MGA in Langa, quanto e come vengono usate4 min read

Oramai sono passati quasi 15 anni dall’introduzione delle MGA nel territorio del Barolo e del Barbaresco e si vede che comincia ad essere tempo di consuntivi perché nei giorni scorsi ho letto da diverse parti dati e commenti molto positivi su come le MGA o MeGa (o UGA… non c’è limite agli acronimi) abbiamo preso piede e vengano utilizzate, adesso,  in Langa.

Qualcuno parlava  di quasi l’80% di rivendicazione per quanto riguardava il Barolo, dato indubbiamente estremamente alto e positivo, che faceva pensare ad una “MeGanizzazione” della DOCG Barolo, mentre il Barbaresco era a livelli più bassi, ma sempre attorno al 60%.

Ma quel 80% del Barolo continuava a girarmi in testa, anche perché  in una denominazione di quasi 15 milioni di bottiglie una fetta importante è fatta da imbottigliatori, da aziende che vendono soprattutto nella GDO e mi sembrava strano che molti di questi, attenti soprattutto al prezzo finale,  imbottigliassero con la MeGa in etichetta.

Per questo ho fatto qualche telefonata ed ho capito subito che una cosa è parlare di rivendicazione al momento della vendemmia e un’altra è l’ imbottigliato.

In altre parole, io produttore di Barolo o di Barbaresco al momento della vendemmia ho tutte le convenienze del caso a rivendicare con menzione geografica  gli ettolitri di vino prodotti da un vigneto inserito tra le MeGa. Infatti la cosa, oltre a non costarmi niente, sicuramente potrà, al momento che imbottiglierò il vino, farmi ottenere un prezzo più alto sul mercato. Questo in linea di principio.

Però molti produttori non sono imbottigliatori e anche produttori-imbottigliatori possono vendere partite dei loro vini sul mercato dello sfuso. Inoltre non sempre, qui la storia della Langa insegna, una singola vigna ha caratteristiche migliori di un blend. Last but not least non tutte le annate sono perfette per tutte le MGA.

Ma veniamo agli imbottigliatori, che entrano in gioco dopo che un produttore, alla vendemmia, ha rivendicato la MeGa: a questi signori, a cui interessa soprattutto il prezzo, della menzione geografica non frega  niente perché porterebbe solo ad un aumento del  prezzo di acquisto e quindi di vendita. Così il produttore che ha rivendicato in vendemmia la MeGa, la lascia perdere e vende come Barolo o Barbaresco  “base” . Considerate che nel Barolo, come minimo, gli imbottigliatori coprono almeno un 30% del totale dell’imbottigliato mentre per il Barbaresco la situazione è diversa, con un incidenza indubbiamente minore.

Quindi, anche se le menzioni geografiche vengono rivendicate “a monte” nel tragitto verso l’imbottigliato le cose cambiano.

Eccovi due dati riguardanti il Barolo: su  quasi 165.000 ettolitri prodotti nel 2021 più del 64% è stato rivendicato con menzione geografica, quindi solo il 36% come Barolo “base”. Se però andiamo a vedere (anche se i dati non possono essere confrontati in quanto comprendono altre annate) nel 2021 sono state imbottigliati quasi 120.000 ettolitri di Barolo e solo il 24% con la MeGa. Ripeto che stiamo parlando di due dati diversi ma che servono per capire la differenza tra “monte e valle”.

Per quanto riguarda il Barbaresco, secondo quanto dice Giancarlo Montaldo in un suo interessante articolo su Barolo & Co, nel 2021 è stato rivendicato alla vendemmia con MeGa il 56.89% del Barbaresco prodotto, mentre sul fronte dell’imbottigliato 2021 purtroppo non sono riuscito a trovare dati. Tutti quelli che ho sentito però sono concordi nel dire che al momento dell’ingresso in commercio i Barbaresco con menzione geografica sono percentualmente più alti rispetto ai Barolo ma probabilmente non superano il 30-35% .

Il fatto di superare il Barolo dipende da alcuni fattori storici: da una parte una minore produzione (un terzo del Barolo, più o meno)e di questa una buona fetta del prodotto da MGA in mano a due cooperative che  già da prima dell’arrivo delle menzioni imbottigliavano con il nome del Vigneto, inoltre un solo imbottigliatore importante operante sul territorio.

Vigneti di Treiso

Voglio adesso precisare, perché non venga travisato il mio pensiero: questa mio piccolo sondaggio non vuole assolutamente sminuire il valore delle MeGa che, questo è un dato certo, aumentano come rivendicazione di imbottigliato anno dopo anno, ma semplicemente precisare che la Langa non è (ancora) una terra dove il “cru” detta legge in etichetta.

Lo può fare a monte, e questo dimostra che avere vigneti nelle MeGa è stato compreso e ben valorizzato dai produttori, ma  dalla vigna, alla cantinae infine  alla bottiglia il mercato porta verso una “diluizione” delle menzioni.

Ma non solo il mercato, gli imbottigliatori, la GDO, il mercato estero (soprattutto questo, considerando che il Barolo esporta quasi l’80% del prodotto e il Barbaresco più del 60%) incidono sulla diminuzione di rivendicato: annate non certo eccezionali come la 2014 o comunque annate dove, all’opposto, una determinata vigna può, almeno in parte, aiutare il Barolo o il Barbaresco base, portano naturalmente ad una diminuzione delle MeGa rispetto al dato iniziale.

Mi rendo conto che a questo punto, per fare maggiore chiarezza, conviene chiamare in causa Matteo Ascheri,  Presidente del Consorzio Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani: lo farò con un intervista nei prossimi giorni.

Come dicono quelli che sanno l’inglese: stay tuned!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE