Douscana, ovvero quando il Douro incontra la Toscana2 min read

In attesa di degustare il Bordapa, cioè un mix di cabernet sauvignon di Bordeaux e di Napa, oppure il Riolo, blend tra tempranillo della Rioja e nebbiolo da Barolo, possiamo tranquillamente consolarci con il Douscana, frutto dell’unione tra touriga nacional del Douro e sangiovese di Toscana.

Per chi si sta perdendo nei nomi spiego che i primi due “blend” sono frutto della mia fantasia, mentre il terzo, il Douscana, è figlio dell’iniziativa e dell’impegno di Emanuela Tamburini e delle Douro Family Estates.

Avete capito bene: Tamburini, un azienda del Chianti e un gruppo del Douro (quattro cantine di media grandezza: Quinta do Poços, Quinta do Soque, Quinta das Bajancas e Brites Aguia) hanno pensato di produrre un vino frutto dei due vitigni più importanti dei rispettivi territori, da una parte il sangiovese, dall’altra il touriga nacional.

Ma il Douro, direte voi, non è quella terra dove si fa il Porto? Certamente, lì nasce quel grande vino fortificato che tutti conoscono, ma da almeno una trentina d’anni, mano a mano che la passione dei vini fortificati andava a diminuire, i produttori locali hanno pensato di puntare (prima anche, poi soprattutto) sui vini rossi secchi e così sotto la denominazione Douro, nascono rossi strutturati e piuttosto alcolici ma che mostrano una trama tannica vellutata ed una scalpitante aromaticità, che da giovane punta sulla frutta rossa e sulle note balsamiche e speziate.

Il sangiovese non ha bisogno di presentazioni, mentre dell’azienda Tamburini, che si trova vicino a Gambassi Terme,  magari è meglio dire due parole, tipo che ha 30 ettari di vigneto e che dal 2004 ha abbandonato la vendita dello sfuso per puntare sull’imbottigliato. Merito senza dubbio di Emanuela Tamburini, dalla quale è nata anche l’idea e la voglia di produrre un vino “sovranazionale”,  spedendo in Portogallo 10 ettolitri di ottimo sangiovese  (in questo caso del 2015) che sono andati a sposarsi con altrettanti ettolitri di touriga nacional.

Nasce così il Douscana (che io avrei chiamato Tosouro, ma sono particolari) , un rosso che al naso ricorda il Douro e in bocca è figlio del sangiovese e che ancora avrà bisogno di tempo per essere valutato.

Per adesso l’ho gustato accanto ad una cucina stratoscana, come quella di Burde a Firenze, e il risultato è stato più che sufficiente.

In buona parte si tratta per adesso  di un bel modo per far parlare di sé e credo che, visto in quest’ottica, il progetto Douscana sia ben centrato.

Aspettiamo sviluppi in attesa di qualcuno che, fra qualche anno, proponga Bordapa, Riolo e, perché no, Brunage (Brunello e Pinotage).

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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