Stampa estera. La Revue du Vin de France, n.665: anche in Champagne diminuiscono il peso delle bottiglie!8 min read

I titoli principali di copertina di questo numero sono dedicati a tre grandi degustazioni di vini raramente sotto i riflettori delle riviste specializzate: le bottiglie più interessanti delle Côtes-du-Rhone, la “rivoluzione” dei crémants e  le tre dimensioni  del vino della Mosella (francese, tedesca e lussemburghese). Non finisce però qui, perché a completare l’apposita sezione sono altre due degustazioni, la prima riguardante gli “altri” Bordeaux, che hanno cambiato i codici, e i bianchi macerati alsaziani. Ad esse si aggiunge poi l’ampia inchiesta sul fenomeno Vins de France, sviluppatosi ai margini o talvolta contro il sistema ufficiale delle appellations.

Come sempre, prima un accenno al resto. Dopo l’editoriale di Saverot -“L’ancestral et le moderne”-, sull’intreccio tra tradizione e innovazione nel mondo del vino francese, e  le rubriche dell’attualità, con le news del mese, c’è una interessante inchiesta sui migliori indirizzi del vino di Porto (al Top l’enoteca- bistrot “Prova”, a fianco del magnifico Palacio da Bolsa,  poi gli altri, dal lussuoso “The Yeatman”, nell’omonimo Hotel di Vila Nova de Gaia, al panoramicissimo bar à vin “Vincci Ponte de Ferro”, con vista  sul famoso ponte Luis  I). A seguire il Dossier  dedicato al “Bilan carbone” nel settore vinicolo, tema sempre più presente nel dibattito attuale. Le pagine dedicate agli “spiritueux” (saké sugli scudi), e gli articoli facenti parte di serie “fisse” delle RVF: la visita nella Montagne de Saint-Émilion al Vieux Château Saint-André (Casamayor) , con la verticale  della cuvée che ne porta il nome , dal 1982  al 2019 (al vertice il 2016, con 98/100, un punto in meno a 1982, 2015, 2017 e 2018), il confronto-firmato da Petronio- tra due stili del Barsac  (Doisy-Daene- purezza del frutto e tensione- e Roumieu- denso e concentrato), su sei annate, tra 2009 e 2019, le pagine degli opinionisti e le tendenze del mercato del “Fine Wine”. Il vino “mitico” del mese, scelto e presentato da Pierre Casamayor, è un’icona della Napa Valley, l’Insignia 1974 di Joseph Phelps, mentre la bottiglia del dibattito, che chiude come sempre la rivista, è-per la prima volta-un vino cinese, la Cuvée Xiao Feng del Domaine Helan Mountain. Ne discutono Denis Saverot e Jérôme Baudouin.

Lilian Berillon

Cominciamo dall’incontro con Bérillon. Vivaista famoso, specialista dei porta-innesti, installato nella Vaucluse e nel Gard, Bérillon sostiene che, con il cambiamento climatico, le vigne clonate non hanno più i mezzi per adattarsi. Sviluppatasi negli anni ‘70 in tempi in cui vi erano ancora molte malattie della vigna e i rendimenti erano scarsi, la tecnica della selezione clonale offriva una soluzione rapida ed efficiente per ridare vigore e accrescere la produzione.  Ma i cloni sono tutti uguali e la perdita di diversità nuoce alla qualità favorendo il deperimento della vigna. Un ettaro di grenache clonati significa un individuo moltiplicato per un milione di esemplari, mentre la selezione massale, assolutamente preferibile per Bérillon, dà luogo a centinaia e centinaia di individui differenti che si mescolano tra loro inducendo in modo naturale una maggiore resistenza e la possibilità di un migliore invecchiamento della vigna. I cloni creati sulla base dei dati climatici degli anni ‘60 e ‘70 non hanno più la capacità di adattarsi quando il clima cambia. La selezione massale, invece, permette alla vigna di vivere più a lungo, e anche i risultati gustativi dei vini che sene ricavano sono migliori. Si tratta inoltre di una soluzione assai più praticabile ed efficace della strategia di ripartire dai semi, caldeggiata da Philippe Pacalet, che tra l’altro si scontra con difficoltà di tipo legale, dal momento che si è obbligati a impiegare semenze certificate. Con i semi si riparte davvero da zero: da un cabernet o un pinot nero possono nascere piante senza uva oppure di colore bianco. Oggi le amministrazioni impongono la selezione clonale e tendono piuttosto a proporre l’impiego di varietà resistenti, mentre, per un altro verso, ci si avvicina pericolosamente alla produzione di OGM. Bérillon è critico anche verso l’impiego delle varietà resistenti: offrono una risposta efficace ai trattamenti per la peronospora o l’oidio, è vero, ma che succede con le muffe nere ed altri tipi di infezione? Alla fine si ha comunque sempre bisogno di rame e zolfo. E per quanto tempo queste varietà potranno resistere alla peronospora e all’oidio? Anche le malattie della vigna evolvono. Il discorso si fa ancora più delicato con i porta-innesti. I porta-innesti clonati, come i 161-49, ampiamente utilizzati in Borgogna, si deteriorano rapidamente. La legge li impone, ma le vigne che li utilizzano hanno vita breve: ogni 25 anni bisogna espiantarle, le vigne centenarie come quelle di una volta diventano impossibili. In principio sarebbe  possibile recuperare dei porta-innesti resistenti come quelli di un tempo dai rifiuti delle vigne centenarie, che non sono clonati, le cosiddette “sagattes”, ma la legge lo vieta. L’intervista si conclude toccando anche altri argomenti come l’esca, la nuova moda di piantare alberi tra i filari e i costi d’impianto.

