Il diritto di tappo: un metodo che richiede educazione e cultura, da ambo le parti5 min read

Ultimamente ho notato che sia in Italia che in Grecia esiste un acceso dibattito sul BYOB (il cosiddetto diritto di tappo) tra gli appassionati di vino, che si dividono sulla sua utilità e sulle modalità di esecuzione. Cercherò  quindi di fare un po’ di ordine nella “disinformazione” che circonda il BYOB, partendo dall’etimologia del termine.

Il termine BYOB, “Bring Your Own Beer” [Bottiglia (Bottle), Alcolico (Booze)] significa generalmente “portate il vostro alcolico”.

Il termine è apparso per la prima volta oltre 100 anni fa (nel 1915 per la precisione) in America, legato ad una condizione specifica dell’epoca, ovvero il divieto di vendere alcolici nei negozi e nei ristoranti ma non di consumarli, per cui era legittimo che qualcuno si portasse da bere da casa. In seguito il termine è stato mantenuto, durante il proibizionismo è stato rafforzato ed è anche stato utilizzato il termine BYOL, Bring Your Own Liquor.

Oggi la pratica BYOB è ampiamente adottata da molti enofili in modo completamente diverso dalla “cultura” originariamente introdotta dal termine, con la conseguente creazione di schieramenti pro e contro.

Il diritto di tappo funziona in maniera semplice e intuitiva: il cliente si porta da casa la sua cara bottiglia e se la gusta nel corso del pasto servito al ristorante.

Il cliente pagherà sul conto finale solo una tassa (chiamata “corkage fee” ovvero “diritto di tappo”) sul servizio del vino, sulla “stappatura” della bottiglia, sul lavaggio del bicchiere e sull’eventuale utilizzo del decanter. Il valore di questa tassa è variabile. In Italia, mediamente siamo attorno ai 5 – 10 euro per ogni bottiglia, ma c’è chi offre il servizio gratuitamente. 

Negli Stati Uniti, invece, la “corkage fee” è spesso superiore tanto che in un noto e lussuoso ristorante newyorkese si richiedono addirittura 150 dollari, ma anche in Italia non siamo mesi male. Per esempio un ristorante stellato chiede per ogni bottiglia 12€ moltiplicato per ogni partecipante, quindi se siamo in 8 il costo si avvicina ai 100€.

Il BYOB ho cominciato a praticarlo circa venti anni a Firenze fa presso due storici ristoranti, mentre in Grecia ho cominciato molto prima. Posso dirvi di aver commesso a tal proposito anch’io tanti errori,  quindi proverò a fare un decalogo che vi inviterei a prendere in considerazione.

  1. Il vino è un bene culturale della gastronomia e come tale dovrebbe essere governato da valori quali: il rispetto, la cortesia, la discrezione e la moderazione.
  2. Il BYOB viene regolato dal “padrone di casa” ed è quest’ultimo a stabilire i termini del servizio, non l’ospite. Il gestore dell’esercizio ha la possibilità di rifiutarsi di fornire il servizio se ritiene di non essere d’accordo con le condizioni stabilite dall’ospite.
  3. Nei locali con carta di vino ”di peso” e con una cultura enologica di rilievo, dovremmo portare un’etichetta di un anno raro o eccezionale che non è presente nella carta dei vini, oppure un vino straniero anch’esso non presente.
  4. Qualsiasi etichetta portiamo, vino raro o meno raro, è consuetudine offrire un bicchiere al proprietario o al sommelier per la degustazione.
  5. Nei negozi in cui non esiste una carta dei vini strutturata e probabilmente con un approccio “semplice”  verso il mondo del vino,  la pratica BYOB è più che legittima per accordo.  
  6. Il BYOB deve sempre essere organizzato consultandosi preventivamente con il gestore dell’esercizio per decidere come meglio attuarlo. Va ricordato che gli esercizi commerciali sono imprese regolate da norme operative, hanno obblighi fiscali e sono soggetti a controlli con possibilità di multe in caso di movimentazione illegale di merci o fornitura di servizi. Considerate che anche una foto sui social media col gruppo di amici con i quali avete condiviso delle bottiglie (BYOB) può far scattare un controllo presso l’esercizio nel quale si è tenuta la degustazione.       
  7. Nel caso di BYOB è comune addebitare il “diritto di tappo”. Questa tariffa è stabilita dal gestore dell’esercizio commerciale e riguarda il processo di servizio, ovvero: accoglienza e apertura della bottiglia, fornitura di bicchieri, lavaggio. L’importo della tariffa è determinato esclusivamente dal gestore della struttura.
  8. L’obiettivo del BYOB è quello di contribuire a migliorare l’esperienza culinaria in un ristorante, agendo come servizio complementare o integrativo del servizio offerto. In nessun caso l’obiettivo del BYOB deve essere quello di risparmiare sul conto! In questo caso è meglio rimanere a casa e usufruire del servizio di consegna di cibo a domicilio mentre ci godiamo i nostri vini.
  9. Ho visto foto sui social  nelle quali dei “winelovers” portavano bottiglie da 10-15€. Evitiamo di portare etichette comprate a due soldi al supermercato, facendo così assisteremo a ciò che sta accadendo nelle Langhe dove ormai sono rari i ristoranti che accettano il BYOB.
  10. Nel caso in cui non venga applicata una tassa sul corkage, sarebbe più che opportuno lasciare una mancia soddisfacente per l’ospitalità ed il servizio offerto.

Non dimentichiamo che il modo in cui trattiamo la ristorazione e la gastronomia dimostra il livello sia della nostra cultura che della nostra civiltà. A pensarci bene BYOC può significare “porta la tua cultura a ristorante”.  

Haris Papandreou

Arrivato a Firenze nel lontano 1985 con studi in economia e commercio. Attualmente segretario del Consolato Onorario della Grecia a Firenze e responsabile della parte economica in un studio tecnico. Appassionato di vino e organizzatore di diverse degustazioni di vino greco a Firenze.


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