Stampa estera a portata di clic: Terre de Vins, n. 645 min read

Cominciamo dai titoli di copertina: Carte dei vini Top (il più grande); bianchi di Bordeaux, “assalto” a Pic Saint-Loup, sotto il cielo di Chablis, Lurton e Yquem, “escapade”a Sancerre.

Oltre a questi temi c’è molta altra roba. Ci soffermeremo soprattutto sulle due grandi degustazioni di questo numero, limitandoci ad un accenno sugli altri servizi. Le due degustazioni maggiori riguardano i bianchi secchi di Bordeaux: quelli della denominazione regionale più ampia (esclusi quindi quelli di Pessac-Léognan e i Graves).

I meno di 5.500 ettari di vigna riservati alle varietà bianche sono solo una goccia nell’Oceano di rossi di Bordeaux. Eppure un tempo a Bordeaux si produceva più vino bianco che rosso e soprattutto bianchi moelleux. Qui si parla però solo di vini secchi, anche se molti di essi sono prodotti nel sauternais, nel quale la caduta della domanda di vini dolci e liquorosi ha indotto diversi produttori a seguire l’esempio dei pochi che già lo facevano (tra i primi anche Yquem col suo Y d’Yquem) , producendo un proprio bianco secco: ovviamente etichettato come semplice bordeaux blanc, perché l’AOC di Sauternes non prevede i vini secchi.

La vendemmia 2019 non è stata delle più felici nella regione dal punto di vista dei volumi, ma  di buona qualità. Purtroppo benché spesso di qualità buona o anche ottima e quasi sempre a buon mercato, i bianchi secchi di Bordeaux hanno difficoltà a imporsi tra i consumatori, dal momento che l’immagine di Bordeaux è soprattutto rossa. I bianchi bordolesi possono  basarsi su sette qualità diverse, di cui il pernio sono il sémillon, il sauvignon blanc e gris e la muscadelle. Freschi e piacevolmente aromatici , sono adatti ad accompagnare le ostriche e la cucina di pesce dell’estuario, ma alcuni hanno personalità per  sostenere piatti più robusti, come un filet de porc o anche formaggi (ad es. uno chavignol). Impossibile rendere conto di tutti, anche solo dei migliori. Mi limiterò perciò a segnalare i vini che hanno ottenuto le valutazioni più alte e quelli che hanno il miglior rapporto qualità/prezzo (almeno 15/20 e al di sotto dei 15 euro).

Al vertice di entrambe le categorie è l’Héritage 2019 di Château Lamothe-Vincent: 19/20 per soli 8.60 euro, una piccola meraviglia che ha conquistato il comitato di degustazione. Prodotto da uve sauvignon e sémillon di una selezione di parcelle familiari, certificate HVE (Haute Valeur Environmentale) si è distinto per freschezza, complessità aromatica e notevole lunghezza. In grado di sostenere piatti elaborati di lumache, cosce di rana, fegato di vitella. Diciotto ventesimi sono stati attribuiti   al Bordeaux blanc 2019 di Château Malagar: una bottiglia costa solo 7.50 euro. Si tratta di un classico blend sauvignon-sémillon, fresco e seduttivo, prodotto in una proprietà che appartenne allo scrittore  François Mauriac, oggi posseduto da Jean Merlaut, dello Château Gruaud-Larose , grand cru di St.Julien.  Ma a sorprendere davvero è Le Petit Baigneur 2019 di Terre de VIgnerons, 17.5/20 venduto a soli 4.20 euro: 100% sauvignon , freschezza agrumata con eleganti note speziate, che lo rendono molto adatto alla cucina asiatica.

Veniamo ora alla seconda degustazione, quella dei rossi di Pic Saint-Loup . Terroir storico del Languedoc è stato tra i primi a spingere la trasformazione qualitativa della vitivinicoltura della regione negli anni 70-80.  Al terzo millesimo (nel 2019) di AOP autonoma (in precedenza Pic Saint-Loup era solo una menzione geografica complementare dell’AOP Languedoc), si tratta di un terroir dal clima molto favorevole alla viticoltura, con giornate molto calde e notti fresche, per la sua posizione. Sono 1.300 gli ettari in produzione, coperti per poco più di un terzo dalle tre cooperative locali e per la restante parte da una settantina di produttori autonomi. Vi si producono soprattutto rossi carnosi a predominanza syrah (almeno il 50% dell’assemblage) e per il resto grenache e mourvèdre e fino al 10% di carignan, cinsault, counoise e morrastel. Il comitato di TdV ha assaggiato 45 vini delle annate 2017 e 2018 di quello che viene chiamata da qualcuno lo Châteauneuf-du-Pape del Languedoc: il 2017 è stato l’anno della rinascita, dopo un 2016  assai difficile sotto il profilo climatico; buona, anche se meno omogenea, invece, è stata la qualità dei vini del 2018.

Il miglior punteggio e insieme anche il miglior rapporto qualità/prezzo  sono quelli dello Chant de l’Aire 2017 di Mas Peyrolle: 18.5/20  e 17.00 euro per un rosso con il 95% di syrah (il resto mourvèdre) prodotto con le uve provenienti dal terroir della Gravette de Corconne da Jean-Baptiste Peyrolle. Affinato 15 mesi  in grandi cuves tronco-coniche, questo vino ha riscosso l’unanimità della giuria. Lo stesso punteggio (18.5/20), ma ad un prezzo superiore di due euro è la cuvée Perle 2017 dello Château Boisset. Opulenza e “droiture” caratterizzano questo vino prodotto da Bernard e Christelle Nadal,  padre e figlia , che hanno ripreso nel 2015 le vigne di famiglia.  Molto meritevoli (18/20 e 18 euro di prezzo) anche L’Aven des Nymphhes 2018, e altre cuvée che hanno raggiunto la stessa valutazione, a testimoniare l’ascesa qualitativa di questa appellation, ma venduti a prezzi ampiamente superiori ai 20 euro.

Vediamo rapidamente gli altri servizi annunciati in copertina. Il più interessante è la saga della famiglia Brocard, 200 ettari di vigna di cui la metà di proprietà e una produzione di 3 milioni e mezzo di bottiglie, per il 90% Chablis e il resto rossi e rosé di Irancy e dell’Auxerrois, esportate per il 70%.Altri incontri sono con Mathilde Chapoutier, figlia di Michel e Corinne, un impero nella Valle del Rodano e nel mondo, René Milan, talento delle Alpilles, e soprattutto Pierre Lurton, régisseur di Yquem e Cheval Blanc, per la serie “sur le divin”.

Ampio spazio è dedicato al Tour des cartes, il concorso dedicato alle migliori carte dei vini nei locali di tutte le categorie (dai ristoranti ai bar-à-vins): il trofeo per le cantine dei ristoranti gastronomici è stato assegnato a Le Chapon Fin, autentica istituzione della ristorazione bordolese. Poi ci sono le degustazioni tematiche brevi: Crozes-Hermitage bianchi. Grenache gris, Montagny, clos biodinamici dell’Alsazia, la verticale della Cuvée Orpale ; i  domaines da scoprire ( le ambizioni dello Château Cabidos nel Béarn); i viaggi del vino (Sancerre e Armenia). E naturalmente la gastronomia: la cucina dello Cheval Blanc , wine-bar di Nimes creato dal talentuoso Michel Hermet, ristoratore e vigneron, i formaggi (l’antico Salers ) e i vini per accompagnarli, la mixology (la seduttività della Blanche d’Armagnac). Si chiude, come sempre, con la pagina di Arditi, attore e amatore di vini.

Foto Wine Folly che ringraziamo.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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