Interviste Covid-19. Antonio Rallo, DOC Sicilia “A favore della potatura verde e della distillazione, ma con prezzi differenziati”9 min read

Con le nostre interviste arriviamo in Sicilia e andiamo a parlare con Antonio Rallo, Presidente del Consorzio Tutela Vini DOC Sicilia.

Winesurf “Buonasera Presidente, prima di tutto la salute: tutti bene?

Antonio Rallo “Tutti  bene, grazie. C’è da dire che la Sicilia è stata abbastanza fortunata e non ci sono stati  molto casi. Meno male perché il nostro sistema sanitario non credo avrebbe retto ad un impatto devastante, come purtroppo è stato vissuto in altre regioni d’Italia.”

Foto Fabio Gambina

W. “Dove la trovo adesso, in azienda? Anche se dire azienda per voi è un po’ riduttivo visto che di cantine in Sicilia ne avete più di una.”

A.R. “Per fortuna il nostro lavoro c’ha reso possibile andare sia in vigna che in cantina. Un vantaggio non  da poco considerando che il lockdown è stato molto lungo. Se penso che mia nipote, abituata a vivere in campagna,  è stata chiusa in casa, a Bolzano, in 40 metri quadrati per 50 giorni non immagino come possa aver fatto.Deve essere stato duro vivere così.”

W. “Sono quasi arresti domiciliari.”

A.R. “Indubbiamente è il giusto nome per chi deve stare chiuso a casa.”

W. “La Doc Sicilia, di cui lei è presidente, pensa che in questo momento sia meglio la distillazione, la potatura verde o altro?

A.R. “Partiamo dal presupposto che a tutti noi siciliani buttare la nostra produzione, come direbbero in Toscana “non ci garba proprio”. Oltretutto di uva ne facciamo poca, per cui non è certo una cosa che ci fa piacere. Però la situazione è davvero difficile: veniamo da una vendemmia piuttosto scarsa, però stiamo raggiungendo i livelli di scorte dello scorso anno. Per fortuna in Sicilia la 2019 è stata un’ottima vendemmia e quindi un po’ da tutte le parti sono venuti a “razziare” sul nostro mercato e quindi anche le cantine sociali sono abbastanza vuote. Però, visto che stiamo perdendo tra il 35% e il 40% di consegne per il lockdown e il futuro non appare roseo…”

W. “Quindi, se ho capito bene, a voi non interessa né la distillazione né una forma di riduzione della resa sia in vigna che, eventualmente in vino, o sbaglio?”

A.R. “Diciamo che non ci interesserebbe ma, considerando il fatto che non sarà consumato tanto vino crediamo opportuno che una parte della produzione italiana, sicuramente in eccesso, venga distillata. Noi siamo a favore della distillazione che, considerando ogni regione possa avere in eccesso o vino Doc, Igt o da tavola, preveda remunerazioni diverse tra le varie tipologie, in modo da non penalizzare troppo chi  è già maggiormente penalizzato, cioè chi racchiude tutta la filiera ed ha come sbocco il settore Horeca. Quindi la distillazione potrebbe andare ma con prezzi maggiori per i vini Doc.

W. “In Francia si parla di 0.80€ al litro…”

A.R. “Questo potrebbe essere un prezzo possibile, abbastanza prossimo ai valori dello sfuso di tante DOC. Noi siamo comunque contrari al fatto che ci sia un eccesso di vino sul mercato e la distillazione può aiutare in questo senso, considerando anche  che spesso in distillazione va il vino meno buono. Comunque credo che, considerando la situazione contingente , ci potrebbe essere da distillare un volume di vino attorno ai 5 milioni di ettolitri per quanto riguarda l’Italia intera, (cioè circa il 10% della produzione media annuale. n.d.r.) .”

W. “E per quanto riguarda la vendemmia verde?”

A.R. “In Sicilia abbiamo una situazione un po’ particolare, con tantissima cooperazione e con delle rese per ettaro molto basse. Per questo, per quanto ci riguarda siamo favorevoli ad una eventuale vendemmia verde che, come previsto dal’ OCM ,riguardi tutta la produzione, ma siamo favorevoli anche, per altre regioni, a vendemmie verdi con percentuali diverse.”

