La Revue du Vin de France, n.639: speciale vini macerati e assaggio dei Bordeaux “base”4 min read

Una bottiglia di chardonnay a lunga  macerazione  “Vin de France” è al centro della copertina di questo primo numero di primavera per annunciare un dossier speciale dedicato alla “Rivoluzione Orange”.

Altri titoli: Riscaldamento climatico, qual’è stata l’evoluzione dei vini del 2003? E poi: 80 cuvée gourmand di Bordeaux a buon mercato, il Domaine Leflaive e l’ossidazione prematura, Jean-Marc Grussaute, colonna del Jurançon. Come sempre, ci sono molti altri articoli non annunciati in copertina.

Ai vini orange, ossia i bianchi a lunga macerazione, che stanno sempre più   infiammando il mondo dei consumatori in questi ultimi anni, è dedicata la prima delle grandi degustazioni poste alla fine del fascicolo. I vini sono stati assaggiati “allo scoperto” a metà dicembre presso la redazione della RVF e in parte in occasione di visite  effettuate presso le cantine nel corso dell’anno da Pierre Citerne. Il “tour de France” dei vini orange  vede nella Loira e nelle regioni del Mediterraneo le aree in cui questa tipologia di vini ha avuto più successo. Lo Jura è ancora una delle regioni pilota ,  l’Alsazia comincia a prendere entusiasmo,  il Sud-Ovest e l’Aquitania (ma più timidamente Bordeaux) li  reinventano con audacia, mentre  Borgogna e Rodano esitano ancora. Molti i vini etichettati come “Vin de France”, come espressione di libertà nei confronti dei disciplinari delle AOC.

La degustazione ha messo in evidenza moltissime cuvées  in tutta la Francia, con risultati nel complesso positivi.  Al vertice è un Arbois savagnin, l’Amphore 2017  di Philippe Chatillon da 19/20, ma un punto al di sotto sono un altro Arbois savagnin Amphore di André e Mireille Tissot,  un IGP Côtes Catalanes del Domaine Gauby, il La Roque 2011 e tre Vins de France, uno dei quali proveniente dal medesimo terroir di quello precedente (L’Oiseau rebelle 2014) e gli altri due , rispettivamente, un petit manseng di Camin Larredya (sud-Ovest), e- sorpresa- uno chardonnay borgognone del Domaine du Prieuré-Roch.   I prezzi non sono però certo leggeri:  tra i 42 e i 66 euro.

L’altra degustazione sistematica di questo numero ha riguardato i Bordeaux e i Bordeaux supérieurs, tra i quali,  spesso per meno di 15 euro ( e talvolta fino a 5-6) è ancora possibile trovare vini gourmand di buona qualità.  Yohan Castaing ha assaggiato alla cieca 356 vini di queste denominazioni presso la Maison des Bordeaux nella città capoluogo e ha selezionato i migliori.

Il  “Bordeaux bashing” di questi tempi recenti  ha colpito soprattutto i grandi Châteaux, affossati dai prezzi troppo alti e dalle crescenti difficoltà di mercato (soprattutto delle esportazioni a seguito dei dazi), ma ad avvantaggiarsene sono stati i piccoli Châteaux poco conosciuti ,  riscoperti in misura sempre maggiore dalla grande distribuzione: ci sono sempre stati  e oggi sono ancora i più ricercati dagli appassionati che comprano “alla proprietà”, ma questo sembra decisamente il loro momento.

Cito alcuni di quelli più sorprendenti per rapporto qualità/prezzo. Costa solo 5 euro una bottiglia di Bordeaux 2018 dello Château Le Roudier, valutato 15/20 (ricordo che per la RVF questo punteggio indica un vino di ottima qualità). Appena 30 centesimi in più (e mezzo punto in più) è il prezzo della cuvée Prestige  2017, Bordeaux supérieur dello Château Labatut , ma aggiungendo altri 30 centesimi si può acquistare un Bordeaux supérieur 2016 dello Château de BLeyzac valutato ben 16/20. Ancora meglio?  Costa 5.75 euro il Bordeaux supérieur  de La Tourbeille 2014 , prodotto da una coppia di appassionati americani nella loro piccola proprietà nei pressi della Dordogne: 16.5/20 , punteggio più altro della degustazione.

In breve gli altri servizi dei titoli di copertina. Il primo è un articolo di Pierre Casamayor sulle possibilità di invecchiamento dei vini delle annate sempre più calde, a causa del cambiamento climatico. A introdurre la  degustazione di una trentina di vini della caliente  annata 2003.

I bianchi del Domaine Leflaive, faro della vitivinicultura biodinamica della Côte de Beaune sono stati riassaggiati dalla RVF sa seguito della recente decisione della proprietà di verificare tutte le cuvées degli anni passati e di ritapparle dopo i diversi casi di Prémox verificatisi in passato.

Infine  la grande intervista  a Jean-Marc Grussaute, figura emblematica del Jurançon, alla ricerca di vini d’identità.

Per quanto riguarda gli altri articoli non compresi tra i titoli di copertina, mi limito a citare i più interessanti: quello di Baudouin sul costo effettivo di  una bottiglia di vino; Casamayor presenta il Domaine Paetzold e una verticale delle ultime annate dei suoi Mastrio rouge e blanc; Petronio confronta gli stili di due Domaines alsaziani, Didier-Carlé e Valentin Zusslin  e i loro Riesling grand cru  Saering e Pfingtsberg.

Infine de Salettes racconta il Picpoul de Pinet tornato recentemente in auge presso i consumatori e il suo terroir.

E’ solo un intervento breve,  ma come non dare notizia del grido d’allarme  di Alexandre-de Lur Saluces, proprietario dello Château de Fargues e per lungo tempo régisseur di Yquem, contro i  sempre più numerosi e stravaganti tentativi di modernizzazione  dei modi di consumo dei Sauternes per superare il drammatico calo della domanda.

Poi, ovviamente le solite rubriche, le pagine dei columnist, e il vino leggendario (Vouvray Goutte d’Or 1990 del Domaine du Clos Naudin).

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


LEGGI ANCHE