Rossi sardi: livello medio in crescita e venti nuovi stanno spirando2 min read

Premessa: non abbiamo niente contro  bianchi della Sardegna anzi, ma continuiamo a considerare i vini rossi (assieme ai vini “dolci”) come il vero polso enoico dell’isola.

Forse perché il Vermentino è un vitigno “costiero” in un isola che non sembra un’isola, con una vita e una storia più proiettata verso l’interno che non sulle coste. Le uve rosse invece , dal multiforme Cannonau al corposo carignano ai praticamente sconosciuti ai più monica, bovale, cagnulari nieddera, rappresentano per noi l’ossatura storica della viticoltura sarda, il luogo dello spirito dove si gioca il futuro enoico condiviso di questa terra, che non vorremmo venisse vista in futuro solo come (peraltro eccellente) produttrice di vini bianchi.

I risultati dei nostri assaggi hanno da una parte evidenziato un bel miglioramento qualitativo, dall’altra una reale divisione tra chi vede il vino rosso in maniera più… (non troviamo le parole adatte ma potremmo dire)  “aperta al mondo” o più “positivamente conservatrice”.

Cerchiamo di spiegarci meglio: non si tratta tanto di contrapporre i vitigni alloctoni agli autoctoni ma quanto di far respirare in un rosso sardo le profondità e gli spigoli di questa terra. Spigoli che possono anche essere rappresentati da profumi unici e indimenticabili, o da ruspanti finezze tanniche condite da un generoso apporto alcolico, sensazioni ritrovate in un buon numero di rossi che abbiamo avuto il piacere di degustare quest’anno.

valle dei Nuraghi , Torralba , nuraghe Oes

Però non si può far finta che non esistano anche modi di fare vino, comunque rispettosi e importanti, che magari presentano impronte più immediate, conoscibili e riconoscibili dal grande pubblico e che sicuramente aprono la strada alla conoscenza dei rossi sardi.

Come vedrete dai nostri assaggi tra questi due modi di vedere il vino,  diversi ma speriamo complementari,  è venuto fuori un sostanziale pareggio, ma per la prima volta (questo è importante), non ci siamo confrontati solo su un vitigno il cannonau , o al limite su due aggiungendo il Carignano, ma finalmente si sono innalzati al rango non solo di eterne promesse vitigni come monica,  bovale, cagnulari.

Nei nostri assaggi di quest’anno spirano quindi venti nuovi, che presentano sfaccettature della Sardegna  poco conosciute e scarsamente (a torto) apprezzate.

In molti vini siamo rimasti colpiti dall’intensità delle gamme aromatiche, specie quelle non colpite dall’uso del legno, che in vitigni delicati come appunto  monica,  bovale e  cagnulari rischiano di bloccare i  fini accordi aromatici.  Ma è forse al palato che si sono visti i passi avanti maggiori, grazie ad un apertura più parsimoniosa all’alcolicità, molto più fusa e trattenuta che in passato.

Nel prossimo anno ci ripromettiamo di tornare in Sardegna, sicuramente a trovare i nostri amici produttori di Mamoiada, ma cercando anche di allargare il nostro giro per conoscere meglio le realtà che ci hanno maggiormente colpito.

Intanto fatevi “colpire” dai buoni rossi sardi: è un consiglio da amico.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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