Di seguito sono elencati I Top Score. Ad anticipare l’ampio servizio dedicato ai vini californiani é naturalmente l’editoriale di Shanken e Matthews, poi tocca a James Molesworth aprire i giochi con il suo sguardo d’insieme all’annata 2016, che, dall’alto dei suoi 98 punti su 100, sopravanza abbondantemente il gruppo delle ultime cinque, peraltro attestate anch’esse su punteggi altissimi.
Dai 94/100 del 2015, quarta annata consecutive marcata da una forte siccità, dal livello qualitativo molto alto ma più variabile, ai 97/100 del 2013, nella quale un’estate indiana aveva permesso una vendemmia tranquilla a ottobre avanzato.
La vendemmia del 2017, che ha seguito la stellare annata 2016, si profila invece molto meno brillante, funestata anche dai devastanti incendi che hanno colpito la regione. Un’annata da conservare in cantina, quella del 2016, diversamente dale altre che l’hanno preceduta, che, pur avendo un buon potenziale di invecchiamento, sono già accessibili. E’ stata anche questa un’annata secca, come le altre che l’hanno preceduta, ma senza colpi di calore: la raccolta inferiore alla media, ma con un frutto molto intenso.
A guidare il gruppo dei migliori (ben 22 vini hanno raggiunto o superato I 95/100) é un cabernet di Colgin da 650 dollari, il IX Estate (97 punti). Un altro vino di Colgin , di Tychson Hill Vineyard (ugualmente da 650 dollari, non si scherza) é nel gruppo di quelli che inseguono, tra i quali sono molti nomi noti, come Eisele Vineyard, Schrader, Accendo, Diamond Creek.
La speciale classifica delle “Top Late releases” (i migliori vini delle ultime annate ) é pilotata da due vini di Abreu del 2014, che colloca altri due vini del 2015 nel Gruppo dei primi dieci.
Il miglior smart buy? Il Don Raffaele Selection della famiglia Crane 2015 , con 92/100 (ma siamo pur sempre sui 43 dollari la bottiglia).
In un articolo collegato, Molesworth presenta alcune wineries di punta: Farella (cabernet old-school a Coombsville), i fratelli Mc Donald , proprietari della storica To Kalon (“sangue giovane, vigne venerabili”), Philip Togni (novantenne di Spring Mountain, con 65 vendemmie alle spalle).
Naturalmente non é finita, perché, come tutti gli Annual Report, si conclude con l’enciclopedica Alphabetical Guide al Cabernet californiano, nella quale sono schedati circa 600 vini: cantina, cuvée, annata, prezzo e naturalmente score in centesimi.
Siamo intanto arrivati oltre la metà del fascicolo, che contiene altri quattro servizi non annunciati nei titoli di copertina. Il primo é dedicato alla dinastia dei Riedel, giunta alla decima generazione, la cui azienda é saldamente leader mondiale nella produzione di bicchieri di cristallo: ora Max ha preso il posto del padre come CEO, ma George continua a esercitare la sua influenza in tutti I settori dell’impresa.
Il secondo articolo é dedicato ai vini della Valle della Loira. “L’offensiva dello charme” é il titolo del servizio di Aleks Zecevic: dopo un più sofferto 2014 funestato dalle piogge, le ultime vendemmie (soprattutto 2015, 2016 e 2017), sono state di alto livello : a brillare su tutti I diversi territori della regione, Vouvray, Savennières, I Coteaux du Layon (risultati eccezionali nel 2016 e nell’ultima annata, la 2018).
E difatti, tra i dieci vini col punteggio più alto scelti da Zecevic due sono Vouvray (rispettivamente primo e terzo), due sono Coteaux du Layon, più un Quarts de Chaume e un Savennières. Un solo Pouilly-Fumé di Didier Dagueneau, con l’assenza totale dei Sancerre, non basta a “salvare” la regione del Centre. Tra i vini rossi (più giù nella classifica) sembra che Zecevic apprezzi solo lo Chinon.
Lo stesso autore firma un articolo più breve sui cambiamenti in atto nel mondo del vino austriaco. Tra i bianchi Grűner Veltliner e Riesling (Wachau su tutti) confermano il loro primato, ma si fa strada il Sauvignon blanc, mentre tra I rossi sembra incontrastato il dominio dei Blaufrankisch del Burgenland.
L’ultimo servizio a precedere la Buying Guide, che come sempre chiude la rivista, é dedicato a una cantina barolista, la Renato Ratti. E’ Bruce Sanderson, “italianista” di Wine Spectator a ripercorrerne la storia e a presentare le sue valutazioni del Barolo Marcenasco emerse da un tasting verticale (non blind). Al vertice, secondo Sanderson, é il Barolo del 1988, con 98/100, seguito dal 2001 (97) e da 1999 e 2006 (96). Tra le bottiglie più venerande spicca quella del 1985 (95/100).
Eccoci dunque alla Buying Guide. Questa volta le vetrine di WS non contengono nessun vino italiano, mostrando un netto predominio di francesi nelle rassegne delle bottiglie di maggior prestigio. A chiudere questo fascicolo é il Perfect Match: costolette con rosso del Priorat. Come sempre, a precedere gli articoli veri e propri, la posta dei lettori , le rubriche di GrapeVine (il wine Focus é riservato ai vini del Languedoc) e le pagine dei columnist (Marcus, sugli chardonnay di Alexander Mountain Estate e Napjus , sui vini di Roma).