Hospices de Beaune: un’asta con la “B” (di Borgogna) maiuscola3 min read

Uno pensa che Le grands Jours de Bourgogne sia la manifestazione più importante del vino borgognone e naturalmente sbaglia. Però non può saperlo fino a quando non partecipa alla “Vente des Vins des Hospices de Beaune”.

In realtà per la stampa specializzata la prima resta più importante ma se uno vuole capire e soprattutto “tastare” qualcosa del mondo attorno al vino di Borgogna deve partecipare almeno una volta all’Asta.

Non crediate sia una manifestazione asettica a cui partecipano solo iniziati e compratori: l’Asta è oggi come oggi una scusa per una serie di manifestazioni che durano 3-4 giorni ma soprattutto è un modo per riempire quella quasi sempre silente  cittadina di Beaune di luci, sapori, rumori, odori più da festa paesana che da degustazione paludata.

Le due cose si incontrano poi la domenica pomeriggio quando inizia l’asta: nella grande sala i compratori e la “créme” del mondo del vino, nella piazza accanto il maxischermo dove il popolo segue l’asta in una calca da finale dei mondiali di calcio.

Ma cerchiamo di andare con ordine: ogni  anno, la terza domenica di novembre  l’Hospices de Beaune, una delle istituzioni ospedaliere più antiche del mondo, vende all’asta i propri vini e il ricavato viene devoluto in beneficienza. Nei secoli l’Hospices ha ricevuto in donazione parcelle tra le più prestigiose della zona, tanto da arrivare ad essere il terzo produttore come numero di ettari posseduti, sessanta. Di questi cinquanta  sono a pinot nero e dieci a chardonnay.

L’asta è oramai divenuta un vero e proprio evento, tanto che viene battuta da Christie’s e ogni anno partecipano personaggi di spicco del mondo dello spettacolo, anche come battitori d’eccezione.

Quest’anno le pieces, (cioè le barriques borgognone)  in vendita erano 828, divise in 50 cuvée, cioè in cinquanta gruppi più o meno piccoli derivati dai singoli appezzamenti di loro proprietà.

All’asta partecipano sia negociant, che produttori, che appassionati, anche se la grande maggioranza dei lotti se li aggiudicano i primi due gruppi, che poi naturalmente rivendono in tutto il mondo il vino.

Dall’alto del baldacchino riservato alla stampa, vedendo una babele di razze e di tipi mentre la sala si riempiva,  cercavo di capire chi ci fosse in sala. Prima di tutto tanta Francia, poi molti più o meno distinti signori dal sud-est  asiatico e molti distintissimi acquirenti che sembravano avessero stampato sulla fronte il marchio “Old England”. Accanto a questi  persone che sembravano semplici appassionati (addirittura famigliole con bambini piccoli al seguito), anche se poi si sono scannati per comprare una delle molte pieces a cifre sempre superiori ai  9.000 euro. Infatti ogni lotto battuto all’asta non è stato assegnato a meno quella cifra, a cui però devono essere aggiunti i costi per l’élevage, la percentuale del 7% per la casa d’aste e altri balzelli che fanno comunque lievitare il prezzo di altri 3-4.000 euro come minimo.

Insomma, una bottiglia non può costare meno di 50 euro ma, per esempio, le pieces del Clos de la Roche sono state battute a 110/115.000 euro e probabilmente quest’anno si raccoglieranno più di 13 milioni di euro, se vi sembrano pochi…

Il giorno prima dell’asta è tradizione far assaggiare alla stampa i vini che verranno battuti all’asta e così nel pomeriggio di venerdì ci siamo presentati in una delle bellissime sale dell’Hotel Dieu per un’operazione in verità un po’ assurda, cioè degustare 50 vini giovanissimi che quasi sicuramente non berremo mai più nella nostra vita. I vini e l’annata sono stati presentati da Ludivine Griveau, responsabile tecnica di quella che ho qualche remora a chiamare semplicemente “cantina”.

Dell’assaggio posso dirvi solo una cosa: per me i Mersault del 2018 sono da urlo!

Ma torniamo all’asta, alla gente che affolla Beaune per tre giorni, ai gruppi che suonano in continuazione per le strade, ai banchi che ti offrono specialità gustosissime ma per stomaci forti, al clima di partecipazione che non ho mai trovato in altre feste del vino: talmente tanta è la partecipazione che siamo dovuti andare a dormire a 20 chilometri da Beaune perché già a marzo non c’era una camera a pagarla oro.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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