Jane Anson, “Inside Bordeaux”: il libro che prova a dire quello che non è mai stato detto8 min read

Si può scrivere qualcosa di nuovo su una regione  così ampiamente coperta, studiata, dissezionata, abbandonata , riscoperta ecc. ?”

E’ la domanda che si pone l’autrice, Jane Anson, nella sua introduzione. La mia risposta è “Sì”, perché questo libro rappresenta davvero qualcosa di nuovo. Esso va molto al di là della celebrazione un po’ retorica della grandezza del territorio di Bordeaux e della noiosa elencazione di châteaux grandi e piccoli, prevalentemente delle appellation maggiori, che è possibile ritrovare in centinaia di opere su Bordeaux e il suo territorio.

La storia di Bordeaux è agilmente tracciata in un capitolo di una decina di pagine, scandita dal succedersi dei diversi popoli che hanno modellato lo sviluppo della vitivinicoltura, dai romani agli inglesi e agli irlandesi, e poi dagli americani ai cinesi. E’ quindi affidato a un’apposita appendice il compito di dettagliare i principali avvenimenti fattuali dal 56 a.C., anno in cui Giulio Cesare conquistò le Gallie, tra cui l’Aquitania, fino ad oggi.

Quanto al famoso classement del 1855, ad esso e alle sue articolazioni è dedicato un altro capitolo, anch’esso completato da un’opportuna appendice, situata in fondo al volume, che riporta analiticamente tutte le classificazioni, lista dei crus artisans inclusa, senza appesantire inutilmente il testo. Il classement è richiamato poi all’inizio di ciascuna scheda dei vari château, nella seconda parte del volume.

La Anson aggiunge ad esso una propria classificazione, attribuita sulla base della storia successiva a quella napoleonica, indicata con la sigla JA Rating.

Ulteriori capitoli, inclusi nella prima parte generale, che precede la presentazione dettagliata dei diversi château, descrivono esaustivamente le varietà di uva che concorrono ai blend che hanno reso famosa Bordeaux, le tecniche di vinificazione e l’arte dell’assemblage, e, infine, il complesso sistema commerciale dei vini della regione, nel quale assumono grande rilievo négociants, courtiers e le Primeurs.

Ma il vero cuore di questa prima parte (e dell’intero libro) è lo sforzo, anticipato dall’autrice, di voler fare per Bordeaux quanto è invece già diventato familiare a proposito della Borgogna, delle Langhe del Barolo e del Rodano settentrionale, ossia l’analisi approfondita dei suoi suoli e di come questi reagiscono in modo singolare e specifico alle differenti condizioni di ogni annata. Alla base del sistema Bordeaux, a partire dal classement del 1855, è la proprietà, il brand, più che il terroir: “E’ innegabile che la ricognizione pratica del terroir (a Bordeaux) non è la stessa che in Borgogna con le sue regioni così finemente delineate… Sarebbe impossibile acquistare una bottiglia proveniente da uno specifico, ristretto grand cru come La Tache”.

Ecco allora che il libro della Anson, oltre a dedicare un’ampia rappresentazione generale dei differenti terroirs di Bordeaux, non trascura di entrare più in dettaglio in ciascuno di essi nei capitoli loro dedicati, con l’eccellente supporto di numerose e dettagliatissime carte geografiche e geologiche meritevoli per sé sole dell’attenzione del lettore. Tutti gli aspetti che concorrono a rendere unico il terroir bordolese, dalla geografia alla geologia, ai fattori climatici, fino al fattore umano che ha concorso a modellarli, sono accuratamente descritti e vagliati: qui l’autrice, che ha potuto avvalersi a questo proposito della consulenza di noti ricercatori come Kees van Leeuwen ed altri, mostra mano molto felice nel rendere accessibili, anche a non specialisti, una materia estremamente complessa. Conclude la sezione un denso capitolo dedicato alle qualità-chiave dei differenti tipi di suolo di Bordeaux, che, anche con l’ausilio di coloratissime pagine pieghevoli, illustrano le diverse tipologie di suolo, dalle asterie alle molasses, e i modi con cui sono denominati nelle tantissime mappe che attraversano il volume.

Il libro, nonostante le sue quasi 700 pagine, ha una sua agilità che si fa apprezzare. Non ci sono pagine inutili o che appaiano la ripetizione ritualizzata dei manuali della tradizione. Piace l’approccio non semplicemente descrittivo, ma, quando possibile volto a permettere il lettore di costruire una propria valutazione.

Ho trovato interessante il breve capitolo dedicato alle annate dei vini di Bordeaux. Naturalmente in una delle appendici sono riportate anche le valutazioni individuali di tutte le annate dal mitico 1855 ad oggi, ma in più qui c’è il tentativo di ricostruire i principi che generano le grandi annate. Per la Anson sono cinque, per i quali è decisivo il timing, ossia il quando: una fioritura rapida e precoce, il fruit set, lo stress idrico prima della veraison, la siccità e il calore moderato nel periodo della maturazione, tempo asciutto e soleggiato in vendemmia. Combinando questi criteri si può constatare un’ottima corrispondenza con l’andamento effettivo delle annate degli ultimi 15 anni. La combinazione magica dei 5 fattori chiave si è avuta nell’annata 2005, nel 2009, nel 2015 e nel 2016, non a caso ritenute le più grandi. Nel 2010 (altra grandissima annata) c’è stata qualche difficoltà giusto per il fattore 1 (più freddo durante la fioritura, causa di qualche difficoltà per il merlot). La più infelice rispetto al modello descritto dalla Anson è stata l’annata 2013, nella quale nessun fattore è andato al punto giusto, e difatti i risultati sono stati probabilmente i peggiori di questo periodo.

