Stampa estera a portata di clic. Terre de Vins, n. 657 min read

La maggior parte di questo numero è dedicato al dossier sulle primeurs di Bordeaux. Quest’anno al centro dell’attenzione era l’annata 2019, ma la pandemia che tutto ha travolto in questi mesi ha obbligato l’UGCB (Union des Grands Crus de Bordeaux) a rinviare le primeurs ai primi di giugno. Titoli minori di copertina sono l’escapade nel Var, terra di rosé, e la cucina gourmand del Muscadet.  Ma, a parte il dossier sull’annata Bordeaux 2019, la cosa più interessante è l’incontro con i Lur Saluces, ai quali è dedicata la Saga di questo numero.

Soffermiamoci sulle degustazioni dell’annata 2019 di Bordeaux, che occupano per oltre 50 pagine la parte centrale della rivista. Dopo una breve presentazione dell’équipe degli assaggiatori (Sylvie Tonnaire e Mathieu Doumenge in primis)  seguono, distribuite tra le varie appellations, le schede degli Châteaux degustati. Va detto che l’elenco non è completo, perché non tutti gli Châteaux, tra i quali  i Premiers Crus (mancano infatti all’appello Latour, Lafite ,  Haut-Brion e Yquem) hanno partecipato alle degustazioni.

Ciascuna scheda  descrive sinteticamente l’assaggio e comprende un voto in centesimi. Poi ci sono i “coup de coeur”, che segnalano gli assaggi che hanno entusiasmato di più il gruppo dei degustatori. Cominciamo dalla Rive Gauche: a Pauillac, il punteggio più alto  (98-99) e un coup de coeur sono stati assegnati allo Ch. Mouton-Rotschild, incalzato dallo Ch. Pichon Baron con 97-98. Un altro coup de coeur e un punteggio di 95-96 sono stati assegnati allo Ch. Clerc Milon, Vème cru classé. A Saint-Estèphe, 99 punti (e coup de coeur) per Cos d’Estournel e 98 per Montrose, a Saint-Julien (mancano Ducru-Beaucaillou e Léoville-Las- Cases), via libera  allora per lo Ch. Léoville-Poyferré (96-97) e Léoville-Barton (96) entrambi muniti di coup de coeur. A Margaux, 97-98 allo Ch. Margaux e 97 a Palmer, Brane-Cantenac,  Giscours e Lascombes. Nella altre appellations minori (Moulis e Listrac) il vertice è dello Ch. Poujeaux (94), anche coup de coeur del comitato di assaggio.

Tra i Médoc e gli Haut-Médoc, il punteggio più alto è  quello ottenuto dallo Ch. La Tour Carnet, un 4ème cru, con 96/100. A quota 95, lo Ch. Cantemerle,lo Ch. Charmail e Ch. Du Cartllon , gli ultimi due fregiati di coup de coeur. Nelle Graves, tra i rossi di Pessac-Léognan, non degustati Haut Brion e La Mission-Haut Brion, lo score più alto e coup de coeur vanno allo Ch. Les Carmes Haut-Brion (98).. Con lo stesso punteggio é anche Haut-Bailly e un soffio al di sotto (97-98) Smith-Haut Lafitte. Tra i bianchi della stessa appellation il primato tocca al Domaine de Chevalier (97), molto bene anche con la cuvée rossa. La più bella sorpresa, puntualmente premiata con un coup de coeur è stata quella dello Ch.Carbonnieux (molto alto anche il punteggio, 95).

Nel Sauternais, assenti Yquem e Climens, al vertice, con 96-97 è Sigalas-Rabaut, ma sorprende, come ormai capita spesso, lo Ch. Doisy-Daëne, un second cru, con 96/100. Passiamo ora alla Rive Destra, partendo dalle denominazioni maggiori. A Saint-Emilion tra i grands crus, mancando Ausone, Cheval Blanc e Figeac,  i loro tradizionali avversari, Angélus e Pavie, entrambi con 98-99/100, in compagnia con Troplong-Mondot e  il sorprendente Ch. Beauséjour Duffau-Lagarrosse, sono comunque scavalcati dallo Ch. Pavie-Macquin, in costante ascesa in questi ultimi anni, che tocca i 99 punti. A Pomerol, manca all’appello sua maestà Petrus. In sua assenza il punteggio di vertice è di un altro outsider, lo Ch.Gombaude- Guillot, anche coup de coeur, con 96-97/100. Nelle appellations minori:  lo Ch. Joanin Bécot  nel Castillonnais (94),Roc des Cambes (95) nelle Côtes de Bourg,  Dalem a Fronsac (94), lo Ch. Des Anneraux  e Le Plus de La Fleur de Boüard (entrambi 94-95) a Lalande de Pomerol e Clos de Boüard (93-94) a Montagne-Saint Emilion hanno ottenuto le valutazioni più alte. Tuttavia molti altri Châteaux, specie nel Fronsadais, in generale ascesa qualitativa, sono immediatamente  a ridosso , sicché non è difficile prevedere in futuro un aumento dell’interesse dei consumatori, specie se continueranno a proporsi a prezzi ragionevoli.

