Gavi 2016: non male ma…tappatelo meglio!2 min read

La foto di copertina è un profilo di Gavi e del Forte che la sovrasta, fatto con i tappi dai ragazzi delle scuole elementari del comune.

Ci è sembrata l’immagine perfetta per introdurre ad un assaggio che ha visto come protagonista principale, purtroppo, il tappo.

Non ci era mai successo infatti che circa il 20% dei vini avesse problemi di tappo e  ben 4 vini (su meno di 45 campioni) venissero eliminati perché entrambe le bottiglie inviate in assaggio erano rovinate dal sughero.

Se ci mettiamo che di una delle migliori aziende abbiamo dovuto assaggiare ben quattro bottiglie prima di trovarne una “non tappata” viene spontaneo mettere in risalto non tanto i risultati dei Gavi 2016 ma quello che “distrugge” un risultato, cioè dei tappi scadenti.

Purtroppo non solo di sfortuna si tratta, perché molti problemi sono venuti da tappi in conglomerato che hanno ceduto collanti ai vini, rendendoli imbevibili.

Capiamo che i Gavi non vengono venduti a prezzi alti, ma oggi come oggi esistono ottimi sistemi di tappatura in sughero con costi sopportabili e quasi esenti dal problema di tappo o dalle percolature dei vecchi conglomerati.

Crediamo che il consorzio debba prendere seriamente in considerazione una vera e propria “educazione al tappo” perché è veramente grave che un territorio con una storia così importante abbia una cultura del tappo da paese sottosviluppato. Posso capire che percentuali come quelle avute durante la degustazione sono un caso limite, ma dato che sono anni che cerchiamo di far  capire ad alcune cantine locali l’importanza di un tappo adeguato, ci permettiamo di rimarcare la cosa, sperando che qualcosa cambi.

Detto e ribadito questo passiamo all’annata 2016 che, pur calda, ci è sembrata leggermente meglio della precedente: nasi mediamente più freschi e definiti, bocche più sapide e con buon equilibrio. Come successo in altre zone viticole italiane manca quella polpa a centro bocca, quella pienezza e profondità che contraddistinguono le grandi annate, ma il Gavi riesce a giocare bene la carta dell’elegante equilibrio (purtroppo ogni tanto rovinato da qualche grammo di zucchero residuo in eccesso…) e questo permette alla vendemmia 2016 di essere buona adesso e con discrete possibilità di evoluzione.

Tanto per essere chiari, fermo restando che oramai quasi nessun bianco italiano dovrebbe essere bevuto nell’anno successivo alla produzione,  i Gavi 2016 potranno dare il meglio nell’arco di 2, massimo 3 anni. Se dovessimo dare un voto medio all’annata potremmo arrivare ad un 7-, con punte attorno a 8.5 e, tappi a parte, quasi nessun vino sotto la sufficienza.

Interessante notare l’evoluzione dei colori, che tende dal paglierino carico di alcuni anni fa a tonalità leggermente meno intense. Forse si sta tornando verso il tanto vituperato bianco carta?

Per controllarlo di persona potreste approfittare domenica prossima 27 agosto di Gavi in Gavi,   la manifestazione annuale organizzata dal consorzio di tutela  che presenta praticamente in toto la produzione ed è sicuramente il modo per fare una bella gita e assaggiare dei buoni bianchi.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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6 responses to “Gavi 2016: non male ma…tappatelo meglio!2 min read

  1. due domande:
    4 vini con problemi di tappo su 45 campioni non è 20 ma meno del 10, oppure i vini erano 20 e 40 le bottiglie (doppie) in ogni caso 4 su 45…?
    Questo inquinamento da tricloroanisolo, ha inquinato anche i risultati della classifica?

    1. Il 20% riguarda vini che al primo assaggio avevano problemi di tappo,ma stappando la seconda bottiglia il problema non si è ripresentato. I 4 vini esclusi sono prodotti di cui è stata stappata anche la seconda bottiglia, purtroppo con lo stesso risultato.

