Una Lacrima che profuma di rosa e non fa piangere, anzi4 min read

Domandone iniziale: come si chiama quel vitigno a bacca rossa che se fosse un uomo gli verrebbe diagnosticato un disturbo dissociativo della personalità?

Risposta: il Lacrima di Morro d’Alba. Non esiste vitigno con le sue caratteristiche! Da una parte un naso con incredibili e potentissimi profumi di rosa, viola, chiodo di garofano e molte altri frutti e spezie, tanto da fartelo sembrare un vino dolce. In bocca invece trovi un vino secco di medio corpo, buona freschezza, spesso con tannini piuttosto pungenti, in qualche caso astringenti.

Insomma un vitigno che ha profumi da vino dolce passito e corpo da vino secco (talvolta leggermente disarmonico) non è certo una cosa facile da presentare al mondo. Specie se è prodotto solo in 250 ettari da circa cinquanta produttori a Morro d’Alba e, in passato, la sue meravigliose caratteristiche aromatiche non sono state ben valorizzate (eufemismo) da una fetta di vignaioli locali.

Ma un vino del genere non puoi non amarlo e quindi mi è sembrato più che giusto partecipare alla manifestazione che in questo fine settimana ha presentato, grazie all’Istituto Marchigiano Tutela Vini,  la produzione di quindici produttori di Lacrima di Morro d’Alba (e di Verdicchio dei castelli di Jesi).

Uno dei pochi vantaggi di essere vecchi di questo mestiere (e non solo, purtroppo) è che ti sei formato una memoria storica. Quindi ti ricordi quando nel 1993-1994 hai iniziato ad assaggiare il Lacrima di Morro d’Alba, rimanendo sorpreso sia dai profumi che dalle puzze. Infatti il Lacrima è un vitigno che va facilmente in riduzione e quindi si trasforma da dottor Jekyll in mister Hyde in un battibaleno. Allora vi si aggiungevano anche problemi di vinificazione che oggi, per fortuna sono in gran parte superati.

Oggi, il quadro presentatoci da questi quindici produttori è indubbiamente positivo e incoraggiante: ancor più incoraggiante perché nei giorni precedenti avevo degustato per la guida vini di Winesurf almeno Altre 25 Lacrima, in modo così da farmi un quadro quasi completo della situazione.

Il quadro positivo ha almeno tre motivazioni e le voglio elencare.

  1. Fare gruppo, fare squadra, far riunire i produttori in particolare davanti ad un bicchiere e fargli assaggiare insieme i loro vini è sempre vincente. Se poi il gruppo è formato da produttori giovani, in gran parte figli o nipoti della generazione precedente, la cosa è ancora più positiva.
  2. I vini assaggiati non erano tutti perfetti, diciamo che un 10-20% del totale aveva problemi non indifferenti: questo però vuole anche dire che almeno l’80% della denominazione produce Lacrima di ottimo livello. Rispetto anche al recente passato (e prendendo in considerazione anche i vini degustati per Winesurf) questo è un grosso passo avanti.
  3. Il prezzo della Lacrima di Morro d’Alba (diciamo che i base si trovano in enoteca mediamente da 6 a 9 euro) non permette a nessuno di non provare, almeno per una volta, questo vino.

 

Detto questo dobbiamo essere chiari: una denominazione senza massa critica (250 ettari) non può permettersi principalmente due cose. Di avere al suo interno prodotti difettati (uno assaggia una volta, non resta soddisfatto e non ci pensa più a riprovarlo) e di puntare su troppe tipologie di vino.

Quindi, pur ammirando i molti sforzi per produrre Lacrima di Morro d’Alba spumante, dolce, passita, occorre puntare solo sul  Lacrima di Morro d’Alba rosso e secco.
E puntando su questo bisogna assolutamente valorizzare la sua caratteristica maggiore, cioè i profumi: chi produce un superiore di lacrima utilizzando legno che trasforma o copre la gamma aromatica fa come quello che se lo tagliò per fare dispetto alla moglie.

E già che siamo in tema la sindrome ad “avercelo più grosso” cioè a voler fare con qualsiasi vitigno il grande vinone, strutturato, potente, cicciuto, è un errore disastroso. Un grande vino non è mai un grosso vino ma è quello che, dopo averlo assaggiato,  non ti dimentichi. Alcune Lacrima, grazie ai loro profumi, non si possono scordare, mentre di vini passati in legno e/o che sanno di legno ne è pieno il mondo.

Va bene cercare di rendere la lacrima più rotonda, con una maturazione fenolica migliore, ma tutto questo non deve incidere sulla parte aromatica. Va bene fare dei Superiore con un corpo maggiore ma senza perdere di vista la caratteristiche principe del vitigno, cioè un naso da urlo!

I quindici del Lacrima di Morro d’Alba producono naturalmente anche Verdicchio dei Castelli di Jesi: nei giorni precedenti (sempre per la guida vini di Winesurf) ne avevo degustati più di 130 e con i loro il quadro è stato completo.

Dei verdicchio parlerò però al momento della pubblicazione dei risultati sulla guida vini e quindi torno al Lacrima di Morro d’Alba per ribadire un concetto: questa manifestazione deve diventare annuale e deve coinvolgere anche tutti gli altri produttori, perché solo con lo sforzo concentrato di tutti si potrà far capire alla “casalinga di Voghera” del vino che questo è il “ Gewürztraminer rosso” e quindi deve essere provato.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE