La Revue du Vin de France. Aromi, zolfo, volatile e degustazione geosensoriale3 min read

Dopo quello del dicembre scorso, un fascicolo monotematico su Bordeaux, questo nuovo numero fuori collezione dell’estate è dedicato per metà all’enoturismo e per l’altra metà agli aromi del vino. Partiamo da quest’ultimo tema. Quello introdotto dall’editoriale (“Come un flacone di ricordi”) e dal primo articolo del pacchetto da Jerome Baudouin è un vero e proprio manuale didattico per riconoscere e apprezzare gli aromi del vino. I temi trattati nei sette articoli che compongono questa sezione sono: come nascono gli aromi del vino (Baudoin), la ruota degli aromi, la folle storia del gusto del vino (di Fabien Humbert), esercizi per scoprire che  degustatore siete (Humbert, Thomas e Lepousez), le attività  e i corsi di iniziazione alla degustazione (Humbert).

A chiusura di questa sezione, Karine Valentin parla delle sfide del gusto: quando il clima influenza il gusto dei vini, per poi affrontare nell’ultimo articolo il tema degli abbinamenti a tavola (”Una vera storia d’amore: accordi cibo-vino). Non è però davvero finita, perché, dopo la sezione dedicata all’enoturismo, c’è  un’ampia intervista ad Alex Marchal, insegnante-ricercatore di enologia e consulente enologo, di cui parlerò più avanti.

Gli itinerari enoturistici proposti questa volta dalla Revue sono dodici: in Alsazia (da Strasburgo a Colmar),  nella Valle della Loira (escapade rabelaisiana a Chinon e in Auvergne, vigneto in  eruzione), nella Valle del Rodano (da Ampuis a Tain, a nord, e Mont Ventoux a sud), in Provenza (la perla della riviera, Bellet), nel Sud-Ouest (l’ascesa dell’Aveyron e il malbec di Cahors), in Borgogna (Côte Chalonnaise, da Bouzeron a Montagny, e Chablis , alla scoperta della mineralità dei vini), infine Bordeaux (le sue grandi vigne urbane, a Pessac, e da Loupiac a Cadillac, un balcone sulla Garonne).

In ogni itinerario, va da sé, arricchito da molte foto, gli indirizzi  di luoghi da vedere, cantine da visitare, ristoranti e alberghi, e scoperte.

Ed eccoci all’intervista a Marchal, che completa la sezione didattica della prima parte della rivista. Appassionato e puntiglioso (immaginate un ragazzo che chiede a Jean-François Coche se il suo Meursault Perrières proveniva da “Perrières du Dessus o da Perrères du Dessous”), Marchal affronta numerosi temi dei quali si discute oggi. Uno di essi, naturalmente, è lo zolfo. Gli effetti perturbatori dello zolfo sul gusto , spiega Marchal, non dipendono tanto dal diossido di zolfo totale, come molti pensano, ma solo una piccola parte di esso, quella che viene chiamato S02 attivo o molecolare. La sua proporzione varia in rapporto all’acidità del vino: un vino con pH 4 ne contiene lo 0,7%, ma in  un vino più acido (con pH 3) l’SO2 attivo arriva al 7%. Ecco perché lo zolfo si avverte molto di più nei vini tedeschi, che hanno un’acidità molto elevata.

Alex Marchal

La maggiore tolleranza della volatile nei giovani degustatori , soprattutto quelli amanti dei vini naturali? Un eccesso di volatile non è mai un pregio, se mai un difetto. Questo di per sé non impedisce a un vino di risultare delizioso, come certi pinot noirs borgognoni, spesso con un tasso abbastanza alto di volatile, ma non è certamente per essa che il vino viene apprezzato. E’ quello che succede con gli amici e le persone a cui si vuol bene: piacciono anche se hanno qualche difetto, ma non sono questi ultimi la ragione per cui siamo loro affezionati.

Marchal è piuttosto critico anche nei confronti del metodo di degustazione geosensoriale. Quello che non accetta di esso è la negazione della componente aromatica olfattiva a vantaggio del solo gusto. Quest’ultimo è certamente molto importante, ma ridurre la percezione sul palato  alla semplice geologia del suolo è riduttivo. E poi l’influenza del suolo non ha minori ripercussioni sugli aromi del vino. Insomma c’è materia per discutere. Altro?  La “libreria del gusto”, una selezione di libri da leggere sui temi trattati nella rivista, la caccia al tesoro, un concorso a enigmi  alla scoperta di una bottiglia (per vincere una cassa), e il curioso quiz finale , per misurare quanto si è letto attentamente e che cosa è effettivamente restato dalla lettura del numero.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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