Il rosa e il “viaggio” che non ti aspetti2 min read

In occasione della giornata dedicata alla donna diamo il benvenuto con grande piacere a una una nuova e appassionata collaboratrice, Letizia Simeoni. Benvenuta Letizia e… peggio per te!

Diciamo la verità, nonostante l’aumento di produzione degli ultimi anni e che trova riscontro nei consumi, il vino rosato rimane sempre ancorato al ruolo di vino dalla beva semplice, prevalentemente giovanile o femminile (se vogliamo essere figli di un retaggio minimamente maschilista) puntato sull’ aperitivo o per accompagnare pizze et similia.
In un locale “et similia” mi trovo davanti ad una carta vini di tutto rispetto che propone un parco giochi di bottiglie di grande valore qualitativo, che ben rappresentano un territorio fortunato dal punto di vista produttivo come quello dell’Alto Adige.

La mia attenzione viene catturata da un rosato con la presenza di varietali che difficilmente si trovano coltivati in questa regione e che da soli occupno due righe del listino: sgrano gli occhi e immediatamente si innesca una irresistibile curiosità.

La Rose de Manincor 2020: composto da merlot, cabernet sauvignon, pinot nero, petit verdot, lagrein, tempranillo, syrah (soltanto…)
Cribbio, che mi trovi dinanzi ad una versione rivisitata in rosa di un Chàteauneauf-du-Pape? Invece siamo a Caldaro, Cantina Manincor per l’appunto.

La bottiglia si è presentata con un bellissimo buccia di cipolla, colore naturale e davvero piacevole alla vista: nessuna spinta allo psichedelico che va spesso di moda per catturare l’attenzione. Profumi delicati, ammalianti e decisi. Già al primo impatto sono soddisfatta, la serata si è fatta interessante a prescindere.

E siccome il bello va goduto cerco e ricerco i profumi più volte prima di assaggiarlo e tutte le volte è un viaggio diverso. Prevale la nota fruttata con lampone, ribes rosso, marasca, fragolina di bosco e melograno che ben si abbracciano ad erbe di montagna lievemente balsamiche e note minerali, quasi iodate. Note speziate per nulla invadenti completano il quadro.

Ed ecco che parte il “tour”! I vari vitigni che lo compongono mi fanno fare una sorta di viaggio spazio temporale: al primo impatto ripenso alla zona di Bordeaux grazie alla presenza del merlot e del cabernet sauvignon che escono in tutta la fragranza di frutto pieno rosso e carnoso e delle erbe alpine. Sempre in zona per via del Petit Verdot con le sue note agrumate e un lievissimo accenno di tannino, quasi impercettibile e ben vellutato. Si passa nella Valle del Rodano con l’elegante speziatura del syrah, ma poi è un attimo trovarsi in Spagna: mi immagino una Catalogna con i suoi profumi di macchia mediterranea e le note balsamiche espresse dal tempranillo, per tornare infine da dove tutto è partito, e cioè in Alto Adige con l’elegante pinot nero e il burbero lagrein.

Una bevuta davvero corposa e nello stesso tempo di grande freschezza e sapidità. Molto persistente, ben si sposa con piatti di tradizione sia alpina che mediterranea: regge tranquillamente carni bianche e con una tartare di tonno non sfigura affatto, ma soprattutto sorregge e accompagna un bel viaggio sensoriale.

Letizia Simeoni

Beata la consapevole ignoranza enologica. Finchè c’è ti dà la possibilità di approcciarsi alla conoscenza! Prosit.


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