W. “In effetti la vendemmia verde è prevista adesso solo per il 100%  della produzione.”

A.R. “Certo, infatti in Sicilia dovrebbe uscire a giorni un bandoper la vendemmia verde. Speriamo che qualche migliaio di ettari possa essere interessato a questo, in modo da togliere di mezzo produzioni che qualitativamente non sono le migliori e così avere meno vino. La nostra proposta in regione è stata quella di prevedere la vendemmia verde solo sui vitigni a bacca bianca.”

W. “Cosa ne pensa della proposta  che i fondi OCM 2020 Vino per la promozione, possano essere dirottati verso altre forme di utilizzo,  tipo acquisto di vasi vinari per lo stoccaggio dei vini o strutture dove poter conservare sia il vino sfuso che quello imbottigliato?”

A.R. “Noi partiamo da un ragionamento molto semplice: il mondo del vino italiano vale tra gli 11 e i 12 miliardi di euro, attualmente perdiamo circa 350 milioni di fatturato al mese, quanti miliardi di euro perderemo alla fine dell’anno? Speriamo pochi ma bisogna anche essere realisti. Per dare ristoro a questa filiera, dove ci sono aziende che stanno perdendo attorno al 90/95%  c’è realmente bisogno di risorse aggiuntive. Quindi noi siamo per una distillazione o una eventuale riduzione delle rese che venga compensata da fondi straordinari europei.”

W. “Nei giorni scorsi ho seguito un incontro online dove Bruno Vespa intervistava sia la Ministro dell’Agricoltura che personaggi importanti come Renzo Cotarella e Piero Antinori. Ad un certo punto Piero Antinori ha detto che bisognerebbe utilizzare la totalità dei fondi OCM stanziati per promuovere, da domani, il vino italiano nel mondo e così cercare di riprendere quote di mercato. Questo andrebbe all’opposto della richiesta di cui si parlava prima, quella di utilizzare i fondi OCM 2020 per acquisto di vasi vinari per stoccaggio. Lei, tra queste due proposte, quale preferisce?”

A.R. “Lasciando stare la mia personale opinione, che per fortuna è perfettamente coincidente con quella del consorzio, siamo assolutamente a favore di investire il più possibile in promozione. Negli ultimi 10 anni il vino italiano è molto cresciuto grazie all’OCM promozione, che ha stimolato le aziende a investire di più sull’ export. Il gap che c’è  sui mercati esteri rispetto a competitor come Francia, o nei mercati emergenti dell’Asia con Australia, Cile e Argentina, è sempre dato dai budget disponibili per le aziende. Quindi assolutamente l’Italia ha necessità di investire in questo settore per non perdere competitività. Lo stanziamento di fondi ulteriori sarà solo per interventi straordinari in situazioni straordinarie e  la distillazione lo è. Ora è necessario farla ma bisognerà usare fondi al di fuori di quelli normalmente utilizzati.”

W. “I  motivi basilari per cui un giovane dovrebbe mettersi a coltivare uva e fare vino in Sicilia.”

A.R. “La Sicilia è in un momento magico: territori che producono vini con una fortissima identità, vini puliti, anzi “buoni, puliti e giusti”.  Abbiamo una natura meravigliosa ed un clima perfetto per la viticoltura. Estate secca e quindi uva sana, poi si può piantare in zone che vanno dalla montagna al mare, abbiamo circa 70 vitigni autoctoni, di stimoli ce ne sono tantissimi.”

W.”I motivi basilari per cui un giovane non dovrebbe mettersi a coltivare uva e fare vino in Sicilia.”

A.R. “(Ridendo) Ora non mi posso smentire, diciamo che vedo la cosa solo dal punto di vista positivo.”

W. “Si appella alla Convenzione di Ginevra?”

A.R. “(Ridendo) Mi avvalgo della facoltà di non rispondere. Scherzi a parte, bisogna avere un piano, un progetto e poi bisogna credere in quello che si fa. Si stanno aprendo nuovi mercati e la Sicilia negli ultimi anni ha avuto un grande successo come meta turistica.”

W. “Lei ha parlato del grande successo del vino siciliano negli ultimi 10-15 anni. Se lei, in questo generalizzato miglioramento, dovesse trovare il maggior difetto della viticoltura siciliana cosa mi direbbe? In che cosa avete sbagliato in questi anni?”

