Stampa estera a portata di clic: En Magnum. Le Vin + Grand, anno II, n. 147 min read

Molti sono i titoli presenti sull’elegante copertina nera di questo numero, che annuncia la nascita di Le Secret, preziosa cuvée di Champagne della nuova marca Rare della Maison Piper-Hedsieck.

Considerato il periodo, appare inevitabile il titolo dedicato ai Vini delle feste. Poi, da assaggiare: I Côtes-du-Rhône come non ne avete mai bevuti; Le virtù delle Maison borgognone; Verticali di sogno dei  vini di Jean-Louis Chave et Lalou Leroy; Ribera del Duero: la Spagna che amiamo.

E ancora: i ristoranti dei musei di Parigi e i bocciati dalla guida Lebey;  lo charme del Sauvignon blanc secondo Michel Bettane e le Bandes Déssinées di Régis Franc.

Il numero (164 pagine di grande formato) di questo trimestre si apre con un bellissimo servizio fotografico in bianco e nero di Leif Carlson sulla Champagne d’inverno. 

A seguire sono le notizie di  Mondovino. Tra queste segnalo la crescita abnorme del costo delle vigne in Borgogna (6 milioni di euro in media per i grands crus), dove solo quelle del Maconnais (65.000 euro) restano accessibili. Superata anche Pauillac (2 milioni di euro l’ettaro), mentre soffre Sauternes (solo 30.000 euro l’ettaro), che ormai si vende a meno di una vigna di Pic-Saint Loup in Languedoc (40.000 euro).Più in basso sono solo le vigne dell’AOC Ventoux, Fitou e-in fondo, quasi regalate- quelle della Touraine (8.000 euro).

In alta quota anche  l’Aube (con oltre 1 milione di euro l’ettaro), che  si avvicina alla Côte des Blancs (poco meno di 1 milione e mezzo), raggiungendo i prezzi di Hermitage (Rodano).

Sempre parlando di numeri, ecco quelli di Wine Lister e il suo famoso algoritmo sugli Champagnes.Cristal e la Grande Cuvée di Krug sono gli champagnes più popolari su Internet (anche se non i più popolari nei prezzi), ormai enormemente più della famosa cuvée P2 della  Dom Perignon. Nella graduatoria della qualità quest’ultima supera invece tutte le altre, ad accezione della Grande Cuvée di Krug, con la quale condivide il punteggio più alto.

E’ però Substance di Selosse, con un  + 13% , a spuntare la migliore performance di prezzo a lungo termine (qui, tra le cuvées di vertice, è Cristal ad avere il risultato più basso, con solo +5.9%).

Un altro bel  servizio fotografico, questa volta tutto a colori, di Brice Garcin, ha per oggetto le vigne ai confini del mondo. Le regioni scelte come esempi sono nella Patagonia argentina, l’isola greca di Tinos, a nord delle Cicladi, Ocoa Bay nella Repubblica Dominicana.

Prima di arrivare ai ristoranti dei musei, puntigliosa  e spesso severa disamina de Le Coureur de Vin,  ci sono le pagine delle discussioni (Bettane parla della controversa vendemmia 2018 e pone interrogativi amari ; De Rouyn , più lievemente, dei “pericoli” dell’aglio) e i ritratti (Jacques Calvel e la Blanquette; Charles- Armand de Belenet nuovo direttore generale di Bollinger; l’eredità di Jean-Luc Aegerter , négociant borgognone).

Dal tour tra le tavole dei ristoranti dei musei di Parigi, esce con le ossa rotte il Georges del Centre Pompidou (“world food senza immaginazione e vini da retroguardia”), troppo caro Le Café Marly del Louvre (159 euro, ma 95 sono per una bottiglia di Saint-Aubin). Meno della metà il costo (55 euro) , con vini naturali non sempre all’altezza  a Les Grands Verres (Palais de Tokyo). Tra un tataki di tonno e un controfiletto, sono verdetti severi su sei ristoranti famosi.

Siamo in tema, perché l’articolo che segue di Pierre-Yves Chupin  parla degli “schiaffoni” della Guida Lebey.

Restiamo nella gastronomia  con la pagina di Franquette chic (il Pain d’épice  con i consigli di Antoine Pétrus , sommelier del Taillevent) ,  la rubrica Dopo cena (il cognac sopra e dentro i babà) e la Soirée Diapo , servizio fotografico che propone una stuzzicante serie di immagini sui ristoranti e sulla cucina dei Domaines vitivinicoli.

Il primo servizio più  sostanzioso di questo numero è a pag. 65, e riguarda “Gli indistruttibili”, che in questo caso sono le storiche Maison de négoce del Beaunois ((Latour, Jadot, Bouchard, Drouhin, Chanson…). A parlarne è lo specialista Laurent Gotti, che ha scelto anche le cuvée più emblematiche da esse prodotte: nomi noti come La Vigne del’Enfant Jésus, o il Clos des Mouches,  un enorme Clos de Fèves di Chanson 2015 mostrano le potenzialità del terroir di Beaune.

L’intervista collegata a Jérôme Prince, presidente del sindacato dei Courtiers dei vini della Borgogna, mette in evidenza la crescente difficoltà di approvvigionamento di uve e mosti quanto più si sale nella scala gerarchica dei cru: “i viticultori borgognoni non sono semplici venditori di uve. Non siamo nella Champagne”. Una ragione di più per le grandi Maison di ampliare il ventaglio, già ricco, delle loro proprietà vitivinicole.

