La stampa estera. Wine Spectator, vol. 47: tanta Italia!4 min read

Un solo titolo occupa la copertina di questo numero, ed é una dichiarazione d’amore per l’Italia: “101 ragioni per amare l’Italia. Vino, cibo, cultura, viaggi e di più”. E difatti il fascicolo di questo mese é quasi interamente consacrato alla celebrazione della bellezza del nostro paese, rappresentata dalle indicazioni  selezionate dagli editors di WS. Per il resto, a parte le consuete rubriche di GrapeVine c’é poco altro: il focus di Anna Worobiec sul sauvignon californiano, unico riferimento estraneo al nostro paese,   e il report di Bruce Sanderson sulla felice annata 2017 nelle terre del Barolo e del Barbaresco.

Non mi tratterrò a lungo sulla lunga  lista (oltre 40 pagine)  delle cose più amate dell’Italia selezionate da WS. Basterà dire che al primo posto di questa inconsueta graduatoria che mette insieme le cose più varie c’é Piazza San Marco di Venezia, premiata anche dagli snacks dei  suoi locali al 7° posto. Il  Palio di Siena é al 18°posto, seguito dalle  Cinque Terre al 19°, Orvieto al 39°, le nostre spiagge al 52°, il Duomo di Milano al 55°, Assisi al 66°. Piazza Santa Maria Novella é solo in 78a posizione, il patrimonio archeologico di Roma in 79a e la Costiera Amalfitana in 83a. Mah! E il vino? Ovviamente ha grande spazio insieme con le altre specialità gastronomiche: il Nebbiolo é secondo (solo ottavi i SuperTuscan) , l’olio d’oliva toscano quinto, la macchina dell’espresso sesta,  i tartufi noni, i  gelati in decima, davanti al pesto (20°), al parmigiano Reggiano (22°) , all’aceto balsamico (25°), alla mozzarella di bufala (36a) e al prosciutto crudo (41°),e così via. Che altro dire, se non che mettere insieme un salame e il Colosseo nella stessa graduatoria non é cosa per noi comprensibile?

Barolo

Passiamo allora ai grandi rossi piemontesi . “La Fortuna favorisce il Barolo” é il titolo di questo servizio, che assegna all’annata 2017 ben 94/100, come l’annata 2012, sia pure al di sotto del millesimo precedente (il 2016), che, con i suoi 98/100 é stimato come il migliore del secondo decennio. Quella dei grandi rossi piemontesi da uve nebbiolo é comunque una stringa di tutto rispetto: 97 punti all’annata 2010, 96 alla 2013 e 95 alla 2015. Cenerentola del decennio é considerata la 2014, che, nonostante le traversie climatiche, porta comunque a casa un punteggio di 92/100. Ma torniamo ai vini del 2017. Perché baciato dalla fortuna? Perché, nonostante l’estate molto calda e la siccità, ha tratto beneficio dalle piogge primaverili e  da un mese di settembre straordinario che ha permesso una maturazione ottimale del nebbiolo. Un’annata molto calda, certo, anche se non come 2011 o 2003, ma soprattutto senza le caratteristiche di un’annata molto calda, grazie anche al forte calo notturno delle temperature e alla pioggia prima della vendemmia . C’é stato sì un calo moderato dei volumi del 20-30% rispetto alla  media e si é prodotto meno vino, ma di ottima qualità, con cuvées fresche , molto equilibrate e piacevolmente fruttate .

Detto questo , scorrendo I preferiti dell’autore, a fare la parte del leone nel gruppo dei migliori, sono Barolo e Barbaresco del 2015 e 2016, con al vertice il Vigna Rionda Black Label di Massolino  2016, il Barbaresco Chrichet Pajé di Roagna 2013 e il Barolo Riserva Unico Proprietario 2006 della stessa cantina, con 98/100. Poi é tutta una sequela di Barolo e Barbaresco, specie riserva, del 2015 e 2016. I primi vini del 2017 inseriti in questa speciale classifica sono i Barolo Cerretta di Azelia e Luigi Baudana, il Brunate di Giuseppe Rinaldi e il Ravera di Paolo Scavino, in quindicesima posizione, comunque col rispettabile punteggio di 96/100.

Prima di chiudere con la consueta sezione della “Buying Guide”, nella quale i vini italiani (specie I grandi piemontesi) sono stavolta rappresentati con una posizione di assoluto rilievo tra i migliori assaggiati nel corso del mese), non resta che dare un cenno ai sauvignon californiani, esaminati nel “Wine Focus” di questo mese. Il restyling di questa varietà, attuato attraverso le nuove tecniche agronomiche e i nuovi modi di vinificazione e affinamento, ha prodotto un profondo rinnovamento, che si rivela in una maggiore differenziazione aromatica e gustativa, pur mantenendo costante la caratteristica succosità acida che lo contraddistingue. I migliori per la Worobiec? Due Sauvignon blanc della Russian River Valley, il 2019 di Merry Edwards, e la cuvée Les Pierres qui decident 2020 di Shared Notes, entrambi valutati 94/100, ma con una notevole differenza di prezzo: 36 dollari il primo  e quasi il doppio (65) l’altro.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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