Gli Champagnes non sono i soli vini spumante prodotti in Francia. Praticamente quasi ogni regione produce i suoi crémants, che, pur non avendo lo stesso prestigio, sono sempre più amati, sia per il loro prezzo, che per il crescente apprezzamento delle tradizioni locali. E, quel che conta, la loro qualità è notevolmente migliorata. Se ne trovano in Alsazia e nello Jura, ma Savoia e Borgogna non sono da meno e antiche tradizioni spumantistiche sono anche nellaValle della Loira (a Vouvray, Montlouis e Saumur) e nella Lenguedoc, a Limoux, dove, a quanto pare, furono prodotti i primi spumanti, precedendo la stessa Champagne. La degustazione dei crémants è stata effettuata nei locali della RVF sulla base dei campioni inviati dai produttori, da Karine Valentine e Alexis Goujard. I migliori, che hanno ottenuto valutazioni superiori ai 90/100, vengono in gran parte dall’Alsazia: 94/100 il Nature 2012 del Domaine Barmes-Buecher e il Nature Clos Liebenberg 2019 di Valentin Zusslin, e 93/100 altre tre cuvées di Buecher, Vincent Fleith e Véronique et Thomas Muré- Clos Saint Landelin. In Borgogna brillano le stelle di Bruno Dangin (93/100 il suo Prestige de Narcés 2019) e Louis Picamelot (92/100 l’En Chazot 2017). Nel vicino Jura spuntano 93/100 il Blanc de noirs e il BBF di Bénédicte et Stéphane Tissot, mentre nella Savoia le valutazioni più alte sono quelle del Nature Les Bulles d’Hortense dello Château de Menjoud e del Nature Cuvée Entre Amis di Jean-François Quénard (entrambi 91/100). A Limoux, infine,  spiccano Les Bulles d’Argile di J.L. Denois (93/100).

E’ interessante scoprire che la sola riduzione del peso delle bottiglie pesa più di un quinto (il 21% del totale) sul bilancio delle emissioni delle aziende vitivinicole, contro il 18% delle pratiche in vigna e l’8% della vinificazione. E’per questo che la Champagne ha ridotto il peso delle sue bottiglie da 900 a 835 gr. già dal 2005, e a Bordeaux, negli anni dal 2007 al 2019 sono stati  adottati recipienti più leggeri del 12%. Quanto alla Borgogna, l’obiettivo è di passare dai 900 ai 480 gr. di peso nei prossimi anni.

Gli appassionati troveranno di loro interesse la degustazione degli “oranges” alsaziani, sempre più numerosi: vini divisivi,  piacciono soprattutto ai giovani, hanno generalmente livelli di volatile elevati, che però si attenuano nel tempo. La degustazione dei 150 campioni assaggiati è organizzata in base alle caratteristiche dei suoli di provenienza: granitici, costituiti da gneiss e scisti; sabbiosi, alluvionali, argille poco calcaree; terroirs calcarei, argilloso-calcarei e a base di loess; a dominanza marnosa. Vini Top: l’Alsace Naturellement M’Ortel 2020 del Domaine Mann- Vignoble des 3 Terres e l’Alsace Gold 2020 del Domaine Gross, entrambi valutati 95/100.

Vini edonistici a prezzi moderati, i Côtes-du Rhone e i Côtes-du Rhone Villages. Petronio presenta quelli selezionati dalla RVF da una degustazione cieca di 235 campioni. I settori esaminati sono stati quelli del Gard e della Vaucluse vicino Orange e del settore di Vaison-la-Romaine, e il nord della Vaucluse e la Drôme Sud. La star: il Côtes-du Rhone Villages Massif d’Uchaux – Garance 2020 del Domaine de la Cabotte (91-92/100, 13 euro).

Infine la Mosella dei tre paesi interessati: naturalmente la Francia, con l’AOP Côtes de Toul et Moselle, il Lussemburgo con i suoi crémant ma anche con alcuni vini fermi di grande interesse (come il Riesling Sous-la Roche Rue 2017 dello Château Pauqué, 92/100), e la Germania, con i suoi bianchi secchi, demi-sec, ma anche effervescenti e rossi. Non fanno certo notizia nomi come quello di Markus Molitor, a cui toccano le valutazioni più alte della degustazione, ma sono una lieta novità le tre cuvée della Mosella francese, un Pinot gris dello Chateau de Vaux, un blend di auxerrois e pinot gris del Domaine Oury-Screiber e un pinot noir -Les Ramponés dello stesso vigneron, che raggiungono quota 92/100.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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