Rassegna Vini Galluccio e Terra di Lavoro 2022, mix di storia, cultura e tradizioni7 min read

La realtà enoica dell’Alto Casertano, alle pendici del vulcano spento di Roccamonfina, nel territorio di Galluccio, ha origini  nell’epoca romana: sono inoltre luoghi ricchi di storia e di paesaggi unici, spesso poco noti.

Qui l’agricoltura e la produzione vitivinicola sono sempre state un punto nodale per l’economia del territorio e oggi queste attività vanno messe in luce, senza trascurare l’importanza delle vicissitudini storiche che le hanno segnato.

In questa cornice si inserisce la “Rassegna dei Vini di Galluccio e Terra di Lavoro”, nata nel 2018 per affiancare la festa popolare e per avviare un percorso sulla valorizzazione della produzione enologica locale. Un evento voluto e curato dell’Amministrazione comunale dell’omonimo comune casertano in collaborazione con VITICA (Consorzio di Tutela dei Vini Casertani) e con il supporto di BCC Terra di Lavoro S. Vincenzo de’ Paoli.

Vigna nel territorio del Galluccio, Foto Amato Tirelli

La manifestazione si è svolta dal 16 al 18 settembre scorso, inserendosi nella “46^ Sagra dell’Uva di Galluccio”, ma costruendo una sua identità ben delineata, mettendo in luce attraverso incontri tematici le diverse realtà produttive di questo areale.

Lo sviluppo e la ripresa delle cultivar autoctone nel territorio della DOC Galluccio (Casavecchia, Pallagrello Nero, Primitivo e Aglianico per i rossi; Asprinio, Pallagrello bianco e Falanghina per i bianchi), ha consentito la rinascita dell’antica viticoltura di quest’area. A distanza di molti anni dall’istituzione della DOC (1997) ci troviamo davanti a buoni risultati, non solo dal punto di vista della qualità, ma anche relativi allo sviluppo che tali prodotti hanno dato all’economia locale.

Durante la Rassegna sono state organizzati diversi incontri tematici.

Per quanto riguarda le degustazioni, che sono state guidate dalla giornalista Antonella Amodio in collaborazione con l’Associazione Italiana Sommelier, si sono focalizzate sulle diverse denominazioni, raccontando queste terre attraverso la storia e le caratteristiche morfologiche dell’ambiente circostante.

Durante la prima giornata, la masterclass è stata dedicata al Galluccio DOC e al Roccamonfina IGT: interessanti le diverse espressioni dei vini presentati, una bella panoramica che ha messo in luce le potenzialità di questa zona, espresse dalle etichette proposte e in particolare dal Galluccio Bianco DOC Falanghina 2021 di Porto di Mola e dal Roccamonfina IGT Chaos 2019 di Masseria Enoz.

La realtà dell’Asprino di Aversa DOC, denominazione riconosciuta dal 1993, con le sue viti che si arrampicano verso il cielo e si “maritano” agli olmi o ai pioppi, fino a raggiungere i 15 metri di altezza, è stata tra le protagoniste della seconda giornata. Questa forma di allevamento di origine antica – presumibilmente risalente agli Etruschi – prende il nome di “Alberata Aversana”, tale da ottenere delle imponenti barriere verdi, le cui uve devono essere poi raccolte da abili “equilibristi” su altissime scale. Ad oggi la percentuale di alberata è piuttosto bassa, viste le difficoltà di gestione, ma sopravvivono alcuni validi ed importanti esempi. Poco meno di due anni fa è stata iscritta nel Patrimonio Immateriale della Regione Campania, oltre alla richiesta di portare questa forma di allevamento come patrimonio culturale immateriale Unesco.

Un vino che, come ricordano le parole di Mario Soldati:”il grande piccolo vino che profuma di limone (…) e ne rimango strabiliato.” o come ancora leggiamo negli scritti di Luigi Veronelli: “Quando l’ho bevuto, mi sono emozionato. Ero in compagnia di un contadino, dalle parti di Aversa, e quell’Asprinio era eccezionalmente buono. Ben lavorato, fragile elegante, …allegro brioso… Quello che mi fa rabbia è la consapevolezza di non poterlo ritrovare. L’Asprinio sarebbe un vino splendido se venisse valorizzato”.

Si tratta di una varietà che ben si adatta non solo alla vinificazione come bianco fermo, ma si esalta nelle sue versioni spumantizzate. Lo dimostra l’Asprinio d’Aversa Metodo Classico Cripto, dell’azienda I Borboni che, con una sosta di 30 mesi in bottiglia, si mostra spumante di grande personalità e complessità,  O ancora con l’Asprinio d’Aversa Atellanum 2021 di Masseria Campito, nella sua versione di bianco fermo:  un vino ancora molto giovane, caratterizzato in modo netto dai toni agrumati. Un vino tagliente e dal finale salino.

