La donna che mi ha fatto capire la bellezza di una zolla di terra3 min read

Chi mi conosce sa che non stravedo per i vini definiti naturali. Questo non vuol dire che non visiti con piacere e interesse cantine serie  che li producono.

Per questo  sono andato con grande piacere da Carussin  a conoscere  Bruna Ferro, la sua famiglia, i suoi vigneti e i suoi asini. In quest’articolo però non vi parlerò dei suoi vini, ma di un incontro che ricorderò per sempre.

Purtroppo non sono potuto stare molto tempo ma quell’ora abbondante è servita a farmi capire molte cose.

Quella bellissima persona che è  Bruna, con la sua genuina semplicità e profonda conoscenza della vita, della vite  e delle persone, mi ha portato quasi per mano a scoprire la bellezza di essere nel posto giusto al momento giusto e di vivere la vita, anche se è dura,  con serenità.

Bruna, come la scrittrice indiana  Arundhati Roy, ha capito che il bello e il divino sono spesso nelle piccole-grandi cose, come avere accanto un cane che hai praticamente riportato in vita, fare una passeggiata in un bosco, prendersi cura degli anziani, raccogliere fondi per cause tanto agli antipodi da essere quasi di casa, avere lezioni di vita dagli asini che nel recinto accanto alla casa sembrano raccontarsi barzellette  di continuo  tanto sono allegri e felici e, last but not least, imparare a fare la nonna  ( questa invece è veramente una grande, grande cosa, fidatevi).

E io, da Bruna,  ho imparato tanto in pochi minuti, tra cui  l’insindacabile conferma di  un’altra piccola-grande cosa: la terra parla!

Andiamo a vedere il vigneto che ha davanti a casa e Bruna mi dice “Metà è mio e metà d i quello che sta lassù, ma lo abbiamo piantato lo stesso giorno.”

Mi pare sia in Resistena Naturale la scena in cui Stefano Belotti prende una manciata di terra dal suo vigneto e da quello del vicino e fa vedere la differenza: la cosa mi colpì abbastanza ma non come avrebbe dovuto.

Per fortuna (perché sono un uomo fortunato)  sono andato in vigna con Bruna e ho visto con i miei occhi e toccato con le mie mani una terra viva, parlante e accogliente nel pezzo di vigna di Carussin,  mentre a  sei, ripeto sei metri di distanza, nel vigneto del confinante che usa metodi della viticoltura convenzionale, una terra asciutta, triste, moribonda.

Ho preso in mano terra soffice che profumava di vita  e poi terra secca e arida che non sapeva di niente e mi sono emozionato perché la differenza era sostanziale ed era sotto i miei occhi.

Non ho foto da mostrarvi, ero come imbambolato di fronte a questa incredibile diversità che non potevo pensare ad altro, solo a godermi quel momento.

Non ringrazierò mai abbastanza Bruna Ferro per avermi mostrato quanta bellezza possa esserci in una zolla di terra.

Detto questo e lasciando fuori dal discorso “i presenti”, cioè i vini di Carussin, rimango sempre con tutti i dubbi del mondo sui vini definiti naturali (nonché su tutti gli altri, ma questo è un altro discorso) che hanno chiari difetti o addirittura puzzano.

Anzi, forte dell’esperienza  indimenticabile  nella vigna di Bruna mi domando  perché persone che magari lavorano con tanto amore, sacrificio e lungimiranza in vigna  possano non adottare gli stessi criteri in cantina e accontentarsi di un risultato meno che eclatante.  Perché dopo tanto lavoro di precisione in vigna spunta il pressapochismo  in cantina?

Forse perché molti non sono realmente produttori naturali (e qui ritorno a quanto detto qua).

Non per niente Bruna mi ha confidato che da tempo sta cercando di prendere le distanze da un mondo che comprende sempre meno .

Io vivo in maniera molto naturale e produco vino e altre cose. Questo è quello che posso dire. Poi i miei vini possono essere definiti naturali o come volete voi!

Io non li definisco, preferisco invece definire Bruna una donna da ammirare, che può insegnarti tanto sulla natura e sulla vita.

Grazie Bruna!

 

Le foto dell’articolo sono state prese dalla pagina Facebook di Bruna Ferro. Non conosciamo i nomi degli autori ma li ringraziamo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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