Il Marsala secondo Florio: Aegusa La verticale: 2001 -1994 – 1989 – 19745 min read

La degustazione che non ti aspetti:  uno degli “eventi collaterali”che hanno dato lustro al caleidoscopico contenitore di Wineup, a Marsala, inventato e organizzato da Massimo Picciotto, è stata una verticale che credo sia ancora scolpita nella mente di coloro che hanno avuto la possibilità di partecipare. Quattro annate di un vino prezioso, simbolo di una denominazione che ha ancora oggi, malgrado la sua storica età, un potenziale grandissimo di crescita.

Aegusa era il nome del vino che Vincenzo Florio amava di più, quello delle feste di famiglia, quello che veniva offerto a tutti gli ospiti di riguardo. Era un Marsala Superiore Riserva, ed era dedicato all’isola di Favignana, che gli antichi greci chiamavano Aegusa appunto.

Ogni anno la cantina mette da parte duemila litri di riserva in caratelli da 300 litri. Le uve, Grillo 100%, provengono dalle vigne della contrada Spagnola, a Marsala appunto; un luogo molto particolare, a sud  dell’isola di Mothia, e vicina alle saline che marcano il paesaggio con la loro struggente bellezza. Qua “vento, sole e mare” (i tre elementi imprescindibili come dice il Professor Trapani), compiono il miracolo di donare uve perfette per un grande Marsala.

Aegusa è un Marsala Superiore Riserva Ambra Semisecco e riprende il nome del vino migliore di casa Florio. Commercialmente  nasce nel 2008 quando la proprietà decide di imbottigliare alcuni barili della migliore riserva di ogni decennio presenti in cantina; prodotto in circa un migliaio di bottiglie; il resto si unisce alla massa per il Florio Targa e Donna Franca.

Fino ad oggi le annate entrate in commercio sono 7, oltre a quelle in degustazione esistono anche le annate: 1941 – 1952 – 1964.

Tommaso Maggio, l’enologo della cantina, carica che ricopre da 22 anni, decide con i suoi collaboratori quale sia il miglior millesimo. Avendolo conosciuto personalmente ho potuto misurare la sua passione per questo vino, e per la sua terra, e penso sia un onere per lui essere investito di questa grande responsabilità, ma di certo anche un grandissimo onore che comunque non scalfisce la sua innata umiltà. “Il vino deve essere perfettamente maturo” come dice Tommaso, prima di poter essere preso come candidato di Aegusa. Al momento si sta decidendo quale sia il miglior millesimo  per l’Aegusa del decennio 2010 – 2020, ma ci vorrà ancora qualche anno per capire quale millesimo avrà le caratteristiche perfette per diventare “vino perpetuo”.

La Degustazione

La degustazione, è stata guidata magistralmente da Luigi Salvo, alla presenza di Tommaso Maggio,  ed ha avuto un momento importante e toccante nelle parole di Nicola Trapani.

Il Professor Nicola Trapani ha insegnato Enologia e Viticoltura presso l’Istituto Tecnico Agrario Specializzato di Marsala per 35 anni e presso la Libera Università di Trapani e nel corso di laurea in Viticoltura ed Enologia dell’Università di Palermo; uno dei padri dell’enologia moderna nazionale e di certo il padre di tutti gli enologi siciliani. Il Professor Trapani, al di la di tutte le parole che ha speso per il vino a cui è legato visceralmente, mi ha colpito per la passione e l’entusiasmo nello sforzo di comunicare quanta qualità ci può essere in uno dei vini più maltrattati e sottovalutati del mondo. “Mare, vento e sole”, tre parole che mi ritornano in mente continuamente dopo il suo intervento, gli ingredienti per fare un grande vino fortificato.

 

Tornando ai vini, le riserve sono andate tutte in bottiglia nello stesso anno, il 2008, tranne il 2001 che è andato in bottiglia nel 2015. Pertanto le diverse annate hanno una diversa composizione di tempo passato in legno e poi in bottiglia.

2001: un colore ambrato rivela concentrazione e peso del liquido che si sposta nel bicchiere, un peso specifico diverso che si avverte al polso. All’inizio il naso è rosa appassita, a seguire escono note iodate e caramello, frutta candita…ma…e l’ossidazione? Il…”marsalato”…nulla di tutto questo per un’immagine del Marsala insolita a chi è abituato a situazioni più “regolari”.

Ingresso suadente e ben bilanciato. Molto complesso. Acidità in evidenza, seguita dalla sapidità che le vigne così vicine al mare possono donare. Invoglia alla beva ed è disarmante la “giovanilità” di questo vino che, più che perpetuo, sembra immortale. Alla fine esce la nota ossidativa, appena accennata, giusto a ricordare la sua origine. Alla cieca sfiderei qualunque assaggiatore nel capire l’età.

1994: purtroppo la bottiglia non era nel suo massimo splendore per quanto riguarda l’aspetto olfattivo. Peccato perché il palato aveva un fantastico bilanciamento e una grande potenza. Da sottolineare che solo la bottiglia servita alla nostra fila aveva problemi.

1989: ovvero 19 anni di botte e 11 anni di bottiglia e non sentirli!  Profumi di pasticceria inizialmente, leggera ossidazione in sottofondo, a seguire frutta passita e comunque colpisce la disinvoltura e naturalità di questi aromi che ispirano ancora freschezza e gioventù, si continua con un bouquet di fiori appassiti e frutta candita. Il palato è potente ma alla fine è l’eleganza che domina nel bicchiere.

1974: 34 anni di botte e il resto in bottiglia; confesso che ho smesso di prendere appunti, ricordo ancora le incredibili note iodate miste a macchia mediterranea e l’infinita classe al palato, in bilanciamento perfetto.

Una degustazione che mi ha sinceramente impressionato; da sola valeva il viaggio. Una grandissima esperienza che mi ha fatto toccare con mano un mondo di cui avevo solo sentito parlare. Un’eccellenza assoluta che merita di essere  più conosciuta. Spero Aegusa possa diventare ancora di più un punto di riferimento per il Marsala d’eccellenza, e stimolo di un traguardo possibile per le altre cantine che lo producono.

Una standing ovation per Massimo Picciotto che, da quanto mi risulta, ha voluto fortemente questa verticale operando un pressing serrato con la cantina!

La paura è che vini di questo tipo e il Marsala in generale vadano piano piano a morire tra l’indifferenza generale. Cosa possiamo fare per evitarlo? Mentalizzarsi su come questi vini siano unici e di bontà assoluta è il minimo. Ma, oltre a mancare quasi sempre idee e coraggio, lo sforzo per provare a risalire la china non può ricadere solo su alcune cantine ma su una denominazione che, purtroppo, non ha nemmeno un consorzio operante. Che dire…

 

Foto di Luigi Crosti da Pixabay

 

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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