InvecchiatIGP. Falerno del Massico DOC Rosso “Vigna Camarato” 2006, Villa Matilde: non è del tempo di Plinio il Vecchio, però…3 min read

In questa rubrica non parleremo dei problemi geriatrici di qualcuno di noi (anche se sarebbe utile). Il nostro intento è quello di andare a scovare e raccontare i vini italiani “non giovanissimi”. Abbiamo pensato a questa dizione perché non parleremo quasi mai di quelli che vengono definiti “vini da grande invecchiamento” ma cercheremo sorprese, chicche, specie tra vini che nessuno si aspetterebbe.

Al confine tra Campania e Lazio, nella zona compresa tra il monte Massico, il fiume Savone e le pendici del vulcano spento di Roccamonfina, c’è una fascia di terra conosciuta con il nome di Ager Falernus.

Questo territorio particolarmente fertile era già noto nell’antichità principalmente per la produzione dell’omonimo vino Falerno che può essere considerato come la prima vera DOC o il primo Grand Cru della storia. Infatti, già 2000 anni fa, esisteva un suo disciplinare di produzione che prevedeva: un rituale codificato di pigiatura al ritmo di musiche sacre; un’etichettatura, “pittacium”, che indicava luogo di origine e annata; un periodo di invecchiamento di numerosi anni, prima che il vino venisse consumato con aggiunta di acqua di mare, spezie e miele.

Nonostante la fama ed il successo con la caduta dell’Impero romano del pregiato e costoso Falerno si persero le tracce. Ma negli anni ’60 del secolo scorso  l’Avv. Francesco Paolo Avallone, appassionato cultore di vini antichi, incuriosito dai racconti di Plinio e dai versi di Virgilio, Marziale e Orazio, decise si riportare in vita la leggendaria bevanda.

Il fondatore di Villa Matilde, coadiuvato da un gruppo di ricercatori universitari, riuscì ad individuare alcune varietà di uva con cui probabilmente si produceva il mitico vino e a rintracciare pochi ceppi, lontani discendenti di quelle varietà di viti coltivate nell’ Ager Falernum oltre 2.500 anni addietro.

I vitigni, su piede franco e quindi sopravvissuti miracolosamente alla devastazione della filossera di fine ottocento, vennero reimpiantati proprio nel territorio del Massico, dove “gli antenati” avevano prosperato oltre 2000 anni prima.

Il percorso di recupero del Severus, fortis, ardens continua oggi con Maria Ida e Salvatore Avallone che, con dedizione esclusiva, proseguono il sogno ed il progetto del padre portando avanti, dal 2009, anche interventi di sostenibilità ambientale condotti nella direzione del recupero delle acque e del risparmio energetico attraverso una revisione globale degli impianti e il ricorso ad energie alternative di cui tanto si parla oggi.

Durante un recente pranzo con i fratelli Avallone ho potuto degustare il loro Falerno del Massico DOC Rosso “Vigna Camarato” 2006 (80% aglianico e 20% piedirosso) prodotto esclusivamente nelle migliori annate con uve raccolte nell’omonimo vigneto, uno dei più vecchi e meglio esposti della tenuta collinare di San Castrese.

Il vino, dal colore appena leggermente granato, è ancora assolutamente integro nei suoi profumi che richiamano il terroir di appartenenza dove l’influenza del mare e del vulcano spento di Roccamonfina forniscono a questo rosso nuances aromatiche scure che richiamano il rabarbaro, la china, il mirto, la ciliegia matura, per poi vibrare su sensazioni di ferro e iodio. L’assaggio non manca di personalità, è ancora perfettamente bilanciato, fresco, con tannini “dolci” e ben estratti. Lunghissimo il finale su toni di erbe mediterranee e salgemma. Chapeau!

Andrea Petrini

Andrea Petrini, il “giovin fanciullo” del gruppo. Il suo giornale online è Percorsi di vino.


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