PiùFreisa: la Freisa vista con occhi al futuro e piedi per terra4 min read

si parla di quasi 40 anni fa: era una delle prime volte che visitavo la Langa e  i miei amici dell’allora Arcigola (adesso Slow Food) facevano a gara per farmi assaggiare vini potenti e strutturati, pieni di tannino.

Vini buonissimi ma ad un certo punto di una serata mi ritrovai nel bicchiere qualcosa di completamente diverso: profumava di ciliegia, fragola, mora, era leggero ma il tannino c’era e soprattutto era frizzante. Era una Freisa frizzante e venni fulminato dal quel vino giovanissimo, profumato, spettacolare a tavola con i piatti della tradizione piemontese.

Purtroppo la Freisa, in questi quaranta anni ha perso mercato, ettari e appassionati, sino a ridursi (a parte alcune zone del Piemonte) quasi ad un ricordo del passato, coltivato da qualcuno solo come completamento di gamma.

 Così troviamo delle Freisa in cantine blasonate di Langa e in piccole e quasi sconosciute realtà dell’astigiano e addirittura della zona di Pinerolo. Un piccolo mondo antico  un po’ a macchia di leopardo, ma per fortuna è nata PiùFreisa, l’associazione dei produttori della Freisa che vuole dare nuova vita al leopardo, riportando la Freisa nella posizione storica e di mercato che le compete.

Per ora sono solo 25 i produttori (naturalmente producono anche altri vini) che fanno parte dell’associazione ma sono pronto a scommettere sulla loro crescita, perché sul mercato la Freisa potrebbe e dovrebbe avere un ruolo molto più importante.

Siamo di fronte ad un vino/vitigno con tannini indubbiamente vividi, di buona acidità e con profumi fruttati molto intensi da giovane. Va vinificata con attenzione per non estrarre troppo dai vinaccioli e in questo assomiglia abbastanza ad un altro vitigno che si sta risollevando, il grignolino.

Noi siamo andati ad visitare cantine, conoscere produttori e naturalmente assaggiare i loro vini, che di diritto da quest’anno saranno sempre all’interno della nostra guida. Ma per conoscere i risultati degli assaggi dovrete attendere settembre, quando inizieremo a pubblicare i risultati degli assaggi in rosso. Possiamo solo dirvi che abbiamo avuto delle belle e positive sorprese ma adesso concentriamoci su produttori, idee e territorio.

Partiamo dall’ultimo, che è forse il maggior pregio e il peggior difetto per questo vino: da una parte infatti siamo in bellissimi territori collinari, sia dell’Astigiano, della Langa , del Pinerolese o del Chierese, dall’altra la Freisa ricade in molte denominazioni e quindi è piuttosto difficile tracciarne un filo conduttore comune “Doc”.

I produttori  stanno cercando di superare questo dato di fatto, unificandosi sotto il marchio associativo ma qui si tocca il secondo pregio/difetto della Freisa e cioè le moltissime tipologie di produzione. Si va dalla frizzante (anche dolce) , a varie tipologie di ferma, più o meno invecchiata, per arrivare anche a versioni passite.

Noi abbiamo assaggiato tutte le tipologie e  in ognuna di queste ci sono ottimi vini. Questa malleabilità del vitigno rischia però di creare un problema quando si arriva, appunto, sul mercato, perché non è pensabile commercialmente, per un gruppo di produttori che vogliono far crescere un vino/vitigno che pochi conoscono e apprezzano, proporre vini di tipologie molto diversi tra loro: il consumatore rimarrebbe un po’ interdetto da tanta diversità.

Ripeto che questa è una piacevole diversità, perché dalla Freisa frizzante (mon amour!) a quella maturata in legno, da lungo invecchiamento e che esce praticamente dopo 7/8 anni c’è un mondo di possibilità e buoni vini  che però dovrebbe essere ricondotto ad un range più preciso, almeno per proporsi coralmente al mercato, in maniera abbastanza univoca e facilmente comprensibile.

Se dovessi dare retta al mio cuore proporrei a tutti di puntare sulla frizzante, ma capisco che la mia è una posizione di retroguardia. Molto più realistica è invece l’idea di proporre una Freisa ferma giovane, diciamo attorno ai due/tre anni, anche passata leggermente in legno, che ancora si porta dietro i bellissimi profumi del vitigno e nello stesso tempo ha corpo e tannicità “equilibrati ma birichini”. Un “vino/minino comun denominatore” del genere, visto anche il buon prezzo a cui potrebbe essere proposto,  molto probabilmente riuscirebbe a dire la sua nel mercato dei vini giovani.

Speriamo che l’associazione PiùFreisa, riuscita nel compito di radunare attorno al vitigno sempre più produttori, riesca anche nell’intento di far nascere una tipologia comune con cui presentarsi sul mercato, perché la Freisa lo merita.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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