Moscadello di Taggia e… Nomeranze: Il bello di Wine in Sanremo4 min read

Wine in Sanremo è partito con una dotazione di appuntamenti collaterali piuttosto ampia.

Un programma ambizioso ha spaziato tra verticali di Pinot Nero bulgari (nazione ospite), presentazioni di libri o saggi, degustazioni di vini anche di tipologie blasonate, conferenze stampa e addirittura proiezioni di film (Mondovino e Resistenza Naturale). Forse troppi e la sensazione che alcuni di essi siano stati tirati un po’ per i capelli, pur di riempire il programma, ma tant’è che ad un paio ho voluto partecipare.

 

 

Il Moscatello di Taggia

 

Questa è una storia enologica a lieto fine, fatta di pazienza, passione e amore per la propria terra. Nasce da un libro pubblicato nel 2002, che narra gli antichi fasti di questo vino, considerato e molto apprezzato nel rinascimento, fino al punto di avere raggiunto la quotazione commerciale più alta in Europa. Talmente prezioso che gli inglesi ne vietavano il taglio.

Poi il lento declino con le vigne sostituite dall’ulivo e distrutte dalla fillossera, fino alla scomparsa.

Eros Mammoliti, agronomo di Ceriana, dopo aver letto “L’ambrosia degli dei:
Il Moscatello di Taggia alle radici della vitivinicoltura ligure
” (di Alessandro Carassale) prima si incuriosisce e poi si appassiona ed inizia a girare per le vigne più antiche e per i borghi dei dintorni di Taggia.

Dal 2003 al 2005, chiedendo informazioni a vecchi contadini, Eros riesce ad individuare 47 possibili ceppi di vite “sospette” di essere Moscatello. In collaborazione con il CNR e l’Università di Torino, attraverso complicate analisi molecolari arriva a selezionare sette ceppi, poi tre e poi alla fine viene identificata una sola pianta che porta geneticamente la purezza di quell’antica selezione varietale di Moscato Bianco.

Da questa Eros parte e ricava 7 piantine e poi 70 fino ad arrivare oggi ad ottomila.  Contemporaneamente viene creata un’associazione di produttori con lo scopo di ricominciare a produrre e promuovere questo antico vino e oggi i produttori sono tredici.

Così si arriva al primo anno di imbottigliamento, il 2014, che vede le prime 1.100 bottiglie affacciarsi sul mercato. Dalla vendemmia 2015 saranno già 3.000.

Al momento viene prodotto in versione sia secca, sia quasi demisec e dolce; all’assaggio dimostra sicuramente notevoli potenzialità con buona acidità, dotazione aromatica ricca e spessore palatale. La speranza è che la bravura e l’esperienza riportino questo vino agli antichi fasti. Inutile dire che le migliori potenzialità di questo vitigno verranno espresse nella versione vendemmia tardiva o passita.

 

 

La Zonazione del Rossese

 

L’altro appuntamento interessante è stata la relazione tenuta dallo storico del territorio Alessandro Giacobbe e  da Filippo Rondelli (Terre Bianche) i quali hanno condotto un lavoro certosino nel tentativo di arrivare a definire i toponimi delle vigne più importanti del Rossese, la più antica denominazione ligure. unica zona ligure dove fin dagli anni 60 alcuni produttori scrivono in etichetta il nome della particella di provenienza. Il famoso cru francese per intenderci, quello che in italiano tecnicamente viene chiamato Menzione Geografica  Aggiuntiva, che dal 2011  integra il disciplinare del Rossese. Il Progetto è stato finanziato da enti locali in collaborazione con  l’Associazione Vigne Storiche del Rossese.

Tre anni di lavoro intenso e certosino negli archivi storici comunali della zona, lavorando su mappe catastali del 1700 ed andando a verificare quelle che storicamente si chiamano “Nomeranze”: un’antico nome medioevale ligure che sta ad indicare un luogo distintivo…  “rinomato” appunto.

Questi luoghi “rinomati” fornivano uve dalle caratteristiche qualitative migliori ed oggi sono di impressionante attualità perché testimoniano la storia viticola secolare della Liguria e riflettono aree con reale eterogeneità di condizioni pedoclimatiche. Entrambe le condizioni sono elementi centrali per l’evoluzione qualitativa e commerciale dei vini di una zona.

Il percorso seguito per la definizione ed individuazione di queste zone è prettamente scientifico, basato su elementi certi e poi verificato sul campo in modo empirico. L’ultima fase della ricerca è stata quella dell’individuazione delle aree vitate con continuità storica, la verifica sul campo ed il confronto con i produttori. Il risultato sono stati 3.000 ha censiti del comprensorio del Rossese ai primi anni del 1900, di cui 1.779 vitati;  1.300 con  toponimi legati alle vigne.

Di questi 1300 toponimi una prima lista di 33 nomeranze ha rispettato tutti i rigorosi criteri scientifici ed adesso è sottoposta all’approvazione ministeriale, il che renderebbe il Rossese unica DOC con le MGA alla pari di Barolo e Barbaresco..

Questo studio assume un valore centrale per la denominazione: avere fondamenti certi che un luogo sia storicamente vocato per la produzione di vino è importante per un futuro che necessita sempre di più dall’intima connessione tra un vino e la vigna da cui proviene.

Questa zonazione probabilmente in un prossimo futuro permetterà anche di superare la classica divisione attuale tra i Rossese delle due vallate (Verbone e Nervia), arrivando a evidenziare che le classificazioni diventerebbero trasversali alle due vallate e andando soprattutto a ragionare sulle quote a cui i vigneti sono localizzati.

 

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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