Degustazioni Chianti Classico Annata, Riserva e Gran Selezione: un quadro complesso su cui riflettere7 min read

Questo “trittico” di commenti, che comprende Chianti Classico, Chianti Classico Riserva e Gran Selezione dovrebbe essere letto tenendo sempre presente quanto detto in questo articolo pubblicato qualche giorno fa.

Crediamo infatti che convenga tenere presente sia la crescita negli ultimi 10 anni del sangiovese in Chianti Classico sia alcune deduzioni fatte, per provare a capire il momento di questa importantissima denominazione.

Chianti Classico 2023 (e molti 2022, diversi 2021 e alcuni 2020)

Oramai giro il Chianti Classico da quando ero piccolo e sinceramente non ho mai visto le vigne ridotte peggio che nell’estate del 2023. La peronospora, dovuta a un maggio- giugno in cui ha piovuto quasi tutti i giorni e non si poteva entrare in vigna per trattare, aveva veramente colpito forte, molto forte. A parziale consolazione quasi tutto il centro-sud Italia ha avuto lo stesso problema ma questo, come detto, non può far star meglio i produttori chiantigiani. Quindi non ci aspettavamo molto dai vini di questa vendemmia e in effetti possiamo riportare quanto abbiamo detto a Febbraio scorso quando assaggiammo i vini per la prima volta “La mancanza di corpo è una delle caratteristiche di diversi vini, come la ruvidezza tannica che in qualche caso sfocia in un finale amaro. Altra caratteristica dell’annata è che non si possono menzionare UGA o territori migliori di altri ma solo aziende che sono state graziate (o che sono riuscite a salvarsi) e altre che sono state colpite più o meno duramente. Un andamento a macchia di leopardo che non tiene conti di altitudine, terreni, esposizioni ma solo di vigne colpite più o meno dalla peronospora. E’ brutto dirlo, perché annate come la 2023 mettono alle corde tanti produttori  ma non si può certo far finta di niente.”

Gli assaggi fatti a settembre (a proposito, grazie al Consorzio del Chianti Classico per la solita ottima organizzazione) hanno ricalcato più o meno quanto visto a febbraio: sicuramente una maggiore rotondità e pulizia aromatica, addirittura una discreta piacevolezza generale in diversi campioni ma l’annata non è certo di quelle da ricordare e  la difficoltà di avere vini equilibrati, quella situazione dove se c’è un po’ di corpo manca freschezza e viceversa, l’abbiamo trovata spesso. Ma andiamo avanti.

Ormai quando assaggiamo l’ultima annata non assaggiamo solo quella: praticamente la metà dei campioni (ormai avviene da diversi anni) arriva da annate precedenti. In questo caso abbiamo avuto vini fino al 2020 e anche questo è un segnale  sia negativo che positivo: da una parte parla del non facile momento per le vendite, dall’altra dimostra come il Chianti Classico annata non sia più ancorato da tempo al dover uscire subito ma interpreta quello che dovrebbe essere realmente il suo ruolo, quello di un rosso dal prezzo non elevato che può essere bevuto giovane ma anche dopo 8-10 anni: non crediate che vini con tali caratteristiche ve ne siano poi tanti.

I Chianti Classico degustati di queste tre annate confermano quanto detto in passato e, considerando un anno in più di vita, danno ancor più peso a quanto detto sopra. In particolare i 2022 confermano buon corpo e dinamicità per essere un’annata asciutta e calda, ma ogni tanto scappa l’alcol, mentre i 2021 hanno dalla loro quasi un naturale equilibrio che permetterà a questi vini di invecchiare bene. I 2020 erano così pochi che non possiamo che appoggiarci a sensazioni che per me sono condensabili in un’annata poco considerata solo perché nata tra due vasi di ferro come la 2019 e la 2021

Chianti Classico Riserva 2022 ( con diversi 2021, 2020 e 2019)

Una tipologia che anno dopo anno stiamo rivalutando e anche nel 2022 ha dato buoni risultati sia come qualità media che come punte. Annata calda e quindi con qualche alcol fuori quadro (ma non più di tanto), quello che ci ha colpito è la rotondità e l’equilibrio della parte tannica, la sua pienezza che ben dispone per l’invecchiamento. Un uso del legno molto equilibrato aggiunge complessità al tutto senza appesantire e quindi non possiamo che essere contenti dell’andamento generale della Riserva 2022 e ancor di più su quello delle annate precedenti dove, in ogni annata, abbiamo trovato vini ancora giovanissimi e in diversi casi più complessi e armonici dei 2022. In definitiva il Chianti Classico Riserva, nelle varie annate degustate, è una tipologia sicura e dal prezzo equilibratissimo.

