Raffaele Moccia a Agnanum: altro che viticoltura eroica, qui si sfiora il Premio Nobel!5 min read

Brecht lo chiamava “effetto di straniamento”: in soldoni lo spettatore non avrebbe dovuto farsi trascinare sentimentalmente nella storia che stava seguendo, per capire così al meglio gli argomenti trattati e esserne un giudice consapevole.

Incontrando Raffaele Moccia l’effetto straniamento è fondamentale, altrimenti staresti a inginocchiarti ogni 5 minuti.

Dove lo trovate infatti un viticoltore che scala (il termine non è scelto a caso, viste le pendenze) instabili colline di sabbia e polvere vulcanica più e più volte al giorno per piantare, sarchiare, potare, cimare, vendemmiare etc. vigneti che riescono a vivere solo grazie a questo immane lavoro manuale ma che, proprio per le caratteristiche del terreno, non solo danno poca uva ma iniziano a darla dopo diversi anni?

Dove lo trovate uno che disbosca a mano macchie cinghialesche per piantarci solo poche viti?

Dove lo trovate uno che rischia di bruciare vivo perché mentre sta lavorando in vigna qualcuno da fuoco alla macchia vicina e lui per salvare le vigne dalle fiamme si ritrova mezzo bruciacchiato?

Dove lo trovate uno che lavora tutto a mano e che solo da poco tempo ha messo (udite, udite!) un tubo per portare l’acqua in cima alla collina, così da evitare di fare 100 volte al giorno su e giù con i secchi pieni?

Dove lo travate uno che viene “ricattato” con queste parole “Guarda che se non lo prendi in affitto tu questo vigneto lo espianto!” e quando vede che fanno sul serio togliendo un filare si precipita a dire “Fermi, fermi, lo lavoro io!” pur lavorando già dalle 5 di mattina alle 10 di sera?

Potrei continuare ma capite l’importanza dell’effetto di straniamento?

Siamo nella la zona dei Campi Flegrei, praticamente nella periferia nord di Napoli: un territorio con una bellezza spesso deturpata e dove la vigna è simbolo di riscossa della terra sull’uomo. Le vigne di Raffaele si trovano tutte in un anfiteatro naturale che domina… l’ippodromo di Agnano. In realtà dalla cima della collina si vede il mare e un mondo meraviglioso, ma mi soffermo sui dintorni dell’ippodromo per farvi capire che queste colline instabili erano e sono stabilmente utilizzate per costruirci case , capannoni e magazzini. Il mercato immobiliare è forse (adesso un po’ meno) il grande nemico di Raffaele.

E visto che siamo ad Agnano la sua cantina non può che chiamarsi Agnanum. E’ la terza volta che vengo da lui e ogni volta rimango sorpreso dall’ incredibile mole di lavoro che quest’uomo riesce a sobbarcarsi per produrre dei vini buonissimi che vende a molto, molto meno del loro valore.

Le vigne di Raffaele sono l’esatto opposto del vigneto ben curato, cimato, rasato, pettinato. Qui non siamo nel collegio della vite, dove tutte le piante devono essere vestite uguali, ma in una specie di meravigliosa giungla enoica, dove ogni vite deve essere conosciuta “pirsonalmente di pirsona”, ad una ad una, per poterla aiutare a crescere e a produrre. Volete mettere rispetto ad un bel “vigneto collegio”  la difficoltà di avere viti con allevamento e “forma mentis” diverse l’una dall’altra?

Falanghina e Piedirosso le uve coltivate, anche se nei vari appezzamenti si trovano altre uve che conferiscono ai vini di Raffaele caratteristiche uniche. Non per niente il suo Piedirosso ha profumi che lo fanno sembrare un Gewürztraminer, e scusate se è poco.

Con Raffaele la visita è sempre incentrata sul vigneto. Per lui la cantina è solo un luogo dove le uve diventano vino: sono convinto che se potesse venderebbe  l’uva a grappoli pur di non “distruggere” il grande lavoro fatto in vigna.

Un lavoro che, ripeto, non serve solo a produrre ottime uve ma a mantenere, anzi a “tenere su” queste erte colline che in certi momenti mi ricordano i castelli di sabbia che facevamo da bambini. Se pensate che esageri fate un salto da Raffaele oppure guardate questa foto dei miei piedi dopo un po’che si camminava nelle vigne, o i solchi della foto sotto che praticamente ogni mese Raffaele deve rifare con la vanga per permettere alle piogge non solo di non fare danni ma di defluire in delle specie di buche/cisterne da cui lui poi prende l’acqua per irrigare le vigne.

Raffaele ma non potresti farti aiutare da qualcuno?” “Certo, anche quest’anno sono venuti cinque ragazzi ma dopo un giorno sono andati tutti via!”

Certo che vanno via! Dopo due ore che giravo in vigna con lui seguendo i suoi ritmi non vedevo l’ora di andare in cantina per tirare il fiato, figuriamoci quei poveracci cosa hanno dovuto fare in una normale (per Raffaele) giornata di lavoro.

Poi arrivi in cantina e non c’è naturalmente tempo per assaggiare i vini ma a Raffaele questo non interessa “Tanto li assaggerete a pranzo.” E il discorso è chiuso

La cantina è però il regno del giovane Gennaro, che per stare dietro a un padre così “vulcanico” credo debba sudare ogni giorno sette camicie e mezzo.

Ma i vini noi li avevamo già assaggiati a Campania Stories ed eravamo rimasti di stucco davanti a due “Gewürzrossiner” , cioè a due suoi Piedirosso, il Campi Flegrei 2019 e il Campi Flegrei  Vigna delle Volpi 2019, vini dai profumi intensissimi (ricordano appunto il Gewürztraminer!) di frutta rossa e nera, pepe, lavanda, rosa e con una bocca lineare ma sostenuta il primo, ampia e corposa il secondo, senza però che i tannini creino scompensi e spigoli accentuati. La sua Falanghina 2019 è meno esplosiva dal punto di vista aromatico ma ha corpo e sapida freschezza: è un vino che migliora e si completa nel tempo.

Per finire in maniera adeguata mi sono andato a cercare la definizione di vigneto eroico e ve ne riporto la prima parte, la più importante “Si definiscono eroici i vigneti ricadenti in aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico o situati in aree ove le condizioni orografiche creano impedimenti alla meccanizzazione”. Sinceramente non conosco vigneti più soggetti, giornalmente, a rischio idrogeologico  e praticamente impossibili da meccanizzare di quelli di Raffaele.

Per questo  mi sento di proporre le meravigliose, complicatissime, difficilissime da lavorare, ripidissime, dal terreno sgarruppatissimo vigne della cantina Agnanun per l’inserimento tra i vigneti eroici. E’un dovere che il mondo del vino di qualità ha nei riguardi di Raffaele Moccia e di suo figlio Gennaro.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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