Siamo intanto arrivati alla prima delle due grandi verticali “da sogno” annunciate in copertina, quella degli Hermitage del mitico Domaine  Jean-Louis Chave, descritta da Thierry Desseauve. Si comincia con un Hermitage blanc del 2006 (19/20) per arrivare indietro fino al 1978 (20/20!), passando per 2003,1991 (il voto più baso, con 18.5/20) e 1985.

Per quanto riguarda i rossi apre la serie il vino dell’annata 2005 (“solo” 19-19.5/20). La perfezione dei 20/20  è raggiunta però da 2003 e 1978, prima di chiudere con la cuvée Cathelin 1991  (20/20 anche lei) e  la ancor troppo giovane 2010, ma pronta a seguire le tracce della precedente.

Gilles Durand-Daguin , per la serie “Psychanalyse d’un terroir”, trattiene il lettore ancora  nella regione del  Rodano per scoprire le piccole e nuove  denominazioni della Côtes-du-Rhone: un tour  tra dieci Domaines che comincia dalle Côtes du Vivarais, passando per Tavel  e risalendo fino a Vinsobres.

Ancora una volta Michel Bettane cerca di scoprire  il “genio del vino”, in questo caso del Sauvignon blanc. Diffuso dal Sancerrois (Sancerre e Pouilly-fumé) alle Graves, con i grandi cru du Pessac Léognan, con l’isola borgognona di Saint-Bris , sta conquistando (con successo) i suoli calcarei di St. Émilion e del Castillonnais.

Tra le grandi espressioni di questo vitigno scelte da Bettane, un nome a sorpresa: quello di Opale, bianco secco di un grande cru di Barsac, Château Coutet.

L’angolo “tecnico” tocca, come sempre, a Véronique Raisin, che si occupa di un problema mai definitivamente risolto dei vini che “sanno di tappo”. Poi si va in Spagna, con Mathilde Hulot, nella Ribera del Duero, sulle tracce di Vega Sicilia, Pingus e dei fratelli Pascuas. Scopriamo anche “l’acceleratore francese” (giovani vignerons e investitori sempre più interessati alla Ribera del Duero), prima di passare  alla quattordicesima puntata di “Têtes de Cuvées”, galleria di ritratti di grandi protagonisti del mondo del vino. Ad aprire la serie è Angelo Gaja.

Nicolas De Rouyn  ha scelto 42 vini per le Feste. Ovviamente la parte del leone la fanno gli Champagne (11).Il punteggio più alto (ma anche il prezzo) è quello del  Dom Perignon rosé 2006 (19.5/20 per 285 euro), seguito a ruota dall’RD 2004 di Bollinger . Tra i bianchi prevalgono Alsazia, Borgogna e in misura minore Loira (sorprendentemente Chinon piuttosto che Sancerre, presente invece con due rossi, o Pouilly-fumé)  e Rodano (Condrieu), mentre Bordeaux entra a far parte del gruppo solo  con un moelleux di Sauternes.

Tra i vini rossi Bordeaux (soprattutto Saint-Émilion e, sulla rive gauche, i cru del sud, Margaux e Saint-Julien) riprendono il loro posto, reggendo l’assalto di Rodano,  Borgogna e degli stranieri, tra i quali  spicca l’Italia con tre rossi toscani (19/20 per il Brunello riserva 2011 di Biondi Santi).

L’ultimo grande servizio annunciato in copertina è la straordinaria verticale 1937-2010 dei vini del Domaine Leroy. Molti, ovviamente, i rossi. Punteggio massimo (20/20) per lo Chambertin 2010,il Richebourg 1999, e per tre grandissimi vecchi: i Romanée-Saint Vivant  del 1947 e del 1937, e il Corton Clos du Roy 1937, tutti con ancora moltissimi anni di vita davanti a sé. Tutti gli altri, però, sono comunque su punteggi altissimi. Tra i bianchi: 20/20 anche allo Chevalier-Montrachet dell’altro Domaine di proprietà, in Côte de Beaune (quello d’Auvenay), e il Meursault premer cru Les Genevrières 1945 (mostruosa l’aspettativa di vita, stimata fino al 2050). Insomma, c’è di che non dormire la notte. A godere, stavolta, c’è Alain Chameyrat, che ha commentato la degustazione.

C’è ancora spazio per le magnum di En Magnum, scelte da De Rouyn. Tra molti vini blasonati (Champagne , Margaux,  Barsac , Châteauneuf-du-Pape)  c’è anche un vin naturel: uno straordinario gamay a piede franco dello specialista Henry Marionnet (la cuvée Renaissance 2017). Come sempre, Guillaume Puzo ha selezionato 12 bei crus bourgeois (17/20 per un Margaux 2015, Château La Tour de Mons, in vendita a 25 euro) e 6 spiritueux  (si comincia con un Cognac Frapin millesimé 1990 e si chiude con una Tequila  100% agave). Non restano che le bottiglie regalo, le sulfuree bandes dessinées di Régis Franc sul popolo delle vigne e le interviste lampo di Margot (Ducancel) a quattro giovani chef che hanno appena  aperto  il loro ristorante.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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