Inchiesta sui tappi: eccovi i risultati e una…proposta8 min read

Le nostre domande sui tappi hanno avuto risposte (per motivi di spazio le presentiamo cercando  di accorpare quelle di chi la pensa in maniera più o meno uguale, proponendo alcuni “testimonial”)  che mostrano la grande diversità di idee che regna su questo argomento.

Un punto a vantaggio della canna da zucchero

Per esempio  Erik Banti  afferma che solo in Europa meridionale  si preferisce il sughero, aggiungendo  ironicamente  che per lui serve solo “A dare gioia ai sommelier che stappano il vini nei ristoranti e per giustificare prezzi elevati delle bottiglie”. Il resto del mondo è orientato verso i tappi stelvin,  che conservano perfettamente il vino. Da tre anni usa tappi Nomacorc che gli danno soddisfazione  al 100%, inoltre  sono riciclabili, a zero carbon footprint impact perché prodotti con foglie di canna da zucchero. Tornando ai tappi in sughero confessa che ha avuto il maggior numero di problemi con i monopezzo, i più cari, che nella conservazione orizzontale hanno avuto spiacevoli gocciolature: addirittura meglio gli agglomerati con la doppia rondella da entrambe le parti.

Siamo alle diffide

Gianluca Morino è da sempre un accanito  sostenitore dei tappi stelvin. Ha risposto alle nostre domande con una semplice frase “Tanto sapete già come la penso, quindi evito di ripetermi anche perché sono stato diffidato”. Speriamo che la “querelle” sui tappi non porti nessuno in tribunale.

La giornalista americana Carla Capalbo, pur provenendo da una nazione dove lo Stelvin è molto presente. crede che il sughero naturale sia e sarà sempre il modo migliore di chiudere le bottiglie.  Per lei  è l’unico sostenibile, con le foreste di sughero che servono anche da polmone naturale.  Pur se in passato ci sono stati grossi problemi  col il TCA, ora le cose sono cambiate perché le ditte di sugheri naturali hanno fatto enormi passi avanti.  Con Amorim in prima fila (il produttore più grande del mondo di sughero) sono stati investiti molti soldi per  l’eliminazione totale del TCA , arrivando ad una riduzione di almeno il 95%.

Sul fronte “non sughero” ritiene che i tappi di plastica (silicone) siano insostenibili e lascino tracce nel vino, soprattutto con qualche anno di invecchiamento, mentre lo screwcap è comodo ma per lei non adatto a bottiglie di lungo invecchiamento. Inoltre  crea anche problemi di riduzione. Chiude con un  appunto “romantico” dicendo “Chi non preferisce stappare una grande bottiglia con un tappo “vero”?”

La micro ossigenazione

Favorevole  al sughero naturale è anche la Tenuta del Palagio in Chianti Classico, soprattutto perché permette almeno una  minima micro ossigenazione. Credono comunque che in futuro il mercato si dividerà in due macrofasce: si userà tappo di sughero per i vini importanti e tappo a vite per vini di pronta beva. Loro non hanno mai avuto problemi con il sughero naturale e non hanno mai utilizzato chiusure alternative, anche se hanno testimonianze di altre cantine, non solo italiane, dove il tappo a vite viene usato con grande soddisfazione.

Il vignaiolo sardo Francesco Sedilesu, come altri,  è un paladino del sughero naturale. Afferma che “Purtroppo non si conosce niente di meglio: ogni tanto arriva una novità che dopo qualche tempo delude e si ritorna indietro”. Inoltre per lui il tappo di sughero ha anche una funzione di marketing “ Perché contraddistingue il vino di qualità”. Sulle differenze tra chiusure per vini da pronta beva e da lungo invecchiamento afferma “ Io  faccio pochi vini di pronta beva e ho usato poche volte  tappi tecnici in sughero anche se sono convinto che diano garanzie nel breve periodo e inoltre… costino poco. Nel breve periodo anche il tappo a vite è una buona soluzione, ma per i vini da invecchiamento il tappo in sughero monopezzo non sembra avere rivali”

Per il futuro crede che sarà meglio aumentare la ricerca sul tappo in sughero piuttosto che inventarsi altri prodotti, anche perché ritiene che il sughero naturale sia salutare per il vino e salutare per l’ambiente. Ammette comunque  che Il tappo in sughero alla lunga porta una variabilità importante  tra una bottiglia e l’altra: lui non le ha fatte ma ci sono analisi che fanno vedere come la solforosa possa essere molto diversa tra bottiglie dello stesso lotto già dopo qualche anno. Per quanto riguarda  invece  i tappi tecnologici, ha sentito esperienze di altri produttori che si sono ritrovati il vino danneggiato peggio che col monopezzo.

E’ comunque uno dei pochi ad far notare un problema correlato sicuramente importante, quello riguardante lo studio del collo della bottiglia che spesso (o perché troppo largo o perché tende a svasare in basso) è causa di quantità di ossigeno eccessive a contatto con il vino. A questo proposito propone  di ridurre il diametro del collo bottiglia per renderlo più efficiente e meno costoso.

