Guida vini. Rossi sardi: il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?5 min read

Mai come quest’anno la degustazione dei rossi sardi ci ha presentato una Sardegna sfaccettata, dalle grandi potenzialità ma in qualche modo piena di contraddizioni che dovranno prima o poi venire al pettine. Da una parte la bellezza e la forza di associazioni di produttori come Mamoja e la Comunità del carignano a piede franco sono un inno alla biodiversità e alla voglia di preservare e far conoscere un territorio, dall’altra  mai come quest’anno i picchi più alti, diciamo pure i vini migliori li abbiamo trovati quasi tutti nelle grandi cantine, quelle i cui vini rappresentano da anni, nel bene o nel male, la Sardegna fuori dall’isola.

Ma procediamo con calma, partendo dalla novità dell’anno. Grazie al certosino lavoro di Gianpaolo Giacomelli siamo riusciti non solo a ottenere i vini dei produttori della Comunità del carignano a piede franco, ma anche quelli di altri importanti produttori del Sulcis. L’assaggio ci ha mostrato due modi di preservare la storia e la tradizione di questo vitigno: da una parte vini perfetti sotto ogni profilo e dall’altra prodotti di grande appeal,  più “unici” ma che in qualche caso (per fortuna pochissimi) pagavano dazio sul fronte della pulizia di beva. Comunque esce fuori con grande forza il concetto che il Carignano non può essere abbandonato a se stesso, che siamo di fronte ad un vitigno di grande potenza ma anche di inaspettata finezza. Va dato atto, sia alle aziende grandi che ai piccoli un coraggio e una notevole forza di volontà che nel tempo non potrà non essere premiata. I profumi di frutta matura e la tannicità dolce e ampia sono caratteristiche che vanno preservate e in questo bisogna dire che i piccoli produttori ci riescono meglio di grandi cantine, però quando si parla di rotondità e avvicinamento ad un certo “gusto internazionale” quest’ultime sono avvantaggiate. A questo punto speriamo solo che i piccoli della Comunità del Carignano a piede franco crescano in numeri e in finezza tecnica in modo da portare al maggior numero possibile di persone un grande vino, figlio poco considerato di un angolo bellissimo della Sardegna.

Vigna vecchia di cannonau a Mamojada

Passiamo a parlare dell’uva rossa sicuramente più importante della regione, il cannonau: qui la distanza tra i modi di vederlo e produrlo è ancora più ampia. Da una parte abbiamo trovato diversi buoni Cannonau ma che mancavano forse dello “spirito guerresco” del vitigno, di quella sana pienezza che abbiamo sempre trovato negli anni scorsi. Vini indubbiamente puliti, assolutamente ben fatti ma forse figli di annate da giocare in difesa.

A Mamojada invece non riescono a giocare in difesa ma proprio da quella terra meravigliosa quest’anno ci sono venute le delusioni maggiori. Da una parte non molti campioni in assaggio (e questo è comprensibile anche se dispiace visti i rapporti di amicizia che abbiamo con diversi produttori) ma il problema più grosso è stato che diversi vini erano impossibili da giudicare perché o con problemi di pulizia o di ossidazioni esagerate. Conoscendo appunto diversi produttori e avendo sempre degustato ottimi vini crediamo che quest’anno il problema sia dovuto alle bassissime dosi di solforosa messe nei vini. Venendo spediti magari in periodi caldi la copertura della solforosa è venuta meno facendo deteriorare i vini. Noi speriamo che sia stato un problema relativo solo ai nostri campioni ma nel caso non lo fosse crediamo che a Mamojada debbano pensare con molta attenzione a come preparare i vini per poter viaggiare, perché una cosa è avere ottimi vini in cantina e un’altra è spedirli ai quattro angoli della terra. Il rispetto del vino e delle sue caratteristiche non può prescindere dal rispetto per il consumatore, che deve trovare  lo stesso prodotto in cantina a Mamojada o in un enoteca in Giappone. Ripetiamo che speriamo e crediamo si sia trattato solo di un problema ristretto ai vini per i nostri assaggi (anche se arrivati in vari momenti), ma era comunque nostro dovere farlo presente.

Vigne nella DOC Mandrolisai

Dal Cannonau al Mandrolisai il passo non è breve, perché si passa da un vino monovitigno ad un uvaggio tra bocale, monica e cannonau:  dobbiamo ammettere che quest’anno siamo rimasti un po’ delusi dai vini, proprio perché ci aspettavamo grandi cose da questa denominazione che fino a ieri era in netta crescita e oggi balbetta, tra uso esagerato dei legni e vini squilibrati. Per fortuna ci sono anche quelli buoni, ma abbiamo stentato a ritrovare quella finezza, quelle aromaticità floreali che in passato ci avevano fatto innamorare.

In linea generale non siamo rimasti molto soddisfatti degli assaggi: quasi il 40% dei vini degustati è sotto i nostri 80 punti (che non sono pochi, lo precisiamo sempre) e tra questo 40% ben 10 vini (cioè il 10% del totale dei vini degustati) avevano seri problemi di pulizia e questo oggi non è assolutamente giustificabile.

Nel rimanente 60% abbiamo comunque tante buone etichette e ben quattro Vini Top, che ci fanno vedere il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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