Elogio del vino giornaliero5 min read

Chi stabilisce qual è un grande vino? Lo stabilisce il vitigno, l’annata, l’azienda, il prezzo di vendita, l’assaggio fatto da giornalisti importanti, la storia, la durata nel tempo? Quasi sicuramente un insieme di tutto questo ma alla fine dei salmi il grande vino non è mai quello che un tempo si definiva vino quotidiano, cioè un vino dal prezzo contenuto, accessibile alla stragrande maggioranza degli appassionati e che nessuno dei suddetti appassionati metterà mai sui social vantandosi di averlo gustato.

Pensateci un po’: quanti post vi ricordate di lodi sperticate a vini giovani tipo un Dolcetto o un Friulano, un Primitivo, un Cannonau, un Vermentino, una Barbera, un Chianti? Potrei andare avanti con decine e decine di altri vini, italiani e esteri, ma a questo punto potreste voi rispondere con una frase tranchant “Probabilmente perché non sono grandi vini!” e pensare di aver chiuso il discorso.

Ma il grande vino è qualcosa di deciso a priori o può semplicemente nascere da un insieme di situazioni e momenti, da un colpo di fulmine inatteso e per questo ancora più grande?

Ma attenti, se abbiamo avuto la fortuna di stappare qualche volta  Romanée Conti, Sassicaia o altri vini iconici e trovarli rispondenti alle nostre aspettative (il che non è sempre detto, anzi) non per questo ci dobbiamo vergognare  ad ammettere che ci sono stati e ci saranno tanti vini più semplici e meno costosi che ci hanno colpito di più.

Vi faccio un esempio, uno dei vini più emozionanti della mia vita è stato un Langhe Nebbiolo del 2002 (annata tragica) stappato per caso in una sera piovosa di un novembre di molti anni fa: era semplicemente l’incarnazione di tutte le caratteristiche belle e positive non solo del nebbiolo ma della mia idea di vino. Avrei voluto averne altre 100 bottiglie ma purtroppo era esaurito da tempo. Eppure era un semplice Langhe Nebbiolo, che costava 5/6 volte meno dei barolo di quell’azienda e 10-20 volte di quelli che vengono definiti grandi vini.

Quello per me era il perfetto vino giornaliero, che non ti chiede niente se non di sorprenderti e emozionarti, di farti capire che il mondo del vino può essere diverso da quello che si immagina.  Inoltre molto spesso è un vino possibilista, che si adatta a quello che mangi, che non richiede la ribalta ma spesso la conquista.

C’è anche un altro motivo per rivalutare moltissimo i vini giornalieri, che spesso coincidono con quelli base delle aziende: da lì si capisce veramente il livello di una cantina, la bravura di chi ha portato buone uve in cantina e le ha trasformate in vino con semplicità e attenzione.

Se proprio vogliamo andare avanti (ma noi vogliamo) il vino giornaliero è l’opposto della modaiolità, perché non rappresenta mai l’idea di vino cult, perché deve essere una scoperta personale o magari il consiglio di un amico, di un enotecario e, last but not least, di una guida che punti molto su questa ampia tipologia.

Ma voi domanderete quali sono i vini giornalieri: sono semplicemente quelli che trovate a prezzi molto interessanti (ma non stracciati, tipo a 3-4 euro) in enoteca o al supermercato e che aperti a tavola solo per accompagnare un pasto. Vi sorprendono per aromi o per freschezza, struttura, piacevolezza, o per un’altra particolarità o per un insieme di queste. Sono quelle scoperte che fanno venire voglia non solo di berne e goderne un bicchiere in più, ma anche di conoscere chi fa quel vino e come lo fa.

Un altro punto a favore dei vini giornalieri è che spesso hanno un naturale equilibrio che nel tempo ne permette una maturazione e una conservazione inimmaginabile al momento dell’entrata in commercio. Ormai ho perso il conto di quanti vini “base” ho stappato dopo molti anni trovandoli, in tanti casi, assolutamente grandi, perfettamemnte equiparabili a quelli che vengono definiti “a priori” grandi vini”.

Anni fa Slow Food faceva una guida al Vino Quotidiano e anche il Gambero Rosso ha una guida dedicata ai buoni vini sotto a un determinato prezzo, ma fondamentalmente il vino giornaliero difficilmente viene premiato perché una guida assaggia sempre con l’occhio “puntato sul vino di punta”, su quello che ha (o che si pensa abbia) il Più nel suo DNA: più potente, più elegante, più profumato, più complesso. Ma il mondo del vino, se tolto dalle patinate pubblicità degli uffici stampa, delle foto o dei filmati sui social e spesso delle guide, vuole dei buoni vini, fatti con attenzione e rispetto per la natura.  Ma per vendere questi bisogna parlare degli altri  e questo è il perfido gioco che spesso fanno guide, influencer, blogger e compagnia scrivente o filmante.

Noi di Winesurf proviamo ad essere refrattari a questo concetto, ma non sempre ci riusciamo, però nella nostra guida trovate tanti di quei vini che io definisco, per caratteristiche e per prezzo, giornalieri.

In definitiva ogni amante del vino dovrebbe farsi la sua classifica di vini giornalieri  e presentarla, con orgoglio agli amici e sui social. Se venisse fatto da molti si potrebbe veramente invertire una tendenza troppo “nobilare ed esclusiva” del vino scritto o fotografato o filmato  e sicuramente ne guadagnerebbe tutto il mondo del vino.

Chiudo con un ricordo di molti anni fa: in televisione (ancora in bianco e nero) c’era la pubblicità di un vino. Una signora comprava una bottiglia di vino, la portava a casa ma, apparecchiando non la metteva in tavola: allora una voce fuori campo gli domandava perché e lei rispondeva che quello era un vino buono, non per tutti i giorni. A quel punto la voce fuori campo affermava “Proprio perché è per tutti i giorni che deve essere buono.”

Buon vino giornaliero a tutti.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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