Motivazioni tecniche

Sul fronte opposto Paolo Lucchetti, giovane produttore marchigiano crede che la miglior chiusura in questo momento in circolazione sia il tappo a vite. Spiega il perché con un’accurata presentazione tecnica “Il tappo a vite nell’ultima decade ha avuto un grande sviluppo sotto l’aspetto tecnico. Oltre alla conoscenza di come il vino si comporta dopo la chiusura, si sono sviluppate nuove membrane che riproducono una maggiore o una minore traspirazione. Tale cosa alcuni anni fa non esisteva e i tappi a vite erano dotati solo dei classici liner (tin-foil o saran) che chiudevano ermeticamente la bottiglia, rischiando poi riduzioni, soprattutto sui vini rossi. Utilizzando questa chiusura si ha un comportamento lineare di permeabilità in tutte le bottiglie del lotto. In questa maniera l’imbottigliamento non è più una roulette russa, con bottiglie che evolvono in maniera diversa, ma una vera e propria scelta tecnica del produttore. Con il tappo a vite inoltre, si ha una minor necessita di solforosa in bottiglia, così i vini sono immediatamente pronti dopo l’apertura.”

Quindi uno strenuo e tecnicamente convinto difensore del tappo a vite, ormai stufo della cosiddetta “mancanza di romanticismo” di chi non usa il tappo di sughero e soprattutto dell’accusa di risparmiare sul tappo per aumentare i profitti. Sottolinea come queste siano prese di posizione puramente italiane, perché lo screw cap all’estero è sdoganato da anni.

Naturalmente ritiene che in futuro ci sarà spazio solo per il tappo a vite perché “Assicurerà la qualità di qualsiasi bottiglia del lotto senza nessuna deviazione o problematica e permetterà al produttore di scegliere come far evolvere il proprio vino.”

E’ convinto che Il sughero sia un grandissimo materiale che però trova il suo miglior utilizzo come isolante termico e non come chiusura.

Un grande appassionato e conoscitore di vino, Alberto Rangoni, è anche lui convinto che lo screw cap sia la migliore forma di chiusura perché “ Il vino che si mette in bottiglia resta tale, senza l’influenza di difetti, spesso presenti in misura più o meno grande nel sughero (anche nei tappi “tecnici”). Sul fronte della differenza tra chiusure per vini da pronta beva e da lungo invecchiamento sostiene, come altri,  che i tappi a vite non siano adatti solo per i vini giovani: con le membrane a permeabilità differenziata, si può trovare la soluzione ideale per ogni vino, manca solo un po’ di esperienza e conoscenza in questo campo.

Naturalmente per il futuro vede il pole position il tappo a vite  “Per la sempre maggiore difficoltà a reperire sughero di qualità , con relativo aumento dei costi, e per la superiorità tecnica del tappo a vite.”

Daniele Galler, appassionato di vino e responsabile commerciale della cantina di Bolzano, fa parte di quel gruppo di “combattuti” che però alla fine scelgono il sughero che “riesce a dare il miglior compromesso per la conservazione di un vino.” Questo perché  “L’´esperienza e la storicità legata alle lunghissime conservazioni, la possiamo avere solo con il tappo in sughero” Comunque sul breve periodo (fino a 3/5 anni) non trova grandi differenze dal punto di vista della  percezione qualitativa. Ha notato comunque “Che un vino chiuso con tappo a vite, è molto indietro rispetto al sughero”

Anche lui è del gruppo di chi ritiene che il tappo a vite lederebbe l’immagine dei grandi vini da invecchiamento, ma va oltre, sostenendo che “Vini di pronta beva, percepiti dal consumatore come prodotti di qualità medio/bassa perdono ulteriormente valore commerciale se con chiusura a vite”.

Per il futuro crede che il sughero sarà sempre la chiusura più accettata dal consumatore e chiude dicendo “Ho avuto esperienze  paragonando nello stesso momento, vini dello stesso vitigno, lotto, tipologia, chiusi con diverse tecniche, a distanza di anni. Il vini tappati col sughero hanno sempre avuto qualche punto in più, a tal punto da accettarne i rischi legati al TCA”.

La proposta finale

Come potete vedere i pareri sono molto diversi e  tutti hanno almeno una minima conoscenza tecnica sull’argomento. Naturalmente questa  è maggiore sul tipo di tappo scelto, mentre le tappature antagoniste spesso hanno valutazioni legate al sentito dire o a studi o situazioni tecniche oramai superate.

Ci sembra chiaro che il tappo di sughero abbia come grande vantaggio anche una valenza “storico-romantica” che lo immedesima con la grande qualità dei grandi vini, mentre il tappo a vite (principale antagonista) è sicuramente convincente sia sotto un profilo di assenza di problemi che di facilità d’uso ma, specie in Italia, viene ancora visto con un’aura “cheap”.

Quello che notiamo è una mancanza di informazioni a 360° gradi, che permetta soprattutto ai produttori, ma anche agli appassionati, di conoscere approfonditamente ogni sfaccettatura delle varie forme di chiusura.

Per questo crediamo che sarebbe veramente utile riuscire a comunicare a tutti le reali caratteristiche di almeno tre-quattro tipologie di tappi (sughero naturale, a vite, sugheri tecnici di sughero o di altre sostanze) con prove e confronti importanti e così ci viene voglia di lanciare un’idea: invitare produttori di tappi e produttori di vino ad un incontro dove si potranno sentire tutte le campane, sia da un punto di vista tecnico che degustativo.

Cosa ne pensate?

 

 

Redazione

La squadra direbbe Groucho Marx che è composta da “Persone che non vorrebbero far parte di un club che accetti tipi come loro”. In altre parole: giornalisti, esperti ed appassionati perfetti per fare un lavoro serio ma non serioso. Altri si aggiungeranno a breve, specialmente dall’estero, con l’obbiettivo di creare un gruppo su cui “Non tramonti mai il sole”.


LEGGI ANCHE