerato che I vini Top hanno prezzi che superano sempre e abbondantemente I 200 dollari, per la maggior parte I 400 , con le magnum al di sopra dei 1.000 . Fortunatamente, come mostra la tabella dei “ Value Wines”, ci sono alcune lodevoli eccezioni: solo 50 dollari (prezzo medio dei migliori di questa selezione) il Napa Cabernet 2019 di Silvestrini (93/100), e “solo” 33 il Cabernet Napa Valley della stessa annata di Beaulieu Vineyard (92/100).

E’ molto interessante l’articolo di Romano sui cabernet “di montagna” della Napa Valley.  Complessivamente si tratta  solo del 13% dell’intera area vitata di questo territorio e quella sviluppatasi più di recente, ma di grande interesse per la  distintività e grande qualità dei vini che vi si producono. La viticoltura della regione infatti si é principalmente sviluppata nel corso del XIX secolo nella parte bassa della Valle ,  lungo le due principali arterie dell’Highway 29 e il Silverado Trail e solo alla fine dell’800, tra il 1860 e il 1890, alcuni pionieri, come Jacob Schram (Schramsberg), Charles Lemme (Spring Mountain) e i Fratelli Beringer cominciarono a spingersi verso le  colline sovrastanti, mentre bisogna attendere la metà del secolo successivo perché  altri pionieri, come Fred ed Eleanor Mc Crea (Stony Hill) nel 1943, presto seguiti dai Brounstein (Diamond Creek), i Chapellet (Chapellet) , Bernstein (Mount Veeder) ed altri ancora,  comincino o a piantare vigne sui rilievi più alti, ricavandone cabernet di grande suggestione e longevità. 

I cabernet californiani di altitudine  sono distribuiti tra le aree montane di Vaca e Macayamas, la cui origine risale a 30 milioni di anni fa quando si formò la grande faglia di Sant’Andrea. L’area di Vaca ha origini  vulcaniche, essendosi  formata da rialzi e frane lungo il bordo orientale della valle, mentre quella di Macayamas, più vicina all’Oceano, nasce dai sedimenti massivi  depositatisi in seguito ai cambiamenti di livello del suolo in prossimità della San Pablo Bay.  Le vigne   del lato  occidentale -Spring Mountain , Diamond, Mount Veder- si  trovano oltre la “linea della nebbia”, circondate da conifere e querce, e  sono molto diverse per suoli e clima da quelle del lato est di Vaca (Howell Mountain, Atlas Peak, Pritchard Hill), più distanti dall’Oceano, molto rocciosi e vulcanici,lungamente  bagnati dal sole. I loro vini sono conseguentemente molto diversi  : più scuri e con tannini più robusti questi ultimi, con una acidità naturale di razza e molto minerali quelli dell’opposto lato occidentale.  Romano descrive dettagliatamente i diversi settori, partendo dalle aree  orientali (Vaca),per poi passare a quelli occidentali (Macayamas), indicando di ciascuno di essi l’anno istitutivo dell’AVA* (ad eccezione  di Pritchard Hill, che non ha una propria AVA distinta, ma ha un ben riconosciuto status di vigneto di altitudine), la sua estensione e quella della parte vitata, l’altitudine media e i produttori di riferimento.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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