Quando fare la coda al supermercato per comprare Prosecco può far male ai denti…3 min read

Nel Regno Unito il Prosecco vende attualmente sui 400.000 ettolitri l’anno: gran bel successo e sorpasso compiuto sullo Champagne, da tempo in volume e più recentemente anche in valore. Tuttavia sono arrivati i temporali di fine agosto a guastare l’atmosfera.

Sabato 26 era l’inizio di un fine settimana lungo, comprensivo di lunedì (un “bank holiday weekend”). Ebbene la Lidl inglese ha avuto la brillante idea di lanciare un’offerta speciale sul territorio nazionale: 20 sterline per sei bottiglie del loro Prosecco dop “Allini”, normalmente a 5,79 a bottiglia. Risultato: file in attesa dalle luci dell’alba e incazzature diffuse perchè in quasi tutti i negozi il Prosecco era finito poco dopo l’apertura.

Il giorno seguente testate piuttosto autorevoli come il Sunday Telegraph   o l’Huffingtonpost.uk pubblicano numerose foto delle code e dei carrelli vuoti. Il caso si innesta su una paura serpeggiante: da diversi mesi la sete inglese di bollicine è minacciata dalla drammatica consapevolezza che il Prosecco rischia di scarseggiare. Qualcuno più acculturato si spinge a evidenziare che in fondo c’è un limite geografico (anche se molto in fondo, penso io).

Quasi contemporaneamente scoppia il caso del Prosecco che fa male ai denti. Il Daily Mail era già andato duro a marzo l’anno scorso: Georgette Culley aveva raccontato in prima persona come il Prosecco le aveva rovinato la dentatura, citando il parere del suo dentista dott. Mervin Druyan.

Ecco Georgette “dopo il trattamento” come specifica la didascalia sul Mail, evidentemente pronta a rovinarsi anche il resto dei denti.

Ed ecco che lo stesso Daily Mail ci torna sopra questo sabato 27, cosa che potrebbe scatenare i complottisti (Concorrenti di Lidl? Champagne?). Il titolo è “Come l’ossessione per il prosecco sta rovinando i denti della nazione – I dentisti mettono in guardia contro l’alto contenuto di zucchero”.

Stavolta viene citato il dott. Richard Coates del Riveredge Cosmetic Dentistry il quale si  spinge a dichiarare che “è molto peggio dello champagne perchè quest’ultimo non è altrettanto dolce”. Aggiunge un suggerimento pratico: “Non sarà molto elegante, ma berlo con una cannuccia piuttosto  che dal bicchiere può proteggere i denti”. Si paventa lo spauracchio di un “prosecco smile”.  L’argomento è ripreso il giorno dopo dal Sun che nello stesso spazio riprende molte foto delle code davanti ai supermercati Lidl.

Sempre il 28 il Daily Star titola: “..le bollicine a buon mercato rovinano i denti britannici”.

Ovviamente l’ondata si propaga per siti, testate e blog, molti dedicati a un pubblico femminile.

C’è di tutto, generici e specialistici, scientifici o pseudo tali. Qualcuno tira in ballo l’acidità oltre che lo zucchero, un’accoppiata che mi ricorda bevande ben peggiori.

Anche giornali di migliore reputazione rincarano inaspettatamente la dose: Zoe Willimas sul Guardian spara addirittura: “Salvare i denti – e altre sei ragioni per lasciar perdere il prosecco”.

La prende larga citando il “prozacco”, un gioco di parole attribuito alla sexy food star Nigella Lawson, chiacchierata giusto a proposito di droghe stimolanti (ma per quanto ci riguarda soprattutto  per aver proposto di usare la panna per la carbonara). Poi la Williams rispolvera la battutaccia attribuita al discutibilissimo ministro degli esteri Boris Johnson, rivolta al nostro Calenda l’anno  scorso.  Avrebbe detto che gli italiani garantiranno comunque il libero scambio dopo la brexit “perchè non vogliono perdere l’esportazione del Prosecco”.  Vi risparmio le altre sei ragioni, basta la conclusione: “Mantenetevi belle, signore”, in un gioco di parole dove toothsome (belle) aggancia tooth (dente).

A proposito, pensandoci bene: se le cose stanno così varrà la pena di considerare la carie come malattia professionale per noi assaggiatori. Vi rendete conto del danno di una mattinata a far gorgogliare in bocca cinquanta vini?

Last but not least, come si dice da queste parti, qualcuno di voi avrà notato nelle righe sopra un uso disinvolto della p minuscola per l’iniziale del nostro vino. Ebbene così viene scritto nel Regno Unito, come se fosse un sostantivo inglese, al contrario di – che so – Barolo o Roquefort. Ci vogliamo vedere un’altra sconfitta nella protezione delle denominazioni o un segno di gran successo, già culturalmente consolidato? Mi sa che una cosa non esclude l’altra.

 

 

 

 

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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