Al termine di questa lunga e un po’ noiosa disamina, nel complesso emerge il profilo di un’annata molto buona, in continuità con quella extra-large della 2018, avvantaggiata per di più da un’offerta abbastanza favorevole nel mercato dei primeurs, con un calo dei prezzi che, specie per gli Châteaux maggiori, tocca il 30%. Calda e secca , ma temperata dalle piogge primaverili e quelle estive arrivate al momento giusto. Alto il valore in alcol (14° in media), ma ottima anche la maturazione fenolica. Nel complesso un’annata che esalta i terroirs e i vinificatori esperti. Obiettivo: preservare l’acidità naturale per assicurare la nervosità e la freschezza di vini fatti per sfidare il tempo. Una annata molto buona è stata anche per i Sauternes, dal perfetto equilibrio tra acidità e una palette aromatica esotica.

Alexandre-de Lur Saluces

E dal momento che parliamo di Sauternes veniamo  ora all’”ultimo cavaliere del Sauternes.”, come mi piace chiamare Alexandre de Lur-Saluces: a 34 anni trovatosi improvvisamente a capo di due autentici tesori  di quella regione, lo Château de Fargues e lo Château d’Yquem. Quest’ultimo, purtroppo, ceduto nel 2004 al gruppo di Bernard Arnault: ancora una ferita, ma il confronto era impari sul piano delle risorse in campo. Affascinante per coloro che amano le storie del vino è la  storia della famiglia Lur Saluces, richiamata nella prima parte del servizio . Una vicenda che affonda nei secoli. Alexandre dice sorridendo “Si risale ad Adamo ed Eva”. La dinastia ha origine dal matrimonio, nel 1472, tra Pierre de Lur e Isabeau de Montferrand. Come dono di nozze la coppia ricevette l’imponente fortezza trecentesca di Fargues dal cardinale Guilhem de Fargues, nipote di Clemente V. I Lur diventarono poi definitivamente  Lur Saluces  in seguito ad un altro matrimonio, nel 1586. Quello dei Saluces era un piccolo marchesato allora indipendente tra l’Italia e la Francia , ai piedi del Monviso, alle sorgenti del Po. Quanto al ramo Lur, Philippe , figlio di Alexandre, dice scherzando che era praticamente un ramo di “barbari”, dal momento che il capostipite, Fruhin, veniva dalla Franconia. Ma un nuovo matrimonio, nel 1785, tra Françoise Joséphine de Savage d’Yquem e Louis-Amédée de Lur Saluces, portò in dote nientemeno che lo Château d’Yquem, ma soprattutto questa faccenda della “pourriture noble” , all’epoca rivoluzionaria, come lo fu la contessa che, nel 1826 fece costruire una cantina ad Yquem e che aveva  suscitato grande meraviglia agli altri proprietari terrieri perché ingaggiava dei vendemmiatori per raccogliere delle uve “rovinate” dalla botrytis!

Ma la storia più recente comincia con la morte improvvisa, nel 1968, di Bertrand de Lur Saluces nelle vicinanze del Grand Théâtre  di Bordeaux, col giovane  e del tutto inesperto Alexandre, costretto, dall’oggi al domani, a gestire due realtà così importanti e complesse. Avendo dovuto dolorosamente rinunciare a Yquem, dopo quasi 40 anni entusiasmanti, nei quali  unica regola  era stata  la perfezione (“Si la réussite n’est pas là, on ne met pas en bouteille”), almeno la regola è rimasta quella “Quest’anno abbiamo perduto il 60% in quantità “ spiega Alexandre consolandosi, in riferimento alla nuova proprietà di Yquem , col fatto che non è altrettanto facile convincere un Consiglio d’Amministrazione ad autoaffondare un’annata se i livelli di qualità non sono quelli attesi.

I Lur Saluces (il giovane Philippe è sulla stessa lunghezza d’onda) sono ormai davvero gli ultimi cavalieri difensori del Sauternes: in crisi commerciale, per il cambiamento dei consumi, i produttori locali sono alla ricerca di espedienti per favorirne la vendita tra le nuove generazioni, come il Sauternes col ghiaccio, arrivando anche a cercare di produrre dei bianchi secchi sulle terre votate alla produzione dei grandi moelleux di Bordeaux. Lui, Alexandre, non aveva visto di buon occhio neppure “Y d’Yquem”, figuriamoci. Il suo punto di vista è che non si può difendere Sauternes se non rispettandolo, non certo trasformandolo in modo stravagante. La questione vera, per lui, non è cambiare il Sauternes , ma saperlo promuovere. “Il fatto è che nessuno vuole farlo più”, dice, ripensando agli anni in cui dovette frettolosamente migliorare il suo inglese e andare in America a spiegare questa incomprensibile faccenda della pourriture noble e del Sauternes.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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