Soave 2017: annata difficile ma ormai la strada è verso il “Soave-Grande-Bianco”3 min read

In una vendemmia difficile (almeno per i bianchi) come la 2017, a Soave non si potevano certo fare miracoli.

I problemi di gelate e soprattutto di siccità e alte temperature estive non hanno certo risparmiato questa zona e quindi, se avete iniziato  a leggere quest’articolo per sapere qualcosa sui 2017 vi accontentiamosubito, dicendo che almeno per i Soave d’annata siamo di fronte a vini a cui in generale  manca qualcosa: o un po’ di corpo, o freschezza o una minima profondità.

Ripetiamo che la situazione è praticamente generalizzata e quindi Soave, come territorio, non ne esce né meglio né peggio di molti altri.

Però abbiamo voluto sottolineare, scrivendolo, “almeno per i Soave d’annata”, perché in questo territorio praticamente a due velocità enologica stanno succedendo cose interessanti.

La prima è l’elezione a Presidente del Consorzio di Sandro Gini che, senza nulla togliere a chi l’ha preceduto (e che ha fatto tanto per Soave) potrebbe essere veramente la persona giusta al posto giusto nel momento giusto. Soave aveva bisogno non tanto di un presidente, quanto di un esempio (agronomico, enologico, commerciale)  da seguire e Sandro Gini con la sua famiglia, la sua storia, la sua cantina  è proprio la persona dotata del giusto carisma per far mettere tutti attorno ad un tavolo e parlare fuori dai denti di cosa si può o si deve fare per questo storico vino bianco.

La seconda, forse ancora più importante è che  molti produttori hanno capito che con il Soave a 3-4 euro (quando va bene) non si riesce ad andare avanti e così, grazie alle incredibili capacità di un’uva come la garganega, stanno piano piano puntando su tipologie di Soave da “mercato evoluto”.

In altre parole  (non da adesso)  sono aumentati i Soave  con almeno uno-due anni di maturazione, molto più complessi, maturi, più o meno passati in legno, con belle possibilità di invecchiamento ma con la sapida freschezza di bocca tipica del Soave.

Diciamo che l’idea nata diversi anni fa con il Superiore DOCG sta sviluppandosi adesso nel Classico  DOC, portando tutti i marchi importanti di Soave a proporre con forza e sicurezza il Soave  Classico come un bianco da invecchiamento. Questa non è assolutamente una forzatura ma una presa di coscienza perché la Garganega, specie a Soave, se coltivata nella maniera giusta E’ uva per bianchi da grande invecchiamento.

Del resto il lavoro fatto recentemente dal consorzio con una prima suddivisione di “cru” nella zona classica punta anch’esso verso il definitivo sdoganamento del Soave come vino di alto profilo, che in un futuro non so quanto lontano potrebbe trainare verso l’alto anche i molti milioni di bottiglie di Soave che oggi spuntano prezzi non certo remunerativi.

Il bello è che anche produttori fuori dalla zona classica stanno puntando su dei Soave importanti, con risultati di ottimo livello, adesso sempre meno marcati da un legno che qualche anno fa non dava scampo al vino.

Ricapitolando: se uno cerca una bottiglia di Soave giovanissimo dell’ultima annata, quest’anno deve stare abbastanza attento e i nostri consigli gli saranno sicuramente utili: se invece vuole puntare su un bianco italiano giovane, di alto profilo, con belle possibilità di evoluzione e dal prezzo veramente interessante, può dirigersi tranquillamente verso i molti Soave Classico (e non) del 2016 e 2015 che nei nostri assaggi hanno ottenuto punteggi veramente alti.

A proposito di punteggi: qualcuno potrebbe dire che per tante guide o giornali esteri 90 punti sono pochi, ma per noi, che non vogliamo rischiare di “battere in testa”, conferendo a destra e a manca voti più vicini al 110 e lode universitario che non alla realtà delle cose, punteggi attorno al 90 rappresentano la certezza di un grande vino, fidatevi.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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