Stampa estera. Decanter n. 9, 2021: le istruzioni per comprare una vigna10 min read

“Come comprare una vigna” è il titolo grande posto al centro della copertina di questo numero, con l’accattivante sottotitolo : “Realizza i tuoi sogni in Toscana, Provenza, Bordeaux e altro ancora”. Ci sono poi, ma assai più in piccolo, i titoli delle degustazioni : top Riesling canadesi; Chardonnay sud-americani; old-vine chenin del Sud Africa. E ancora: Châteauneuf-du-Pape, Vermentino, Saint-Émilion, “il buono, l’ottimo, il meglio” delle grandi regioni del vino…

Non finisce qui, perché, scorrendo la rivista, troverete molto altro ancora, che non è stato annunciato in copertina: interviste, le testimonianze dal Covid,  gli abbinamenti perfetti, i vini da collezione e le altre riviste. Insomma, moltissima roba.

Le esigenze che spingono le persone a cercare di acquistare una vigna sono molteplici. Vanno dal semplice desiderio di appassionati del vino di produrne uno proprio a quanti vogliono dare una svolta radicale alla propria esistenza precedente: sono molti di più, da quando c’è stato il covid. Il mercato delle vigne investe naturalmente i grandi territori, come Bordeaux, la Toscana o la California, ma anche altri meno prestigiosi che però offrano delle buone opportunità. Nel bordolese non è raro trovare quelle che Michael Baynes, co-fondatore di Vineyards-Bordeaux (affiliata Christie’s Estates) chiama “hobby vineyards”, vigne che i nuovi proprietari acquistano più per realizzare la propria passione per il vino che con la motivazione di  guadagnarsi la vita attraverso il vino.

La tipologia di transazione più frequente è quella di una piccola vigna con annessa abitazione, nella quale il costo di quest’ultima rappresenta generalmente più del 50% dell’importo complessivo. Le soluzioni “chiavi in mano”, anche se più costose, sono generalmente preferite dagli acquirenti che temono di imbarcarsi in complesse operazioni di rinnovamento o restauro a occhi chiusi.

Nel bordolese la Rive Droite e soprattutto l’Entre-Deux-Mers offrono buone opportunità a prezzi relativamente moderati , tra i 3.5 e i 4 milioni di euro, anche se gli importi possono variare molto. Esclusa la bolla Saint-Émilion, l’area più interessante è quella delle Côtes-de-Bordeaux. I wine lovers sono attratti però non solo dal bordolese, ma anche da altre regioni del vino: in Francia “tira” molto la Provenza, sulla scia  della popolarità dei suoi rosé e ormai sono diversi anche i grandi produttori storici di Bordeaux a interessarsene (recentemente il proprietario di Cos d’Estournel, Michel Reybier, ha acquistato lo Château La Mascaronne).

I prezzi di un ettaro di vigna non sono altissimi (circa 80.000 euro in media), ma salgono quanto più ci si avvicina al mare (150.000 in Costa Azzurra). Anche la Toscana è molto ricercata. Escludendo Montalcino e le zone più prestigiose del Chianti classico, secondo Gemma Bruce, di Casa & Country, agenzia specializzata in questo tipo di transazioni, è possibile acquistare una piccola proprietà con un ettaro di vigna, una residenza e qualche olivo per un milione  e mezzo di euro. Naturalmente i prezzi variano di molto e spesso occorre prevedere spese ulteriori di restauro degli edifici e soprattutto di reimpianto delle vigne, non sempre in buono stato. In California, come spiega Kevin Mc Donald (titolare della Mc Donald Properties collegata a Sotheby’s), i prezzi variano enormemente a seconda della collocazione: un ettaro nella Sonoma County costa in media 3 milioni di dollari, che scendono a circa un milione e mezzo a Mendocino, per schizzare a 6-7 nella Napa.

Per quanto riguarda la California bisogna poi considerare lo standard generalmente molto elevato delle residenze annesse.  I costi scendono enormemente acquistando solo le vigne (si va dai 12.000 euro l’ettaro nella regione del Muscadet ai 16.000 a Faugères in Languedoc e ai 20.000 nell’AOC Ventoux, nel Rodano Sud)  , ma in tal caso , per non affondare nelle spese, occorre organizzarsi per le vinificazioni oppure almeno per la vendita delle uve, tutte operazioni abbastanza complesse, che richiedono una conoscenza dettagliata dell’ambiente, stime accurate dei listini e le relazioni giuste .