Dalle alture delle alberate si passa al fascino del Falerno del Massico DOC, una denominazione complessa, fatta da una storia importante e antica. Vino da sempre amato in epoca romana, raccontato da tanti autori latini, era allora tra i vini più importanti. Lo testimonia nel 37 a. C. Varrone nel suo De re Rustica, e ancora le testimonianze del Falernum Opimianum (presumibilmente raccolto nelle centurie di Lucio Opimio) che troviamo in Petronio.

Probabilmente questo famoso “Falernum” può essere stato anche tra i primi vini a “denominazione di origine” del mondo, anche perché sui Dolia usati per l’esportazione veniva appunto riportato il Pittacium, una sorta di etichetta che segnalava il nome del produttore e l’età.

Tra i vini degustati interessante il Falerno del Massico Bianco Arianna 2019 di Tenute Bianchino, per le sue note intense di ginestra e magnolia a cui si uniscono le note fruttate e carnose di percoca; fresco e coinvolgente al sorso, con una traccia sapida che lo rende intrigante e invita al sorso successivo.

Mentre il rosso il Falerno del Massico Rosso Campantuono 2019 di Papa, prodotto con uve Primitivo 100% (Biotipo Falerno), conquista per le sue note di frutto rosso, more e ribes nero, a cui si uniscono tracce speziate di radice, grafite e cacao. In bocca avvolge il palato in un caldo abbraccio.

Durante la terza e ultima giornata è stata presentata la denominazione Terre del Volturno IGT, un territorio talmente vasto dove sono comprese tante varietà, ma che comunque ha un comune denominatore nel fiume Volturno. Per l’incontro si è focalizzata l’attenzione sulle varietà Pallagrello, uno dei pochi vitigni al mondo che ha sia il clone a bacca nera (Pallagrello Nero), sia il clone a bacca bianca (Pallagrello Bianco) e sul Casavecchia.

Il Pallagrello, il cui nome deriva dal termine dialettale “pallarello” (rotondetto) – che ne sottolinea la caratteristica forma degli acini piccola e tonda – è originario di Monticello nel comune di Piedimonte Matese; se ne hanno numerose risultanze storiche riconducibili secondo alcuni addirittura all’uva che nell’antica Roma chiamavano pilleolata.

Tra i vini in assaggio coinvolge il Pallagrello bianco Terre del Volturno IGP “Verginiano” 2018 de Il Verro, scelto proprio per far apprezzare questa varietà anche con qualche anno in più sulle spalle. Si tratta di un bianco affascinante già alla vista, che esprime profumi fruttati di albicocca, arancia bionda, a cui si uniscono nuances di nepitella, ginestra e pepe bianco. Un vino di grande energia e freschezza.

Roccioso, speziato, note di pietra focaia, con una coinvolgente carica agrumata  il Pallagrello Bianco Le Serole 2019 di Terre del Principe si distingue per il suo bilanciamento gustativo acido- sapido. Riguardo i rossi invece il Pallagrello Nero L’Ombra Calma Della Quercia 2018 di  Aia delle Monache esprime note di sottobosco e frutta rossa; elegante, agile e coinvolgente al sorso.

Chiude il Casavecchia di Pontelatone Riserva Trebulanum 2017 di Alois, un rosso affascinante, di grande ricchezza olfattiva, strutturato e avvolgente al palato.

La “Rassegna di Vini di Galluccio e di Terra di Lavoro” ha messo in luce non solo alcuni dei tantissimi vitigni autoctoni campani, ma ha dato modo di portare all’attenzione le peculiarità di quest’area dell’Alto Casertano, fuori dalle principali rotte enoiche.

Fosca Tortorelli

Fosca Tortorelli, classe 1978, è Dottore di ricerca in Architettura, Giornalista Pubblicista. Degustatore Ufficiale A.I.S.. Ha perfezionato il suo profilo approfondendo gli aspetti di marketing e comunicazione del vino, con il conseguimento del Master Sommelier ALMA-AIS Da sempre appassionata di enogastronomia, collabora con diverse testate online. Ha perfezionato la sua formazione anche in altri ambiti di settore enogastronomico, conseguendo i titoli di Maestro Assaggiatore ONAF; Brand Ambassador presso l’Azienda Case Basse di Gianfranco Soldera di Montalcino; Master Critica Enogastronomica (I.F.A – Milano); Assaggiatore Professionista di olio d’oliva certificato (Oleum); Sensory Skills Professional (SCA).

Fa parte dei Narratori del Gusto, collabora alla vita associativa dell’Associazione Italiana Sommelier seguendo i corsi come Segreteria degli stessi, oltre ad aver fatto parte fino al 2017 del Gruppo Servizio.

È inoltre socia delle Donne del Vino con il ruolo di Vice Delegata della Campania; l’associazione vede riunite tutte le categorie della filiera vitivinicola, dal vigneto alla cantina, dalla tavola alla comunicazione.


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