Gran Selezione 2022 (con diversi 2021 e alcuni 2020-2019-2028)

Oramai il vino di punta, il più presentato, osannato, preso a esempio come vero rappresentante del territorio. Un vino da grande invecchiamento che, di fatto, ha preso anche nell’immaginario collettivo il posto dei Supertuscan. Detto questo è un vino che ci ha sempre convinto in parte ma anno dopo anno ci ha sempre convinto di più. Questa escalation è continuata anche con la vendemmia 2022, grazie soprattutto a vini meno imbalsamati da ottimo legno, con tannini (spesso tannoni) comunque sempre imponenti ma comunque morbidi, quasi affusolati. Anche i nasi hanno maggiori complessità e anche se l’ultima annata in commercio è quella che più di altre paga dazio nell’armonia generale, i 2022 sono usciti più che bene: anche il loro periodo di bevibilità migliore inizierà tra 2 anni e si protrarrà sino al 2032-2034.

Facendo un punto generale con alcune, forse scomode, riflessioni

Quelli che ci seguono sanno che crediamo il vino simbolo del territorio del Chianti Classico non sia la tanto decantanta e “UGAta”  (ma molto poco prodotta)  Gran Selezione,  ma il Chianti Classico d’annata. Non per niente, se ci permettete la battuta,  il Chianti Classico come territorio è rappresentato da un pimpante e dinamico Gallo Nero e non da un potente toro nero.

I nostri assaggi quest’anno hanno visto in campo varie annate ma solo il Chianti Classico annata ha toccato la non certo fortunata vendemmia 2023. Detto questo ci siamo messi a fare qualche confronto statistico non tanto e non solo sul numero dei vini top (4 per l’annata, 4 per la Riserva, 2 per la Gran Selezione) ma su quelli che hanno raggiunto e/o superato la classica barriera degli 80 punti (per noi non un punteggio basso, perché non spariamo punteggi come mortaretti alla festa del patrono) e abbiamo constatato che:

i Chianti Classico annata “over 80 punti” sono stati il 56.7% del totale

i Chianti Classico Riserva “over 80 punti” sono stati  il 65.4 del totale

i Chianti Classico Gran Selezione “over 80 punti” sono stati il 60.1% del totale.

La prima cosa che ci viene da notare leggendo questi numeri e che, pur provenendo in buona parte da un’annata difficilissima, la media qualitativa dei Chianti Classico annata non è molto lontana da quella della Gran Selezione. Questo dovrebbe far riflettere su come questo vino storico, nonostante le uve migliori vadano sempre per l’altro (e spesso per la Riserva), mantenga una sua naturale qualità, segno di un territorio non solo in crescita, ma anche storicamente orientato più sulla produzione di vini bevibili, eleganti e beatamente complessi (tra l’altro prodotti quasi al 50% con l’apporto di altre uve , autoctone o meno) più che semplicemente potenti e figli unici del sangiovese.

Un’altra annotazione ci viene spontanea confrontando Chianti Classico Riserva e Gran Selezione: come avrete potuto vedere qui (anche per quanto riguarda il Chianti Classico annata) le Riserva vengono prodotte più o meno solo nel 50 % dei casi con sangiovese in purezza, mentre la Gran Selezione è quasi un “editto bulgaro” del sangiovese. Considerando la tendenza al sangiovese in purezza spinta da molte parti non suona abbastanza strano che un vino dove al 50% si parla di uvaggio tra sangiovese e altre uve abbia, alla fine, una qualità media superiore? Non sarebbe forse il caso di riflettere su questo e magari, considerando anche la situazione climatica, essere meno “bulgari” nel voler giungere ad una completa sangiovesizzazione del territorio del Chianti Classico?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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