Cominciamo dai titoli di copertina: Carte dei vini Top (il più grande); bianchi di Bordeaux, “assalto” a Pic Saint-Loup, sotto il cielo di Chablis, Lurton e Yquem, “escapade”a Sancerre.
Oltre a questi temi c’è molta altra roba. Ci soffermeremo soprattutto sulle due grandi degustazioni di questo numero, limitandoci ad un accenno sugli altri servizi. Le due degustazioni maggiori riguardano i bianchi secchi di Bordeaux: quelli della denominazione regionale più ampia (esclusi quindi quelli di Pessac-Léognan e i Graves).
I meno di 5.500 ettari di vigna riservati alle varietà bianche sono solo una goccia nell’Oceano di rossi di Bordeaux. Eppure un tempo a Bordeaux si produceva più vino bianco che rosso e soprattutto bianchi moelleux. Qui si parla però solo di vini secchi, anche se molti di essi sono prodotti nel sauternais, nel quale la caduta della domanda di vini dolci e liquorosi ha indotto diversi produttori a seguire l’esempio dei pochi che già lo facevano (tra i primi anche Yquem col suo Y d’Yquem) , producendo un proprio bianco secco: ovviamente etichettato come semplice bordeaux blanc, perché l’AOC di Sauternes non prevede i vini secchi.
La vendemmia 2019 non è stata delle più felici nella regione dal punto di vista dei volumi, ma di buona qualità. Purtroppo benché spesso di qualità buona o anche ottima e quasi sempre a buon mercato, i bianchi secchi di Bordeaux hanno difficoltà a imporsi tra i consumatori, dal momento che l’immagine di Bordeaux è soprattutto rossa. I bianchi bordolesi possono basarsi su sette qualità diverse, di cui il pernio sono il sémillon, il sauvignon blanc e gris e la muscadelle. Freschi e piacevolmente aromatici , sono adatti ad accompagnare le ostriche e la cucina di pesce dell’estuario, ma alcuni hanno personalità per sostenere piatti più robusti, come un filet de porc o anche formaggi (ad es. uno chavignol). Impossibile rendere conto di tutti, anche solo dei migliori. Mi limiterò perciò a segnalare i vini che hanno ottenuto le valutazioni più alte e quelli che hanno il miglior rapporto qualità/prezzo (almeno 15/20 e al di sotto dei 15 euro).
Al vertice di entrambe le categorie è l’Héritage 2019 di Château Lamothe-Vincent: 19/20 per soli 8.60 euro, una piccola meraviglia che ha conquistato il comitato di degustazione. Prodotto da uve sauvignon e sémillon di una selezione di parcelle familiari, certificate HVE (Haute Valeur Environmentale) si è distinto per freschezza, complessità aromatica e notevole lunghezza. In grado di sostenere piatti elaborati di lumache, cosce di rana, fegato di vitella. Diciotto ventesimi sono stati attribuiti al Bordeaux blanc 2019 di Château Malagar: una bottiglia costa solo 7.50 euro. Si tratta di un classico blend sauvignon-sémillon, fresco e seduttivo, prodotto in una proprietà che appartenne allo scrittore François Mauriac, oggi posseduto da Jean Merlaut, dello Château Gruaud-Larose , grand cru di St.Julien. Ma a sorprendere davvero è Le Petit Baigneur 2019 di Terre de VIgnerons, 17.5/20 venduto a soli 4.20 euro: 100% sauvignon , freschezza agrumata con eleganti note speziate, che lo rendono molto adatto alla cucina asiatica.
Veniamo ora alla seconda degustazione, quella dei rossi di Pic Saint-Loup . Terroir storico del Languedoc è stato tra i primi a spingere la trasformazione qualitativa della vitivinicoltura della regione negli anni 70-80. Al terzo millesimo (nel 2019) di AOP autonoma (in precedenza Pic Saint-Loup era solo una menzione geografica complementare dell’AOP Languedoc), si tratta di un terroir dal clima molto favorevole alla viticoltura, con giornate molto calde e notti fresche, per la sua posizione. Sono 1.300 gli ettari in produzione, coperti per poco più di un terzo dalle tre cooperative locali e per la restante parte da una settantina di produttori autonomi. Vi si producono soprattutto rossi carnosi a predominanza syrah (almeno il 50% dell’assemblage) e per il resto grenache e mourvèdre e fino al 10% di carignan, cinsault, counoise e morrastel. Il comitato di TdV ha assaggiato 45 vini delle annate 2017 e 2018 di quello che viene chiamata da qualcuno lo Châteauneuf-du-Pape del Languedoc: il 2017 è stato l’anno della rinascita, dopo un 2016 assai difficile sotto il profilo climatico; buona, anche se meno omogenea, invece, è stata la qualità dei vini del 2018.
Il miglior punteggio e insieme anche il miglior rapporto qualità/prezzo sono quelli dello Chant de l’Aire 2017 di Mas Peyrolle: 18.5/20 e 17.00 euro per un rosso con il 95% di syrah (il resto mourvèdre) prodotto con le uve provenienti dal terroir della Gravette de Corconne da Jean-Baptiste Peyrolle. Affinato 15 mesi in grandi cuves tronco-coniche, questo vino ha riscosso l’unanimità della giuria. Lo stesso punteggio (18.5/20), ma ad un prezzo superiore di due euro è la cuvée Perle 2017 dello Château Boisset. Opulenza e “droiture” caratterizzano questo vino prodotto da Bernard e Christelle Nadal, padre e figlia , che hanno ripreso nel 2015 le vigne di famiglia. Molto meritevoli (18/20 e 18 euro di prezzo) anche L’Aven des Nymphhes 2018, e altre cuvée che hanno raggiunto la stessa valutazione, a testimoniare l’ascesa qualitativa di questa appellation, ma venduti a prezzi ampiamente superiori ai 20 euro.
Vediamo rapidamente gli altri servizi annunciati in copertina. Il più interessante è la saga della famiglia Brocard, 200 ettari di vigna di cui la metà di proprietà e una produzione di 3 milioni e mezzo di bottiglie, per il 90% Chablis e il resto rossi e rosé di Irancy e dell’Auxerrois, esportate per il 70%.Altri incontri sono con Mathilde Chapoutier, figlia di Michel e Corinne, un impero nella Valle del Rodano e nel mondo, René Milan, talento delle Alpilles, e soprattutto Pierre Lurton, régisseur di Yquem e Cheval Blanc, per la serie “sur le divin”.
Ampio spazio è dedicato al Tour des cartes, il concorso dedicato alle migliori carte dei vini nei locali di tutte le categorie (dai ristoranti ai bar-à-vins): il trofeo per le cantine dei ristoranti gastronomici è stato assegnato a Le Chapon Fin, autentica istituzione della ristorazione bordolese. Poi ci sono le degustazioni tematiche brevi: Crozes-Hermitage bianchi. Grenache gris, Montagny, clos biodinamici dell’Alsazia, la verticale della Cuvée Orpale ; i domaines da scoprire ( le ambizioni dello Château Cabidos nel Béarn); i viaggi del vino (Sancerre e Armenia). E naturalmente la gastronomia: la cucina dello Cheval Blanc , wine-bar di Nimes creato dal talentuoso Michel Hermet, ristoratore e vigneron, i formaggi (l’antico Salers ) e i vini per accompagnarli, la mixology (la seduttività della Blanche d’Armagnac). Si chiude, come sempre, con la pagina di Arditi, attore e amatore di vini.
Foto Wine Folly che ringraziamo.