Falerno del Massico: Villa Matilde guida un bel gruppo di produttori, dove la qualità è di casa7 min read

Sei sul mare, al confine tra Lazio e Campania:  a destra una lingua di terra sembra volersi staccarsi dalla costa e navigare verso l’orizzonte: la prua di questa gigantesca “nave di terra” si chiama Gaeta. Ti guardi dietro e vedi in lontananza montagne innevate; in vicinanza invece il vulcano spento di Roccamonfina  a destra e i monti Aurunci a sinistra delimitano questa lingua di terra dove si produceva il mitico Falerno, quello che nelle osterie a Pompei costava quattro volte il “vino della casa”, quello cantato da molti poeti, Catullo in testa.

Al Falerno di oggi, quello che si chiama Falerno del Massico tocca invece la sventura di essere “cantato” da me (non solo da me, per fortuna) e quindi chiedo scusa preventivamente.

In realtà quello che scrivo è il sunto di un vero e proprio lavoro di redazione, perché la redazione di Winesurf è stata ospite di Villa Matilde (a proposito, Famiglia Avallone: grazie, grazie, grazie) per la nostra riunione annuale. Così abbiamo avuto l’opportunità di degustare non solo i vini di Villa Matilde (e gustare la sua cucina), non solo quelli di praticamente tutti i produttori di Falerno del Massico DOC, ma anche alcuni prodotti nella IGT Roccamonfina.

Prima di parlare dei vini diamo un’occhiata dall’alto al territorio. Come potete vedere dalla carta qui sotto, la zona del Falerno e in buona parte racchiusa tra i Monti Aurunci, il vulcano di Roccamonfina  le sue propaggini che praticamente arrivano sino al mare.

Sono cinque comuni, Sessa Aurunca, Cellole, Mondragone, Falciano del Massico e Carinola,  uniti dal fatto che praticamente “circondano” La zona vulcanica di Roccamonfina, con terreni che tengono conto sia della componente vulcanica che di componenti sabbiose. Un’altra cosa importante si capisce dalla carta, e cioè che il vulcano in qualche modo blocca i venti freddi che vengono da est, i Monti Aurunci quelle da nord e alla fine, specie tra le due montagne, il clima è temperato d’inverno e caldissimo d’estate, anche se l’inversione termica che arriva dal vulcano nel pomeriggio  stempera non poco e concede buona escursione termica in varie zone della denominazione. Denominazione che è comunque davanti al mare e quindi soggetta anche alle brezze marine e ai venti da ovest e da sud.

I vigneti vanno da quasi il livello del mare sino ai 350-400 metri ma la stragrande maggioranza si trova tra i 60-70 metri e i 250-300: stiamo comunque parlando di una denominazione molto piccola, con una ventina di cantine, dove Villa Matilde e di gran lunga la più grande (diciamo che imbottiglia molto più del 50% della denominazione).

Villa Matilde con alle spalle il vulcano di Roccamonfina

Arrivando alle uve abbiamo la falanghina per il Falerno del Massico bianco mentre il rosso può essere prodotto  da aglianico in purezza o con piedirosso fino al 40%, oppure (udite udite!) con primitivo. Trovare il primitivo in una denominazione campana è abbastanza particolare. Ci hanno spiegato le varie motivazioni storiche della presenza del primitivo in zona, presenza che viene sancita da quasi una decina di cantine che producono Falerno del Massico con Primitivo 100%. Mettendo assieme tutti i produttori si tratta comunque di numeri piccoli ma per noi è stata una scoperta perché legavamo il Falerno del Massico rosso soprattutto all’aglianico.

Sono oramai molti anni che giriamo per cantine e quando ci troviamo in denominazioni piccole che si vogliono presentare, giustamente,  unite, quasi sempre ci imbattiamo in magari una o due realtà di buono o ottimo livello,  con il resto che arranca o magari sta crescendo ma è comunque, dal punto di vista qualitativo, abbastanza indietro.