L’articolo propone una piccola guida agli aspetti principali da tener presenti per l’elaborazione della propria strategia d’acquisto e una vetrina di offerte in tutto il mondo. Una vigna “superluxury” di 4 ettari e mezzo di cabernet sauvignon, con annessa residenza con quattro camere da letto, proposta a “soli” 18 milioni e mezzo di dollari nella Napa Valley. Scendendo un po’, una  proprietà di circa 4 ettari di vigna nell’AOC Coteaux-d’Aix-en Provence , nel cuore della Provenza, con annesso Château storico, viene offerta a poco più di 8 milioni di euro. Infine  una piccola, ma stuzzicante  “hobby vineyard” , lo Château di Villepreux, nelle vicinanze di Saint-Émilion, con 4 ettari e mezzo di vigna per la produzione di rossi della appellation Bordeaux e un vecchio château turrito con sei camere da letto doppie da poco restaurato, costa “appena” 1,8 milioni di euro.

E in Toscana? Casa & Country propone, per poco meno di 4 milioni di euro una proprietà di 43 ettari, di cui 20 a vigna per la produzione di Chianti classico DOCG e altre denominazioni satellite, e 20 di suolo impiegato per la coltivazione di girasoli, con annesso un edificio con una dozzina di camere e diverse altre opportunità. Avendo i soldi, da farci un pensierino sopra.

L’altro articolo che ho scelto in questo numero è quello di James Lawther sulla Saint-Émilion che cambia. A parte gli Châteaux Canon, Figeac e Ausone, da sempre punti di riferimento nella regione per la loro finezza ed eleganza, diversi altri   grands crus classés , dietro la spinta dei cambiamenti climatici e del rinnovo generazionale, stanno gradualmente abbandonando  il modello prevalente negli anni ’90, dei vini potenti, sovraestratti e “oaked” esaltati da Parker e sublimati dai garagistes. Diversi produttori  cercano oggi al contrario  il frutto, la freschezza e la bevibilità,  vini buoni da bere più presto ma anche di invecchiare a lungo. Lawther  si sofferma su alcuni esempi più significativi di questo cambiamento di paradigma.  L’anticipazione della vendemmia  senza  spingere troppo alla sovramaturazione, l’allentamento della drastica riduzione delle rese ben al di sotto del consentito applicata per aumentare la concentrazione, l’alleggerimento degli élévages in legno nuovo non sono più eresie.

Thomas Duclot, subentrato a Michel Rolland (ora in pensione), come consulente  degli Châteaux  Troplong-Mondot e Beauséjour-Bécot sembra aver portato un vento nuovo. Quest’ultimo, dopo aver ingaggiato Duclos per lo Château Janin-Bécot,  nel 2017 ha introdotto una prima revisione, diventata più netta l’anno dopo. La 2018  è la prima vendemmia nella quale appaiono evidenti i risultati ottenuti (94/100 il grand vin del 2018): raccolta anticipata di una settimana (metà settembre), aumento delle rese da 30 a 46 hl./ha, estrazione leggera mediante infusione, introduzione delle anfore e di botti grandi per ridurre l’impatto del legno. Più o meno nello stesso tempo, Troplong-Mondot (95/100 il grand vin del 2018) ha  adottato un approccio similare, molto evidente nel rimodellamento del secondo vino, Mondot, ora 100% merlot  di suoli calcarei.

Anche qui estrazioni molto alleggerite, forte ridimensionamento dell’affinamento in legno nuovo, la malolattica effettuata in vasca, blend anticipato a gennaio dell’anno dopo la vendemmia.  Anche Angélus (Premier Cru cl. A) ha notevolmente alleggerito il proprio approccio, soprattutto nel suo secondo vino, Carillon, alla ricerca di maggiore freschezza e bevibilità. Nell’articolo si parla anche di diversi altri châteaux   di  minor status  (da Berliquet a Bellefont-Belcier , Couvent des Jacobins, Franc Mayne, Soutard) che hanno cominciato ad adottare la stessa filosofia. Tra questi spicca  La Clotte , acquistato nel 2014 dai Vauthiers di  Ausone, che ha radicalmente innovato la proprietà, attraverso imponenti reimpianti e approccio alle vinificazioni, alla ricerca della massima finezza. A quanto pare con eccellenti risultati.

Un cenno sui servizi che seguono. Si comincia con l’articolo firmato da Jane Anson dal curioso titolo  “La scala verso il Paradiso”, nel quale l’autrice segnala, in una ideale progressione verso l’empireo del vino, tre tappe, dal buono al migliore, in alcune grandi regioni. Si comincia con la riva sinistra di Bordeaux (in “Paradiso”  lo Château Grand Puy-Lacoste del 2009). Poi è la volta dei bianchi della Borgogna (in cima  lo Chevalier-Montrachet 2017 di Olivier Leflaive ), del Rodano meridionale (al vertice lo Châteauneuf-du-Pape del Clos des Papes 2009), dell’Alsazia (il Riesling Sommerberg Grand Cru di Boxler 2017), dei Cabernet californiani (il Martha’s Vineyard di Heitz del 2015), dei Pinot noir della neo-zelandese  Central Otago (Block 5 2017 di Felton Road), e  l’Italia? Non c’é.