Dopo una parentesi rappresentata da una trentina di pagine a colori che illustrano i diversi paesaggi delle regioni vinicole di Bordeaux  attraverso le belle immagini fotografiche  di Jason Lowe, ha inizio la seconda parte dell’opera, consistente nell’analisi specifica delle diverse sub-regioni, partendo naturalmente dalla Left Bank, o meglio dalla sua sezione settentrionale, comprendente le grandi appellations  comunali  da Margaux a Saint-Estèphe, l’Haut-Médoc e il Médoc propriamente detto, che coprono circa 180 pagine. Ad essa fa seguito la sezione meridionale, a sud di Bordeaux, con Pessac-Léognan, le Graves e il Sauternais (altre 90 pagine circa).Con la Right Bank (Saint-Émilion, Pomerol, e appellations satellite e “minori”)-circa 200 pagine-  siamo giunti a due terzi dell’opera, che si conclude con i territori compresi tra i due fiumi (Garonne e Dordogne) e la Bordeaux “più ampia”, ossia i territori delle AOC Bordeaux, Bordeaux supérieur, Entre-deux-mers, Cadillac Côtes de Bordeaux e Ste-Foy Côtes de Bordeaux. Ciascuna subregione è esaminata in un capitolo dedicato: una cartina generale, una dettagliata scheda sinottica comprendente i comuni interessati da ciascuna AOC, le classificazioni in vigore, la produzione annua media, la dimensione media di ciascuno château, i tipi di terroir principali, le varietà ammesse, la consistenza della proprietà a conduzione organica o biodinamica, ecc.  Dopo una overview generale, ha inizio l’esame dettagliato di ciascuno château: in ordine di classement, e, a parità dello stesso, in ordine alfabetico; posizione sulla mappa, estensione della proprietà e staff. Segue quindi una descrizione esauriente, ma non prolissa, che non manca di informare i lettori sulle novità più interessanti (ampliamenti, nuovi impianti, innovazioni tecnico-agronomiche…).

L’ampiezza delle schede riflette naturalmente in parte il prestigio e l’importanza dei diversi château, ma mantenendo un ragionevole equilibrio, sicché esse risultano sempre molto complete senza inutili appesantimenti. Impossibile, ovviamente, rendere conto di ciascuno dei circa 800 château descritti (tutti puntualmente visitati e “assaggiati” dalla Anson), ma è interessante esaminare le discrepanze tra la classificazione napoleonica e quella odierna data dall’autrice. Va da sé, la corrispondenza è molto alta, ma accanto agli château che vedono oggi riconosciuto appieno  il proprio potenziale all’epoca non completamente espresso (Palmer, 3ème cru 1855 è considerato al livello dei Premiers crus, come Léoville-Las Cases ; Lynch-Bages , Pontet- Canet e Grand-Puy-Lacoste, da 5ème cru sono “promossi” 2nd cru), ce ne sono altri che scendono di livello, come Rauzan-Gassies a Margaux (da 2nd a 3ème cru) o Lagrange a Saint-Julien ( da 3ème a 4ème).

Del resto non ci si deve sorprendere troppo: a parte ovviamente le diverse vicissitudini attraversate dai diversi château nel corso di 170 anni dal classement napoleonico (passaggi di proprietà, di conduzione, management, ecc.) va anche considerato che, come mostra chiaramente una delle numerose appendici che corredano il volume, a parte pochissime eccezioni, la maggior parte degli château ha enormemente modificato i propri assetti, attraverso acquisizioni o cessioni di proprietà vicine: per es, Pichon-Longueville Comtesse de Lalande consisteva di soli 20 ettari nel 1855, oggi sono  74, il vicino Pichon-Baron, 20 ettari nel 1855,  ha raggiunto i 73 ha., Lacombe è addirittura passato dagli iniziali 17 ettari a 120!

Dettagliate mappe a colori di ciascun terroir e di alcuni château emblematici corredano i diversi capitoli, permettendo di comprendere meglio la fisionomia estremamente varia di ciascuna subregione.  Ovviamente non posso soffermarmi sulle singole schede, ma è molto apprezzabile l’approfondimento delle realtà nuove o emergenti, che restituisce un’immagine meno statica del colosso bordolese. In definitiva un libro che non deve mancare sugli scaffali delle biblioteche di studiosi e appassionati di Bordeaux.

C’è anche un po’ d’Italia, nel libro della Anson: pubblicato nei mesi più duri della pandemia, non potendo far assegnazione sulle stamperie cinesi, sempre più preferite dalle case editrici internazionali, si è fatto ricorso ad una piccola casa editrice grafica veneta, la Graphicom, che ha compiuto peraltro un lavoro eccellente, e non era facile con il gigantesco apparato grafico e di immagini dell’opera.

Jane Anson è ben conosciuta dai lettori di Decanter, per cui “copre” l’area Bordeaux, curando anche le primeurs, ma anche per i suoi libri dedicati ai grandi cru della Rive Gauche (Bordeaux Legends,2012) e Angélus (Angélus, 2018). Recentemente si è interessata anche al mondo dei vini naturali (Wine Revolution, 2017).

Jane Anson: “Inside Bordeaux. The châteaux, their wines and the terroir”, London, Berry Bros. & Rudd Press

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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