Il Chianti Classico al tempo del Covid-19: intervista al Presidente del Consorzio Giovanni Manetti6 min read

Iniziamo una serie di interviste ai presidenti dei maggiori consorzi di tutela italiani dove si parlerà della situazione creatasi con il Coronavirus e molto altro. A questa di Giovanni Manetti seguiranno quella di Matteo Ascheri del  Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Roero, di Fabrizio Bindocci del Consorzio Brunello di Monltacino, Di Silvano Brescianini del Consorzio Franciacorta e molti altri che stiamo contattando.

 

Winesurf “Buongiorno Giovanni. Iniziamo cercando di esorcizzare un po’ la situazione. Tu passerai alla storia per  essere  stato il presidente del Consorzio Chianti Classico durante il Coronavirus. Come ti vedi in questo ruolo?”

Giovanni Manetti “Buongiorno a voi. Innanzitutto non ci tengo a passare alla storia. Viviamo un periodo molto strano, una cosa mai verificatasi  prima e tutti noi stiamo cercando di affrontarlo al meglio, grazie a tutte la aziende chiantigiane che continuano a lavorare.”

W. “A proposito di lavorare: com’è la situazione sanitaria in Chianti Classico?”

G.M. “E’ in evoluzione e quello che succede oggi non è detto che accada domani! Però i casi, per quello a cui sono a conoscenza,  sono veramente rarissimi e so che in tutte le aziende il lavoro sta continuando, anche grazie al meteo favorevole. C’è molto da fare in vigna perché siamo alle porte del germogliamento.”

Foto Apsana Macchi

W. “Che attività vengono fatte adesso in vigna?”

G.M. “C’è ancora chi deve finire la potatura e poi dipende dal tipo di forma di allevamento: chi ha il guyot è  impegnato nelle operazioni di piegatura e legatura. Questo è anche il momento ideale per impiantare o reimpiantare  nuovi vigneti. Non ci scordiamo delle concimazioni. Insomma il lavoro non manca e la fortuna di lavorare in campagna è quella che possiamo stare distanti l’uno dall’altro, come stiamo facendo da noi, e così lavorare in mezzo ad un mondo bellissimo rispettando le giuste regole imposte dal governo.”

W. “Una delle più grosse stupidaggini girate in questi giorni, soprattutto all’estero, ma che corre il rischio di essere presa sul serio da qualcuno, è quella relativa al fatto che il vino possa essere infettato dal Covid-19. Mi puoi aiutare sia come produttore di vino sia Presidente del Consorzio del Chianti Classico per far capire quanto sia falso dirlo?”

G.M. “E’ una grandissima stupidaggine e rientra in quelle che si chiamano le fake news. Il virus può essere trasmesso solo da una persona all’altra e a contatto con gli oggetti rimane in vita pochissimo, in un liquido figuriamoci. E’ un problema che non esiste: medici, esperti, professori di igiene alimentare ci assicurano che è appunto un falso problema e che non solo il vino ma i prodotti agroalimentari italiani in particolare sono esenti da virus. I consumatori possono stare tranquilli perché questa è una notizia assolutamente falsa.”

W. “Purtroppo ci siamo visti recentemente al funerale di Daniel Thomases ed eri uno dei pochi produttori presenti. Potresti darci un tuo ricordo di Daniel?”

G.M. “Daniel era un carissimo amico! Ho dei bellissimi ricordi legati alla nostra amicizia.  Ricordo all’inizio degli anni novanta un viaggio assieme in Francia nella valle del Rodano: 4-5 giorni a visitar cantine. La grandissima umanità, l’affabilità, la simpatia di Daniel rimarrà nelle nostre memorie per tantissimi anni. Era un uomo schietto, molto onesto, diceva quello che pensava, di grandissima intelligenza e di grande cultura, veramente una grande perdita.”

W. “Parliamo di cose ancor più tristi, se possibile. In generale cosa sta accadendo nei mercati, sia per quanto riguarda il Chianti Classico?”