    2. I vini che hanno avuto un punteggio vuol dire che non avevano problemi di tappo, voto alto o basso che fosse.

  2. 1. di solito se il sughero è contaminato da armillaria, lo è l’intera partita.
    2. I tappi vengono acquistati a sacchi da 500 pezzi. Anche nel caso di quei venditori che mescolano due o tre partite per sacco, la probabilità di contaminazione è minimo del 33%, in quel caso.
    Se il sacco non è miscelato, TUTTE le bottiglie tappate con quei 500 tappi saranno rovinate dal TCA.
    Ma nessun produttore può sapere “prima” di quella contaminazione, e poichè si sono verificati problemi di quel genere anche con tappi lunghi di gran pregio, non basta spendere di più per esserne al sicuro con certezza.
    3. anche per il Gavi docg, da qualche anno, è autorizzata la chiusura sintetica. Ancora in stand-by l’uso dello Stelvin. Per me le due sole opzioni percorribili, da tempo, dovrebbero essere il monopezzo per i grandi vini da invecchiamento e la vite per gli altri. Alla fine ci si arriverà.
    4. la piaga delle chiusure in conglomerato è cronica, insita nella testa di chi li usa rovinando un sacco di bottiglie con i collanti. Il dramma è assurdo quando si parla dei Gavi migliori.
    5. l’annata 2016, per quanto riguarda i Gavi di chi li sa fare, è ottima davvero, di sicuro più ricca sotto il profilo degli aromi e di buona freschezza. Potrà dare grandi risultati anche nel lungo periodo, ben oltre i tre anni previsti da Carlo. Tappo permettendo, si intende.
    6. se gli zuccheri residui sono voluti dal produttore, significa che il produttore stesso non capisce nulla di vino, e del suo in primis. Se invece fossero un lascito del clima sempre più caldo, in ogni modo l’acidità di partenza del cortese riesce a dare, in confronto con altre uve più deboli sotto quel profilo, comunque risultati di maggior equilibrio e freschezza rispetto a vini di gran moda, molto più costosi e assai più osannati dalla critica modaiola meno consapevole (penso a vini bianchi da 15% alcol, piatti e strutturati al punto di essere quasi inabbinabili a pasto, che anno dopo anno e calura dopo calura hanno visto salire il proprio tasso alcolico ai limiti dell’invinificabilità)
    7. la data del 26 agosto è invece forse la meno indicata per chi voglia davvero assaggiare i Gavi per farsene un’idea precisa dal punto di vista professionale. Si tratta di una sagra di paese con nomi VIP tesi ad acchiappare pubblico generico. Buona per riempire la piazza degli appassionati di reality e selfie, non certo per chi di vino ne sa e ne vuol sapere davvero. La Cristina Parodi (e il Cracco che ormai sa di patatine fritte) sono personaggi tv grandi in termini di cachet, ma non spostano fatturati enologici di qualità, né buone bottiglie.

    In ogni modo, anche per l’eccezionale rapporto prezzo-qualità, Il Cortese è una grande uva, e il Gavi è un grandissimo vino.
    Nonostante chi lo produce.

  3. I giudizi dell’amico Carlo mi suggeriscono alcune riflessioni, su metodi di chiusura e Gavi, che riporto di seguito per chi potesse essere interessato all’argomento.
    1. di solito se il sughero è contaminato da armillaria, lo è l’intera partita.
    2. I tappi vengono acquistati a sacchi da 500 pezzi. Anche nel caso di quei venditori che mescolano due o tre partite per sacco, la probabilità di contaminazione è minimo del 33%, in quel caso. (nel caso di partita contaminata, non in assoluto, ovviamente, lì la percentuale di contaminazione si stima da parte delle compagnie di assicurazione attorno al 3%)
    Se il sacco non è miscelato, TUTTE le bottiglie tappate con quei 500 tappi saranno rovinate dal TCA.
    Ma nessun produttore può sapere “prima” di quella contaminazione, e poichè si sono verificati problemi di quel genere anche con tappi lunghi di gran pregio, non basta spendere di più per esserne al sicuro con certezza.
    3. anche per il Gavi docg, da qualche anno, è autorizzata la chiusura sintetica. Ancora in stand-by l’uso dello Stelvin. Per me le due sole opzioni percorribili, da tempo, dovrebbero essere il monopezzo per i grandi vini da invecchiamento e la vite per gli altri. Alla fine ci si arriverà.
    4. la piaga delle chiusure in conglomerato è cronica, insita nella testa di chi li usa rovinando un sacco di bottiglie con i collanti. Il dramma è assurdo quando si parla dei Gavi migliori.
    5. l’annata 2016, per quanto riguarda i Gavi di chi li sa fare, è ottima davvero, di sicuro più ricca sotto il profilo degli aromi e di buona freschezza. Potrà dare grandi risultati anche nel lungo periodo, ben oltre i tre anni previsti da Carlo. Tappo permettendo, si intende.
    6. se gli zuccheri residui sono voluti dal produttore, significa che il produttore stesso non capisce nulla di vino, e del suo in primis. Se invece fossero un lascito del clima sempre più caldo, in ogni modo l’acidità di partenza del cortese riesce a dare, in confronto con altre uve più deboli sotto quel profilo, comunque risultati di maggior equilibrio e freschezza rispetto a vini di gran moda, molto più costosi e assai più osannati dalla critica modaiola meno consapevole (penso a vini bianchi da 15% alcol, piatti e strutturati al punto di essere quasi inabbinabili a pasto, che anno dopo anno e calura dopo calura hanno visto salire il proprio tasso alcolico ai limiti dell’invinificabilità)
    7. la data del 26 agosto è invece forse la meno indicata per chi voglia davvero assaggiare i Gavi per farsene un’idea precisa dal punto di vista professionale. Si tratta di una sagra di paese con nomi VIP tesi ad acchiappare pubblico generico. Buona per riempire la piazza degli appassionati di reality e selfie, non certo per chi di vino ne sa e ne vuol sapere davvero. La Cristina Parodi (e il Cracco che ormai sa di patatine fritte) sono personaggi tv grandi in termini di cachet, ma non spostano fatturati enologici di qualità, né buone bottiglie.
    In ogni modo, anche per l’eccezionale rapporto prezzo-qualità, Il Cortese è una grande uva, e il Gavi è un grandissimo vino.
    A volte perfino nonostante chi lo produce. 😉

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