I redattori di Winesurf prima dell’assaggio

La grande sorpresa della degustazione che Villa Matilde e Vi.Ti.Ca (il Consorzio di Tutela dei vini della provincia di Caserta) hanno organizzato, mettendoci di fronte praticamente tutti i produttori di Falerno del Massico (bianco e rosso) è stata che tutta la denominazione ha mostrato un livello qualitativo alto, in qualche caso molto alto. Ma andiamo con ordine

Tra i bianchi avevamo nove Falerno del Massico DOC da Falanghina in purezza e, sia durante l’assaggio che adesso con i risultati di ogni redattore sotto mano posso dire che questa denominazione rappresenta la “terza via” per la Falanghina campana. Unisce alcune caratteristiche delle due “famiglie” di Falanghina più famose della Campania e cioè quelle del Sannio e dei Campi Flegrei, della prima si porta in dote la freschezza classica del vitigno, dalla seconda un corpo che il microclima della zona non può non conferire. Il risultato finale sono vini ben espressi aromaticamente, con note che vanno più su note floreali che fruttate, dalla netta freschezza affiancata da corpi di assoluto rilievo. I produttori stanno sperimentando anche l’uso del legno che, in generale riesce ad apportare una maggiore complessità senza appesantire il vino. Può maturare ed evolvere per anni, anche se molti tendono a metterla in commercio velocemente. Siamo rimasti veramente impressionati in positivo da questi vini, soprattutto perché non ci aspettavamo una qualità così alta affiancata da una riconoscibilità territoriale ben marcata e che andrebbe fatta conosceree riconoscere.

I produttori di Falerno del Massico DOC presenti.

I Falerno del Massico Rosso si dividevano quasi a metà tra quelli prodotti con Primitivo e quelli a base Aglianico, anche se Villa Matilde, con i suoi numeri, sposta l’ago della produzione totale verso la versione più conosciuta.

Bisogna comunque dare giusto spazio alle versioni composte da primitivo anche perché sono vini che ben poco hanno a che spartire con il Primitivo pugliese, di Manduria o di Gioia del Colle. Sono diversi sia dal punto di vista aromatico, non marcando le note molto mature e calde dei cugini pugliesi, ma soprattutto in bocca, dove la tannicità è sicuramente presente ma non solo grazie ai legni in cui sono maturati. Sono vini che, pensando al vitigno pugliese, ti sorprendono ma che comunque mostrano equilibrio e buon uso del legno. Anche se abbiamo degustato vini del 2020 e 2019 credo possano maturare bene per almeno 4-5 anni.

E dulcis in fundo il Falerno del Massico che mi permetto di definire Classico, quello da Aglianico e eventualmente Piedirosso. Qui abbiamo una declinazione d’aglianico che lascia da parte i toni scabri di tanti confratelli irpini per mostrare una “tannicità umana”, una maggiore grassezza al palato, senza per questo perdere le stimmate possenti del vitigno. I più giovani lo hanno dimostrato e quando siamo andati più indietro negli anni, arrivando fino al 2011, sempre con vini in perfetta forma, abbiamo avuto la dimostrando che un aglianico non ha bisogno di essere “inavvicinabile” nei primi anni, per poter ben maturare in bottiglia.

Se i vini sono di buono e ottimo livello purtroppo sul fronte bottiglie pesanti siamo messi male e questo  gioca a sfavore dei produttori sul fronte dell’attenzione all’ambiente. Ci sono troppe bottiglie inutilmente pesanti, molte pesantissime (anche sopra gli 800 grammi da vuote): un grave errore  a cui si potrebbe facilmente porre rimedio.

In chiusura, oltre a ringraziare ancora Villa Matilde e la famiglia Avallone per la splendida ospitalità ribadiamo che la qualità dei vini di questa denominazione ci ha sorpreso, tanto da mettere sin da ora in programma, per la guida vini di Winesurf 2023-2024, una degustazione a loro dedicata.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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