Non vorrei essere frainteso e pere questo dico subito che a me i rosati piacciono.
Devo però ammettere che qualche dubbio ce l’ho, perché nella stragrande maggioranza i vini di questa tipologia si esauriscono in meno di un anno.
Purtroppo sono quasi sempre destinati ad un consumo immediato, soprattutto estivo, e difficilmente mantengono nel tempo colore e profumi, che inevitabilmente peggiorano nettamente con il passare dei mesi.
Ma i vini rosati devono essere così ? Di pronta beva, da consumarsi velocemente nel giro di pochi mesi, oppure possono essere qualcosa di diverso?
Il dubbio trova fondamento quando si incontrano vini rosati che sorpassano tranquillamente l’anno, mostrando una propensione anche ad un moderato invecchiamento (2-3 anni).
Da cosa dipende questa diversa propensione? Dalla natura del vitigno? Da pratiche agronomiche particolari? Da tecniche enologiche?
Indubbiamente pratiche agronomiche ed enologiche sono determinanti, mi chiedo però quanto invece sia determinante il vitigno.
Sembra che in Italia si pensi di poter ottenere rosati da qualsiasi vitigno a bacca nera e così assistiamo a vinificazioni in rosato, quando non addirittura in bianco, di varietà che tradizionalmente sono state da sempre appannaggio dei vini rossi.
Un po’ quello che sta avvenendo anche nella nebulosa spumanti e che prima ancora è avvenuto con il vino novello: tutti possono fare tutto ottenendolo da qualsiasi vitigno.
Ritornando al rosato, la mia opinione è che il rosato sia un vino da apprezzare in gioventù, ma questo non vuol dire che la sua vita duri un’estate come le cicale.
Forse la mia è una pretesa con poco senso visto la velocità con cui questi vini ruotano sul mercato, ma credo che da parte dei produttori una riflessione vada fatta se si vuole che questa tipologia, tanto mediaticamente promossa negli ultimi anni, abbia anche una solida base qualitativa e, perché no, un futuro.