Guida vini 2023. Santa Maddalena, Lago di Caldaro e Schiava DOC: risultati incredibili!5 min read

Iniziamo a pubblicare le degustazione dei vini rossi con uno dei vini che da sempre ci affascina. Lo sanno anche i sassi infatti che a noi di Winesurf piace la Schiava, ma i risultati di quest’anno vanno molto aldilà dall’avere “un feeling” col vitigno.

Un solo dato per capire: su 26 Santa Maddalena degustati ben 11 sono Vini Top! Si parla del 42% dei vini degustati, quasi la metà. Se quando in una degustazione si arriva a percentuali vicine al 10% per i Vini Top parliamo di grande risultato, in questo caso non riusciamo a trovare le parole.

A pensarci bene però qualche motivazione l’abbiamo trovata.

In prima battuta è la stessa storia di questo vitigno in Alto Adige, abbastanza travagliata nell’ultimo periodo, a dare una parziale ma importante risposta. Fino a 40 anni fa la schiava copriva quasi i 2/3 della superficie vitata altoatesina ma in questo lasso di tempo, che coincide con il boom del vino di qualità, la superficie si è drasticamente ridotta. Pensate che già nel 2008 si era ristretta di quasi 2/3 rispetto al 1980 e che da allora è diminuita ancora della metà. Questo enorme e continuo espianto, sempre a favore di altre uve più redditizie, ha avuto  come contraltare il grosso vantaggio che gli ettari rimasti sono vigneti vecchi o vecchissimi e quindi adesso perfetti per dare equilibrio, corpo  e struttura adeguati ai vini. Se vogliamo essere pignoli forse qualche ettaro è in zone  basse e il cambio climatico porta a vini con gradazione alcolica alta e acidità non molto alta, ma questo porta anche a maturazioni fenoliche che in passato rimanevano nei sogni dei produttori: così, fondamentalmente, il “vigneto schiava”  in Alto Adige è adesso nel suo miglior momento di sempre per quanto riguarda la resa qualitativa.

Schiava: collina Santa Maddalena

Lo dimostra anche il fatto che non si trova in Alto Adige Schiava nel mercato dello sfuso e che tanti produttori  non ne hanno praticamente da vendere. Non per niente i prezzi sono saliti e oggi per un buon Santa Maddalena si possono arrivare a spendere cifre inimmaginabili solo qualche anno fa. Inoltre da alcuni anni vengono proposte, con successo, Schiava con alcuni anni (anche 5-6, per la verità) di invecchiamento e questo è possibile spesso solo se il vigneto è adeguato, quindi piuttosto vecchio ma in ottimo equilibrio.

Tornando un attimo sul tema dell’alcol ci piace far notare una cosa: in un momento in cui si parla tanto di vini verticali (e una buona parte di questi si ritrovano in Alto Adige) la Schiava, con la sua acidità non certo alta e qualche volta con alcolicità importanti è forse l’opposto del vino verticale ma è sicuramente la fotografia esatta del vino piacevole ma non piacione, equilibrato, rotondo e molte volte anche di giusta freschezza.

Lago di Caldaro

Quest’anno, soprattutto con i Santa Maddalena ma anche con i Lago di Caldaro e con le varie Schiava del territorio ne abbiamo avuto la conferma. In ogni denominazione abbiamo trovato vini rossi  di alto o altissimo profilo, che niente hanno da invidiare a denominazione blasonate e anzi possono giocare le loro chances per entrare di diritto nelle carte dei ristoranti più blasonati d’Italia. In particolare il Santa Maddalena è oramai uno dei rossi più buoni d’Italia e lo diciamo noi che di vini rossi, di qualsiasi denominazione, ne assaggiamo migliaia ogni anno.

Comunque il dilemma sul perché un vino rosso con profumi particolari e inconfondibili, dal corpo leggero ma vivo, con tannicità accennata ma mai invadente, che può (per gli altoatesini deve) essere servito fresco e quindi svolgere sia il compito di aperitivo o di  vino a tutto pasto e , last but non least, può invecchiare benissimo per molti anni, non riesca a trovare un mercato più largo, non solo nazionale ma internazionale rimane un bel dilemma che non si può spiegare solo con la mancanza di vino.

Grappolo di schiava

Probabilmente la risposta sta anche nella storia passata, che porta con sé un retaggio di vino di basso profilo, e che rimane impresso, come un “lettera Scarlatta” nella testa di tanti produttori e di molti che l’hanno bevuta in passato. Questo porta i primi a non proporla o proporla male a manifestazioni fuori regione e i secondi a glissare quando la incontrano. Altro motivo è senza dubbio la redditività ad ettaro che probabilmente è la più bassa tra le uve altoatesine, ma questo è un trend che, col tempo,  si può invertire.

In attesa di questa inversione vi invitiamo a dare un’occhiata ai risultati dei nostri assaggi e magari a gustare qualcuno dei Vini Top: sicuramente non resterete delusi.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


LEGGI ANCHE