Nel Carmignano fila tutto liscio come (con) l’olio2 min read

Il Montalbano enogastronomico è un po’ misterioso: questa breve catena collinare che ospita Carmignano va in diagonale da nord-ovest a sud-est, e la zona della corrispondente DOCG è tutta sul versante che guarda a settentrione e a oriente. Il contrario dell’ideale per le maturazioni, o almeno così si pensava prima del surriscaldamento globale.

Fatto sta che proprio questo versante pedologicamente meno felice ha dato finora i prodotti più prestigiosi. Saranno i terreni, o le pendenze? Oppure è merito, più che delle ore di luce e del calore, della vicinanza alle città commercialmente importanti come Firenze e Prato?

Stando alle lettere e ai documenti contabili del pratese Francesco Datini “l’inventore della cambiale” si propenderebbe per questa seconda ipotesi, perché mostrano che già nel ‘300 l’olio veniva spedito lontano. Ma ancora più significativo il documento relativo a un contratto d’affitto risalente addirittura all’804, rintracciato presso l’archivio di stato di Firenze. Qui si cita espressamente Capezzana, il suo vino ma anche il suo olio. Un fatto molto significativo perché la grande espansione della superficie olivata in Toscana si è verificata un migliaio di anni dopo.

Non è che queste tracce storiche ci abbiano intimidito più di tanto durante l’assaggio degli extravergini: come al solito degustazione alla cieca, sputare e annotare. Fatto sta che il gusto di questi 2018 è stato comunque convincente anche un semestre dopo la raccolta. Nnemmeno l’ombra di una pecca o di uno squilibrio: una certa corposità nonostante il vigore contenuto del lato amaro-piccante; buoni profumi fruttato-floreali piuttosto che i prevedibili erbaceo-vegetali. Un quadro che è espressione tipica dell’annata oltre che del territorio.

Guardando ai dati forniti dai produttori si nota che la superficie olivata è superiore a quella vitata nelle due aziende-bandiera Capezzana e Artimino. Il che del resto rientra nella media delle cifre dell’intero territorio comunale: circa 900 ettari e il vigneto è meno della metà. Il Moraiolo è la cultivar in maggioranza relativa in tutto il territorio, ed è un territorio ad alta produzione con diversi olivicoltori senza attività vitivinicola.

Il commento che viene spontaneo per questa situazione è che, almeno come collettività, i produttori potrebbero mostrare più convinzione. Per adesso le aziende enologicamente affermate   sono contente di vendere il loro buon extravergine col proprio brand, sulla scia del vino.

Coerentemente con questo anche la possibilità di imbottigliare IGP Toscano, magari con menzione della sottozona Montalbano, è sfruttata poco o nulla, al contrario di quanto succede sul versante sud-ovest. Insomma c’è spazio per crescere.

 

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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