Il Vino Nobile di Montepulciano e il suo Consorzio hanno presentato la piattaforma collaborativa e gli strumenti gestionali per portare l’area ad essere tra i primi territori vitivinicoli sostenibili , certificati in base alla norma Equalitas (www.equalitas.it ).
Quelli che si accostano al progetto in maniera superficiale potrebbero liquidarlo con un banale aggettivo: “ambizioso” o peggio ancora “inattuabile”, ma non avrebbero colto né gli aspetti culturali e sociali, né tantomeno la fattibilità tecnica ed il potenziale cambio di mentalità ad esso connessi.
Il programma Equalitas affronta infatti il tema della sostenibilità non riducendolo alla pur fondamentale ricerca di mezzi per diminuire l’impatto di sostanze nocive sull’ambiente, ma si basa su un concetto molto più ampio che affronta il problema non solo sul piano ambientale, ma anche economico e sociale.
Vediamo un po’ meglio nel dettaglio (per approfondimenti si faccia riferimento al sito).
Secondo Equalitas la sostenibilità ambientale ha tre pilastri: verifica dell’aumento o della riduzione della “Biodiversità” (del suolo, dell’acqua, dei licheni); dell’“Impronta carbonica” e dell’“Impronta idrica”. Fin qui siamo nell’ordinario o quasi.
Passiamo al concetto di “Sostenibilità socio-ambientale”. Su questo piano vengono proposti parametri per la verifica del rispetto delle “Buone pratiche agricole e di cantina”. Con ciò si intende certo una corretta gestione del suolo ma anche un’attenzione a pratiche sostenibili al momento della vinificazione, della sanitizzazione degli ambienti e persino una rispondenza del packaging a certi requisiti. Per quanto riguardo l’ultimo punto forse occorre chiarire meglio: se dichiari di essere ecosostenibile e poi usi bottiglie da 1200 grammi il dubbio sulla tua reale sostenibilità sorge spontaneo e noi di Winesurf su questo tema ne abbiamo fatte di battaglie!
Terzo e ultimo aspetto del programma Equalitas sono le “Buone pratiche sociali ed economiche”. In altre parole sì invitano le aziende a fare i conti, ma non i conti di guadagni e perdite dell’impresa, ma piuttosto una verifica degli investimenti effettivamente sostenuti o in programma a favore della sostenibilità dell’azienda, oppure (udite, udite!) la previsione di un piano di crescita dei lavoratori sul piano professionale, oltreché il rispetto delle retribuzioni e della loro equità, la valutazione dei diritti, le pari opportunità e via di questo passo.
Come vedete è un progetto complesso e molto ambizioso, ma ricco di fondamenti reali e fattibili, che se già in una singola azienda richiedono una totale inversione di tendenza rispetto al pensiero comune, ancor più di difficile attuazione lo sono in una zona, se pur piccola, come Montepulciano. Se non altro perché per l’ottenimento della certificazione sono necessari il 60% degli Ha iscritti all’Albo e il 60% dei produttori. Non solo quindi sarà necessario il coinvolgimento di molte aziende (piccole e grandi perché sia davvero rappresentativo), ma anche e soprattutto dei viticoltori aderenti alla cantina cooperativa locale, la Vecchia Cantina, che finora non si è distinta nell’attenzione ad alcune di queste pratiche.
Per modificare lo status quo e invertire effettivamente la tendenza, si potrebbe contare su due punti forti molto importanti: Il primo è che l’attuale presidente della Vecchia Cantina, Adriano Ciofini, è intervenuto ai lavori dicendosi orgoglioso di essere tra i capofila di questo progetto (e riconoscendo che è necessario lavorare come Denominazione perché nessuna azienda è in grado di ottenere grossi risultati da sola), Il secondo è che Presidente del Consorzio stesso è Piero di Betto, a sua volta rappresentante e membro della cantina Cooperativa. Quindi su questo fronte sembra che la partenza sia meno in salita di quanto si possa credere.
Adesso il passo davvero importante da compiere è quello di coinvolgere il maggior numero possibile di aziende, perché né Salcheto, né Fattoria del Cerro (che già hanno avviato il percorso) sono sufficienti a rendere credibile un reale coinvolgimento di zona.
E’ questo un lavoro che, a mio parere, il Consorzio dovrà fare “porta a porta”, spiegando bene di cosa si tratta, sia senza nascondere agli associati le effettive problematiche connesse all’intraprendere il percorso, sia spiegandone bene l’importanza sul piano ambientale, sociale ed economico.
L’adesione o meno al progetto dimostrerà chi parla e basta e chi invece davvero ci tiene a figli,all’ambiente e alla giustizia sociale.