A.R. “Abbiamo sbagliato nel passato, partendo troppo tardi nel pensare al mercato e purtroppo all’inizio poche sono state le aziende che ci hanno puntato. L’agricoltura europea è stata spesso troppo aiutata e questo aiuto ha portato a un non reale sviluppo. La Sicilia per molti anni ha vissuto sulle misure di mercato e non SUL mercato, inseguendo l’aiuto che veniva dall’Europa più che mettersi a fare il vino buono e cercare di farlo capire al consumatore. Per fortuna piano piano ci siamo convertiti alla qualità, che per la Sicilia è l’unico modo per stare in piedi. Quando produciamo tanto arriviamo a 60 hl. di vino per ettaro e quindi siamo “condannati” alla qualità.”

W. “Un vecchio detto recita che una DOC garantisce tutto a parte la qualità. In effetti quali sono le cose che la DOC Sicilia deve soprattutto garantire?”

A.R.“In primis deve proteggere il nome Sicilia, che è un marchio fortissimo, un punto di forza della produzione italiana. Ma occorre stare attenti a come può andare nel mondo questo marchio e quindi servono regole per tutelare il lavoro dei produttori bravi da una parte e il consumatore dall’altra.”

W. “Ho letto che lei la mattina fa sempre 30 minuti di ginnastica. Intanto complimenti per la costanza. Ma lei è di quelli che quando fa sport pensa o cerca di lasciare vuota la mente?”

A.R. “Purtroppo in questi periodi penso troppo e non è una cosa buona. Dovrei concentrarmi sul mio corpo ma in queste ultime settimane, con quanto accade, non sempre ci riesco.”

Etna, vigneti.

W. “Lei, pur essendo agronomo, in azienda svolge vari ruoli. Quando l’Antonio Rallo agronomo litiga con l’Antonio Rallo direttore, di solito chi vince?”

A.R. “Per fortuna vince sempre l’agronomo, altrimenti non saremmo riusciti a raggiungere questi livelli. Sono contento così ma anche tutta la nostra famiglia credo sia contenta. Anche se certe decisioni sono difficili, essendo una famiglia possiamo decidere con il cuore e non con la calcolatrice.”

W. “Un’importante fetta del vigneto Sicilia, oltre il 35% , è biologico. Crede che questa sia dovuto:

  1. Ad una sensibilità particolare.
  2. Alla relativa facilità della conduzione biologica in una regione dove le precipitazioni sono scarse.
  3. Al contributo per la conversione.

A.R. “Diciamo che il punto B è in forte vantaggio e se non ci fossero scarse precipitazioni tutto sarebbe molto più difficile e dispendioso. Vedremo in futuro una Sicilia sempre più sostenibile perchè è facile che lo sia.”

W. “Ultima domanda. Qualche giorno fa ho visto la pubblicità di un Gewürztraminer prodotto in Sicilia, inoltre nei giorni scorsi una serie di consorzi pugliesi si sono dichiarati contrarissimi alla  decisione della Giunta Regionale siciliana  (DGG 1733 del 09/08/2019  n.d.r.) con la quale si autorizza la coltivazione del primitivo sull’intero territorio regionale. Avete veramente bisogno di questi due vitigni in Sicilia?”

A.R. “Abbiamo più di 70 vitigni autoctoni e molti devono essere riscoperti. Per quanto  riguarda il discorso del primitivo questo può essere coltivato qui come il nero d’avola può essere coltivato altrove, Puglia compresa. Per me è più il rumore che si vuole fare dell’effettiva sostanza della cosa, perché alla fine la Puglia non sta facendo ettari di nero d’avola come la Sicilia non sta facendo ettari di primitivo.”

W. “Comunque lei mi garantisce che almeno in futuro, tra i vitigni autorizzati per il Sicilia DOC,non si vedrà il Gewürztraminer?”

A.R. “Al momento non è stata fatta alcuna istanza né per la DOC né per la IGT. Se qualcuno vole provare il Gewürztraminer lo provi pure ma non penso che la Sicilia potrà diventare il regno di questo vitigno. I numeri parlano chiaro: tra i 97.000 he del vigneto Sicilia i primi cinque vitigni sono autoctoni siciliani, quindi… Inoltre negli ultimi 10 anni c’è stato un grande aumento proprio degli impianti di vitigni autoctoni.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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