Subito dopo è  un’intervista a Peter Vinding-Diers,  leggenda del wine-making nomade:dopo aver cominciato la sua attività in Sud Africa, alla fine degli anni ’60, è  passato poi a Bordeaux, nella regione del Tokaj, e infine in Sicilia a partire dal 2003.

Michaela Morris segnala i suoi 20 Top Riesling canadesi, estratti da un blind tasting di 138 campioni: esclusi i preziosi ice-wines, molti dei vini scelti sono secchi o demi-sec, ovviamente provenienti principalmente dalla Niagara Peninsula nell’Ontario e dall’Okanagan Valley nella British Columbia , al top del top con due cuvées a quota 94/100, ma con la sorpresa dell’intrusione, nel loro dominio, di un Riesling della Nova Scotia, lo Small Lot 2017 di Benjamin Bridge (2017), un demi-sec della Gaspereau Valley da uve al 90% toccate dalla botrytis,  e persino, sia pure in coda, uno proveniente dal meno fortunato climaticamente Quebec nella bassa baia del San Lorenzo, a ovest di Montreal.

Matt Walls illustra il profilo del Domaine du Vieux Télégraphe, di proprietà della famiglia Brunier, col suo gioiello de La Crau di Châteauneuf-du-Pape.97/100 e 95/100 i punti assegnati alle due cuvée maggiori (rispettivamente al rosso  2010 e al bianco 2016), 90 all’ottimo satellite Télégramme 2017, da apprezzare più giovane. Più avanti Walls propone, in un altro articolo,  anche un suo itinerario per chi vuol recarsi nella regione, ricco di segnalazioni e consigli pratici.

Richard Baudains parla del versatile Vermentino, sardo-Gallura su tutti-, ma anche toscano e ligure: a suo parere il vino da pesce per eccellenza. La sua cifra è la mineralità,che lo distingue dalle altre varietà. Quello toscano è diverso, più marcato dal frutto. Il vertice per Baudain’s? L’Isola dei Nuraghi di Capichera : 96/100 quello del 2016, un punto al di sotto lo Sciala VT 2018, Vermentino gallurese di Surrau. Sorprendente, tra i toscani, quello di Antonio Camillo del 2019, al quale  Baudain’s assegna 94/100.

Prima di arrivare alle degustazioni della “Buying Guide”, ci sono ancora le testimonianze dal mondo del Covid, le pagine dedicate agli spirits (Alicia Miller presenta quelli prodotti da winemakers assolutamente da provare) e agli abbinamenti gastronomici.

Il Panel tasting di questo mese è dedicato agli chardonnay sud-americani delle ultime annate (2016-2020): 73 i vini assaggiati,  su cui riferisce Amanda Barnes , cinque dei quali valutati come outstanding, ossia con punteggi compresi tra i 95 e i 97/100. Nel duello tra i due paesi  più rappresentati nella degustazione il Cile prevale sull’Argentina con 3 dei vini di testa e 25 vini su circa 40 “highly recommended” (90-94 punti), con la sorpresa dell’intrusione di due chardonnay uruguayani (93/100 per la cuvée Extreme Vineyard Subsuelo 2020 della Familia Deicas).

La seconda degustazione, condotta da Christian Eides,è invece focalizzata sugli chenin blanc da vecchie vigne del Sud Africa. Lo chenin è forse la varietà di uva da vino più antica del SudAfrica, dove fu introdotta nel XVII secolo dagli olandesi, col nome Steen, prima di essere riconosciuta come la stessa coltivata nella Loira. Anche se, dopo gli anni ’90, parte delle vigne di chenin sudafricano (allora  il 35% di tutte le varietà coltivate), sono state in parte sostituite da varietà rosse per esigenze di mercato, oggi in Sud Africa, ci sono ancora 17.000 ettari di chenin, di cui poco meno di un paio di migliaia classificati come “old vines”, cioè con almeno 35 anni di età. 14 dei 18 vini “schedati” da Eides come i migliori da lui assaggiati ben 14 hanno raggiunto i requisiti dei vini outstanding, ossia 95 punti o più. Di anni ne hanno 55 le vigne della cuvée The Golden Slopes 2019 prodotta da Badenhorst nello Swartland, territorio particolarmente favorevole a questa varietà (sei su dieci dei vini top provengono da questa regione), ma anche a Stellenbosch e Oliphants River ci sono vini di notevole interesse.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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