G.M. “La situazione è questa: ordini dalla ristorazione non arrivano, ma continua ad arrivare qualcosa dalle enoteche online. L’estero si sta fermando nei paesi in cui sta arrivando il virus e che sono in lieve ritardo rispetto alla nostra situazione. Ordini non arrivano ma c’è un segnale di speranza che arriva dall’Asia, dove gli ordini stanno ripartendo: in questa settimana (dal 15 al 22 marzo)  ho ricevuto ordini da clienti di Hong  Kong, di Shangai, dal Giappone e anche dalla Corea del Sud. Quindi vuol dire che in Asia sta già passando questa maledetta “perturbazione”. Questo è un segnale che deve dare speranza a tutti noi in occidente. La crisi passerà, tutto sta a noi nel comportarsi nella maniera adeguata.”

W. “Come pensi che evolverà la situazione nell’agroalimentare e nel vino subito dopo il coronavirus e più avanti , nel futuro?”

G.M. “L’agroalimentare italiano non perderà il suo appeal a causa di questa crisi. Il settore più danneggiato è quello del turismo, che è legato  stretto al vino e all’agroalimentare. La prima cosa da fare al termine di quest’emergenza è di organizzare  una grandissima campagna di immagine sui nostri mercati esteri,  per invogliare i turisti a ritornare in Italia e a consumare i nostri prodotti. Dovremmo farla tutti assieme: produttori , ministero, regioni, consorzi. Occorrerà mettere in moto un vero e proprio Rinascimento.”

W. “Parliamo adesso di cose più leggere: Sei impegnato come prima o hai maggior tempo libero? Come si svolge la tua giornata?”

G.M. “Mi alzo alle sei e adesso sto molto in vigna: se c’è un vantaggio in questo momento è chela situazione ti permette di stare molto nel vigneto. Siamo molto concentrati sulla produzione: quando telefono a colleghi li trovo o in vigna  o in cantina e questo è molto positivo. Senz’altro la qualità finale delle nostre produzioni ne beneficierà proprio perché c’è maggior attenzione  e tempo disponibile per i lavori in vigna e in cantina.

W. “Quindi ti stai “godendo “ il vigneto, ma un po’ di tempo libero l’avrai. Cosa fai?”

G.M. “Sto leggendo un bellissimo libro sul Barolo che si chiama “Il mistero del Barolo” di Giovanni Negri e lo consiglio a tutti. E’ un libro che parla di tutti i vin a base nebbiolo, presentando sia quelli di Langa che quelli dell’Alto Piemonte, che adesso si stanno riproponendo alla grande: lessona, Boca, Bramaterra, Gattinara. Grazie alla lettura di questo libro mi sono comprato delle bottiglie e me le sto godendo una a una.”

W. “Neanche a farlo apposta l’ultima domanda che stavo per farti è: hai stappato qualche bottiglia particolare? Qualche sorpresa?”

G.M. “Proprio tra questi vini, se devo citare un’etichetta, parlerei del Boca Le Piane del 2013, un’annata fantastica. Ma tornando in generale all’Alto Piemonte, pensa che circa  un secolo fa lassù parlavano addirittura di avere 40.000 ettari di vigneto. Forse è un dato un po’ esagerato ma dove adesso ci sono boschi allora c’erano vigneti. Invece oggi queste denominazioni hanno pochi ettari, ma in passato avevano un immagine pari o superiore a quella del Barolo.”

W. “Non hai bevuto rosé in questo periodo (a Giovanni non piacciono n.d.r.)”

G.M. “No (ridendo), come sai non li apprezzo molto ma quando ci mettiamo la sera a tavola e stappiamo una bella bottiglia è proprio un momento da ricordare: un’ altra piccola cosa positiva di questo periodo. Poi due dei miei figli lavorano già con me e quindi possiamo scambiarci dei pareri e parlare tranquillamente.”

W. “Quindi quanto staranno i due ragazzi a buttarti fuori dall’azienda?”

G.M. “(Ridendo)  Per adesso e ancora per un po’ mi lasceranno lavorare insieme a loro.”

W. “Grazie Giovanni e ricordo a te e ai lettori che dovremo fare un’altra intervista, questa però dopo “la bufera” su due argomenti importantissimi: il caso della Gran Selezione e l’idea di zonazione chiantigiana.”

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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