Polvanera 16 e 17: verticale da dare i numeri!6 min read

Potremmo usare appellativi evangelici come i dodici apostoli, o biblici come i dodici cavalieri dell’Apocalisse, o musicali come i dodici concerti di Vivaldi ma il succo non cambia. Giovedì 10 aprile abbiamo avuto dodici occasioni probabilmente irripetibili (tutte assieme)  per attraversare la breve ma importante storia dell’azienda simbolo di quella perla enologica che è Gioia del Colle, cioè Polvanera.

 

L’ azienda di Filippo Cassano si è imposta in pochi anni all’attenzione generale grazie a due Primitivi di Gioia del Colle, il 16 e il 17, che non potevano non colpire qualsiasi appassionato di vino per intensità e complessità aromatica, corpo, potenza e armonia. Solo sei annate in commercio per ognuno è già siamo nell’immaginario collettivo.  

Provenienti da terreni diversi hanno in comune viti vecchie o vecchissime (per il 17 si arriva ai 70 anni) ad alberello, con rese attorno ai 35-40 quintali ad ettaro. La vinificazione e l’affinamento è esclusivamente in acciaio, un’idea in assoluta controtendenza che è però il punto focale del loro successo. Filippo infatti aveva provato ad usare la barrique, anche per una piccola parte del vino, constatando che il legno riusciva più a coprire che ad esaltare le caratteristiche di questi primitivi.

 

Se un dubbio c’era su questi vini riguardava e riguarda la longevità, sia parlando genericamente di Primitivo sia scendendo nel “particualre” dei due prodotti. Filippo Cassano ci ha concesso l’onore di constatare le condizioni di tutte le 12 annate prodotte (6 per ogni vino) durante una meravigliosa cena al Cibus di Ceglie Messapica. Già la stupenda cena da sola varrebbe un articolo, ma ci perdonerà Lillino se per una volta lo mettiamo in secondo piano.

 

La prima domanda che abbiamo fatto a Filippo è stata “Ma quante volte l’hai fatta una degustazione del genere” e la risposta ci ha lasciato di stucco  “E’ la prima e, visto anche il numero di bottiglie delle primissime annate che mi sono rimaste, credo anche l’ultima!” Ci siamo così sentiti ancora più onorati e abbiamo cercato di attraversare con la giusta attenzione quel mare magnum di aromi, corpo e complessità che questi due vini si portano dietro. Alla fine 12 bicchieri davanti ad ognuno, 12 vini (purtroppo 11, perché c’era un tappo) che hanno evidenziato alcune cose:

1.     un grande Primitivo di Gioia del Colle non ha bisogno di legno per emergere, maturare e mantenersi complesso e armonico.

2.     il Primitivo, grazie ad una tannicità morbida, è un vitigno versatile e comunque adatto a molti piatti anche non molto impegnativi, come le carni bianche.

3.      anche con qualche anno di invecchiamento alle spalle questi vini si esprimono alla grande e la curiosità adesso sarà scoprire cosa succederà tra 5 o 10 anni.

 

Di seguito troverete una piccola scheda scritta da Pasquale Porcelli per ogni vino. E’ una cosa che non facciamo praticamente mai, ma per un’occasione del genere….

 

Un grazie grosso come una casa a Filippo Cassano per averci dedicato 12 bottiglie del suo “harem” enologico.

 

 Degustazione

 

 

Polvanera 16

 

2010

Ultima annata in commercio. Inizialmente ritroso olfattivamente  si apre col tempo su note floreali di macchia mediterranea, di prugna matura e cioccolato. Bocca  potente, piena, con accenni tannici nel finale che confermano la sua gioventù.

 

2009 

 Colore compatto, fitto, quasi impenetrabile. Al naso si alternano note floreali e fruttate con buona dose di spezie dolci. In bocca ha una bella ampiezza, rotondo e potente con un finale che mostra tannini ancor più giovani del 2010.

 

2008 

Un quadro olfattivo che si muove più decisamente sulle note fruttate mature  e speziate, con richiami di mora , tabacco, cioccolato e poi ancora menta e timo. In bocca ritornano i toni fruttati, che confermano le sensazioni olfattive, con una ampiezza e larghezza molto eleganti. In chiusura tannini dolci e maturi.

 

2007

Senz’altro il campione più convincente che forse meglio rappresenta questo vino, in questo momento. Un naso che ricorda la frutta candita, fichi, miele e poi macchia mediterranea in un alternarsi elegante. La bocca resta potente, dolce e succosa andando a chiudere con tannini quasi setosi e sensazioni di liquirizia e tabacco, mentre l’acidità si mantiene ancora fresca e viva.

 

2006

Forse olfattivamente meno complesso ed intenso , con note che richiamano frutti di sottobosco ed a tratti anche humus. La bocca resta sempre di grande impatto con un frutto dolce e speziato.

 

2005

Gli anni lo segnano con un frutto serrato che poi cede a note terrose e di sottobosco. La bocca è sempre di buona consistenza, con un finale di grande piacevolezza dove tornano i toni fruttati sottolineati da liquirizia e tabacco dolce.

 

Polvanera 17

 

2010 

Macchia mediterranea, prugna nera e ciliegia poi  piccoli frutti neri ma anche  spezie e note balsamiche . Si presenta così al naso questo millesimo, con una bocca succosa con cenni di cioccolato e tabacco. Chiude in crescendo con un bel finale di caramello e tannini dolci.

 

2009

E’ quello che si è lasciato apprezzare di più con profumi floreali intensi  di mirto ed a tratti anche di ginestra che cedevano poi ad un frutto che ricordava la mora e la prugna nera.  La bocca è sempre di grande impatto, elegante e profonda. Il finale è di ottima persistenza con sensazioni di liquirizia, tabacco dolce e accenni di sapidità.

 

 

 

 

 

2008

 

I profumi ricordano la ciliegia e la prugna nera matura, anche se non particolarmente intensi. Il frutto sembra non esprimersi  compiutamente anche percependo note di  cioccolato, tabacco e balsamiche. In bocca pur presentandosi in modo pieno non riesce a distendersi perdendo in persistenza e risultando un po’ corto.

 

2007 il tappo lo ha rovinato irrimediabilmente.

 

2006

 

Il naso inizialmente ritroso, si apre con note di piccoli frutti neri ma con una certa imprecisione. Meglio in bocca con il consueto bagaglio di frutta succosa ma contrassegnata da una certa stanchezza acida. Il tempo lascia i suoi segni in questo caso.

 

2005

 

Non mostra cedimenti invece questo millesimo con profumi complessi e ancora di buona intensità di erbe officinali, frutti neri con sfumature balsamiche. Bocca ampia, dolce ed elegante, sorretta da una acidità ancora viva che lascia spazio nel finale a tannini ben levigati e sensazioni sapide.

 

 

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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