Rosa, rosae, Chiaretto, ovvero il rosé italiano sulla cresta dell’onda4 min read

Con questo articolo inizia a scrivere per noi (faceva già parte del gruppo di degustatori) Jessica Poier. Giovanissima e ferratissima in materia enoica (ha fatto corsi ai quattro angoli del globo e leggendola si capisce) inizia parlandoci di rosé, in occasione della Pre-Anteprima del Chiaretto. Benvenuta Jessica!

 

“Rosé wines; wines historically made by two main methods: direct pressing or short maceration.”

Vini rosé, storicamente prodotti usando due principali metodi: la pressatura diretta o la macerazione breve delle uve – così Jancis Robinson definisce il rosé nel “The Oxford Companion to Wine”. Pressatura diretta, quindi. Un termine sconosciuto a molti produttori di rosé, l’unico vino che in Italia non sempre viene fatto in vigna. Punto penalizzante in confronto ai nostri amati cugini francesi.

 Exceptio probat regulam.

Un posto in cui il metodo di produzione del vino rosato riceve l’attenzione che merita tuttavia c’è: sono le colline moreniche del Lago di Garda. Il Chiaretto, un vino dalle pallide tonalità rosee, prodotto principalmente da uve Corvina e una minore percentuale di Rondinella e Molinara, ha rivelato le sue grandi potenzialità in seno all’evento “Il Chiaretto che verrà”, una pre-anteprima organizzata dal Consorzio di tutela Chiaretto e Bardolino e dal Consorzio Valtènesi il 10 dicembre scorso a Bardolino. La degustazione alla cieca di 46 campioni prevalentemente da vasca e l’avvincente masterclass “Chiaretto vs. Rosé” lo hanno evidenziato: il Chiaretto non ha niente da invidiare ai più blasonati rosé francesi, anzi. Si è dimostrato un vino di grande personalità, piacevole freschezza, bella mineralità e dalla sorprendente capacità di evolversi nel tempo.

 

Vediamo le sue origini.

Il vino rosato ha alle spalle più di 1.900 anni di storia. Risalente all’epoca romana il suo colore ha un preciso motivo. In epoca imperiale l’agricoltura (e con questa anche la viticoltura) venne diffusa tramite la costruzione delle ville rustiche romane, delle vere e proprie fattorie che riuscivano a produrre tutto ciò che era necessario al sostentamento nelle terre conquistate.  Questi nuclei erano muniti di un’attrezzatura cruciale: il torchio. È qui che, tramite la pressatura diretta e in assenza di macerazione nasce il vino rosato. Poco tempo per estrarre gli antociani, poco colore. E fin qui ci siamo. L’area prealpina del lago di Garda e la Gallia transalpina furono le ultime zone ad essere conquistate dai romani ed è questo il legame storico fra gli attuali leader internazionali di produzione del rosé e la zona del Chiaretto.

Il termine Chiaretto trova la sua prima menzione nella “Crusca Veronese” del 1806. Poco più di 150 anni dopo, fu fra le prime denominazioni in Italia a ricevere la menzione Doc (1968, Bardolino Chiaretto Doc) tracciando così la storia del rosé italiano per qualità e tradizione. Il 2014 segna un importante punto di svolta con la “Rosé Revolution”, la definizione delle caratteristiche distintive del Chiaretto (ve ne abbiamo già parlato qui): colore rosa molto pallido, sentori agrumati e una buona freschezza coniugata a sapidità per un vino fortemente identificativo del Lago di Garda. Oggi i 1.029 soci (795 viticoltori, 120 vinificatori, 114 imbottigliatori) del Consorzio Tutela del Chiaretto e del Bardolino aspettano il riconoscimento di una Doc autonoma per il Chiaretto staccandosi dalla Doc del Bardolino. “I produttori stanno man mano prendendo coscienza della necessità di investire su vigneti ad hoc per la produzione del rosato, diversi da quelli del rosso Bardolino. Solo così la Denominazione potrà crescere in termini di considerazione sul mercato.” precisa Angelo Peretti, “storico” consulente del Consorzio.

I numeri promettono bene: la produzione del Chiaretto nel 2017 ha toccato i 9,5 milioni segnando un aumento del 12% rispetto all’anno precedente. Viene venduto principalmente in Italia e Germania, con un importante incremento nei mercati statunitensi, canadesi e scandinavi. L’annata 2018 ha prodotto ottime e abbondanti uve, riscattandosi così dal più austero 2017: “Assaggiamo il nuovo Chiaretto – ci spiega Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio di Tutela Chiaretto e Bardolino – in una fase in cui il vino ha appena finito la fermentazione e si esprime in tutta la sua esuberanza. Sul lago di Garda siamo di fronte ad un’annata favorevole, che ha unito precipitazioni superiori alla media e temperature elevate, garantendo il raggiungimento di un’ottima maturazione del frutto senza smarrire la classica freschezza e sapidità dei nostri vini”.

I miei assaggi (o meglio pre-assaggi) preferiti sono stati:

Bardolino Chiaretto Classico 2018 della Cantina di Custoza
profumo delicato ed elegante di pompelmo rosa e uva spina, la forte mineralità in bocca ne allunga la persistenza.

Bardolino Chiaretto Classico 2018 di Cà Bottura
fresco, piacevoli sfumature di agrumi e frutti rossi al naso. Già maturo in bocca.

Bardolino Chiaretto Classico 2018 de Le Ginestre
naso armonico dalla seducente scia di pompelmo con un tocco di lampone, sapido in bocca e buona acidità. Promettente.

Alla Masterclass “Chiaretto vs. Rosé” sono stati messi in assaggio tre Chiaretto 2017, che si sono battuti molto bene con i più conosciuti (e costosi) rosé francesi:

  • Bardolino Chiaretto 2017 di Gentili
  • Bardolino Chiaretto Classico Biologico 2017 di Villa Cordevigo (Vigneti Villabella)
  • Bardolino Chiaretto Baldovino 2017 di Tenuta La Presa

Assaggiare il Chiaretto appena prelevato dalla sua vasca, torbido e nello stato evolutivo dei primi mesi dopo la fermentazione è stato a dir poco affascinante. Si sono rivelati dei prodotti dalle intense note primarie di pompelmo rosa, uva spina e albicocca, per la maggior parte equilibrati e molto promettenti.

Il prossimo appuntamento rosa sarà il debutto ufficiale, la vera e propria Anteprima del Chiaretto in calendario il 10 e 11 marzo 2019 a Lazise (Vr), dove potremo finalmente assaggiare i vini ad evoluzione compiuta.

Jessica Poier
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