Perché è giusto confrontarsi con chi sostiene che il vino fa venire il cancro4 min read

L’argomento è spinoso, anzi è forse il più spinoso che ci sia per il mondo del vino e sapete perché? Perché è vero che il vino  fa male! Magari non fa venire il cancro come si potrebbe capire dal Europe’s Beating Cancer Plan, ma dobbiamo guardare in faccia la realtà.

Se riusciamo ad ammettere questo (e ammetterlo è difficile  e mi fa anche un certo effetto ) la discussione si può incanalare su binari sicuramente più logici e meno partigiani.

Per almeno tre mesi abbiamo discusso se i vaccini contro questa tragica pandemia potessero avere gravi controindicazioni e mi sembrava che se ne fosse usciti con alcune sagge parole del tipo “Non esiste un qualcosa che sia a rischio zero”. Che poi sia giusto cercare di azzerare i rischi o di renderli minimi è certo cosa buona e giusta ma i rischi ci sono e restano sempre in agguato.

Salendo di livello, cioè entrando nel campo economico che assomma migliaia di cose (storia, cultura, costumi, società, e altre millanta voci), le cose che fanno male o che potrebbero fare male si moltiplicano a dismisura. Non voglio fare il catastrofista ma l’energia atomica non è certo una caramella di menta (anche questa può far male!) e, abbassando il tono,  l’auto o la moto che usiamo tutti i giorni per andar a lavorare non sono pericolose? Lo sono tantissimo e non per niente per guidarle bisogna fare degli esami, rispettare molte regole, senza contare che tante case automobilistiche basano le loro vendite sul concetto di auto sicura.

Trovatemi un prodotto, alimentare o meno, che non abbia controindicazioni se non salutistiche , sociali! Ho detto salutistiche e sociali perché non si può non considerare che qualsiasi cosa noi produciamo, utilizziamo o ingeriamo  ha sempre un rovescio della medaglia, quello sociale ed economico della “non produzione”. Se realmente volessimo mettere al bando i prodotti pericolosi cosa ci stanno aperte a fare le fabbriche di armi?

Quindi, entrando nel campo del vino, e vero che può fare  male e ne abbiamo esempi tutti i giorni: non possiamo abbassare lo sguardo  davanti alle decine di migliaia di alcolisti, di persone rovinate dall’alcol. Però ci sono anche milioni di persone che non solo riescono a gestire il loro rapporto con il vino ma hanno ricordi meravigliosi e quotidiani di un buon bicchiere di vino, per non  parlare di coloro che ci vivono producendo questi “ricordi meravigliosi”.

Per questo bisogna capire che le recenti prese di posizione della  Direzione Generale della Salute e Sicurezza  Alimentare della Commissione Europea su vino, salumi e carne (come detto, non solo il vino può far male) , che puntano non solo a ridurre i fondi per la promozione ma anche a equiparare i rischi del vino a quelli del tabacco con scritte minatorie sulle bottiglie  non possono essere considerate semplicemente come inaccettabili  ma devono essere valutate con attenzione.

Perché, per esempio, non si potrebbe scrivere sulla bottiglia in maniera chiara che berne un certo quantitativo può far bene, che un consumo responsabile è bere al massimo  due calici di quella bottiglia? (del resto la scritta che fa male in gravidanza è già presente  in molte nazioni e non ha creato fughe dal vino, anzi).

Perché non si può pensare di usare i fondi della promozione per lanciare campagne che insegnino a conoscere pregi e difetti dell’alcol e a  consumarlo in maniera responsabile?

Perché non si può chiedere alla Commissione di intervenire  per controllare in maniera più attenta il valore reale di varie sigle (Vedi HVE in Francia e il caso di Valérie Murat) che dovrebbero controllare  la presenza di sostanze veramente velenose all’interno del vino?

Perché non chiedere fondi per diminuire il carboon footprint e adottare a livello europeo bottiglie più leggere?

Perché non contrattaccare chiedendo una campagna che presenti l’obesità come un male sociale e quindi predichi in favore di un equilibrio nei consumi alimentari in toto?

Si potrebbero fare tante cose invece di trincerarsi dietro la perdita di posti di lavoro (importantissimo  motivazione ma che fa poca presa su chi pensa di svolgere un ruolo sanitariamente importantissimo)   o  il sentirsi offesi per aver toccato un prodotto storico e quasi “sacro”.

Alla fine, si tratta di politica  e starebbe al mondo del vino, tutto assieme, indicare strane nuove e politicamente interessanti per far capire che l’equilibrio nell’alimentazione, dal bere vino al mangiare patate, può essere raggiunto senza criminalizzare nessuno anzi, facendo stare meglio tutti.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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