Scivolando sulla DOP Tergeste4 min read

Dal vino all’olio il passo è breve? Mica tanto. E non è neanche semplice. La sfida sensoriale però continua ad affascinarmi e così eccomi immersa nel mondo semi-sconosciuto dell’olio. Da buona siciliana sono sempre stata abituata a usare oli extravergini con determinate caratteristiche, ma non mi ero mai addentrata nel mondo produttivo e normativo che circonda l’olio.

Ne sono uscita sorpresa, sconvolta, delusa, affascinata, speranzosa…potrei aggiungere ancora degli aggettivi, ma la lista sarebbe davvero molto lunga. Sbagliando, ho sempre creduto che il mondo del vino fosse fatto in parte di una buona percentuale di furbetti: sofisticazioni, inciuci normativi,  vini ******** che in effetti sono vini *********, vendita di vino solo sulla carta, etc…ma il mondo dell’olio mi ha spiazzata. Non esiste una normativa seria che ne tuteli la produzione e sono assurde le sofisticazioni o gli escamotage a cui ricorrono i produttori/commercianti. Questo è però un argomento che tratteremo in un altro momento.

Da circa 6 anni Trieste è la culla di “Olio Capitale”, il salone degli oli extravergini tipici e di qualità a cui partecipano oli provenienti da tutta Italia, dalla vicina Slovenia e dalla Croazia. Il nostro focus è però indirizzato a una denominazione regionale, la DOP Tergeste, che ha ottenuto il riconoscimento nel 2004 grazie al contributo di Gianni Degenhardt, agronomo ed ex direttore dell’Ispettorato regionale dell’Agricoltura. Rientra nelle 40 DOP attualmente riconosciute, escluso naturalmente le DOP transitorie, quelle cioè per le quali si aspetta ancora il riconoscimento da parte dell’Unione Europea (che alla fine mette il naso ovunque).

La DOP Tergeste, fiore all’occhiello dell’olivicoltura triestina, è prodotta per almeno il 20% da Bianchera e la gran parte restante da Carbona, Leccino, Leccio del Corno, Frantoio e Maurino, da sole o congiuntamente. Un po’ come accade per alcuni vini DOC o DOCG…di tutto un po’. I comuni interessati sono Trieste, Muggia, Duino-Aurisina, San Dorligo della Valle, Sgonìco e Monrupino.

I 120 ha di uliveto complessivi in provincia di Trieste (DOP e non) fanno naturalmente pensare, se li si paragona ai 97.000 ha in Toscana o ai 380.000 in Puglia; infatti tutto il Triveneto da solo rappresenta solo il 2,4% della produzione nazionale. Così come è giusto che ogni regione comunque si rappresenti e si esprima attraverso la valorizzazione dei propri prodotti e tuttavia altresì giusto fare delle considerazioni ulteriori.

Se i numeri per qualche vino DOC ci fanno sorridere, qui si fa fatica a capire se si sta facendo sul serio: negli ultimi anni le produzioni nella provincia di Trieste oscillano tra i 300 e 500 q.li e a conti fatti, vista comunque la presenza di produttori medio piccoli, ciascuno di questi produce mediamente dai 20 ai 50 kg…a testa (discorso a parte per quei pochi che possedendo circa 9 ha riescono a realizzare qualcosa in più).

Di questi produttori solo 20 sono anche imbottigliatori e quindi indirizzati al mercato, che però mi chiedo: rionale, provinciale?
Non si discute sulla qualità e le caratteristiche che la Bianchera può regalare in fase organolettica, ma quello che può lasciare un po’ basiti è difatti la quantità che non rende giustizia alla qualità. I prezzi si attestano tra i 25/40 € a litro e in casi molto particolari raggiungere i 50/60 € a litro, ma si tratta di oli la cui molitura avviene su denocciolato, aumentando così i costi all’origine.

Aumentare la produzione? Perché no direte voi. Ma non si può perché non ci sono materialmente terreni e vista la configurazione della provincia triestina manca superficie coltivabile. Però…c’è un però…ci sarebbe la parte della costiera triestina o costone triestino da poter utilizzare. Quindi problema risolto? Non proprio: qualche mese fa scrissi (vedi)  in merito alla produzione di Vitovska in regione e anche in quel caso i produttori  puntavano ad affermare di voler sfruttare il costone triestino per la messa a dimora di nuovi impianti viticoli. Adesso la domanda, anzi le domande, sorgono spontanee:

La costiera verrà divisa equamente tra vigneti e uliveti nuovi?

Le viti avranno il predominio sugli ulivi, o viceversa?

O… i viticoltori e gli olivicoltori non sanno nulla delle idee degli altri e quindi chi vivrà vedrà?

Simona Migliore

Siciliana DOC, nasce a Vittoria, patria del famoso Cerasuolo. La formazione umanistica viene arricchita dei profumi delle vendemmie siciliane grazie alla collaborazione con un’azienda vitivinicola siciliana. Non beveva ancora e non aveva assolutamente idea di cosa il meraviglioso mondo del vino e della gastronomia celassero!!!

La curiosità per il mondo del vino cresce al punto da spingerla a lasciare la Sicilia. Frequenta il mondo AIS, ma decide di sposare i principi e i metodi dell’Onav. Si diletta a “parlar scrivendo” bene o male dei posti in cui si ferma a mangiare e degustare. Esperta degustatrice, Donna del Vino, esperta di analisi sensoriale, collabora con enti, consorzi e aziende vitivinicole…da qualche anno è entrata nel mondo degli Artigiani Birrai del FVG.

Nel 2009 viene adottata da Winesurf, giornale per il quale, ispirazione permettendo, scrive e degusta senza smettere mai di imparare.


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