Degustazioni Chianti Classico 2021, Riserva e Gran Selezione 2020: due binari diversi6 min read

Mettevi comodi perché i commenti ai nostri assaggi delle annate 2021-2020 (e non solo) di Chianti Classico, 2020-2019 (e non solo) di Chianti Classico Riserva e 2020-2019 (e non solo, per fortuna) di Chianti Classico Gran Selezione richiederanno qualche riga in più del normale.

Partiamo dal perché della doppia/tripla annata accennata qua sopra: in effetti oramai da qualche anno quando andiamo a settembre a degustare  al Consorzio del Gallo Nero (che ringraziamo!) capita sempre più che accanto a X vini delle annate in commercio, nelle varie tipologie, ve ne siano praticamente altrettanti delle annate precedenti e un discreto numero di annate ancor più indietro nel tempo.

Questo fenomeno andrebbe studiato con attenzione perché molto probabilmente  nasce da una serie di fattori che non credo siano solo commerciali.

Un fattore sotto gli occhi di tutti, per quanto riguarda esclusivamente il Chianti Classico annata è dovuto sicuramente al disciplinare che permette l’uscita in commercio “a partire dal 1 ottobre dell’anno successivo alla vendemmia.”

Questo fatto, in una denominazione dove la viticoltura e le operazioni di cantina hanno fatto dei passi avanti notevoli, è un vero controsenso, perché da una parte si producono uve sempre migliori (compatibilmente con l’annata e qui si dovrebbe fare un lungo discorso sulla 2023… n.d.a.) che vengono lavorate sempre meglio per dare anche longevità ai vini, mentre  dall’altra si può entrare in commercio dopo nemmeno 12 mesi dalla vendemmia.

Questo porta come prima conseguenza ad uno “spezzatino” di uscite dei vini, che non crea  una chiarezza commerciale perché si arriva anche ad un range di 3-4 annate contemporaneamente in commercio. Siamo d’accordo che il Consorzio parli sempre dell’ultima annata ma ormai le cantine più famose e conosciute entrano in commercio almeno un anno dopo e alcune pure due o tre. Questo crea nei fatti una frattura commerciale che esiste anche per  Riserva e Gran Selezione, che oramai entrano in commercio praticamente assieme anche se ci sono, per disciplinare, 6 mesi di affinamento in più per quest’ultima.

Altri fattori  ci porterebbero forse troppo lontano dal nostro tema e quindi li lasciamo per un prossimo articolo.

Chianti Classico 2021 (e non solo)

Veniamo alle annate degustate e partendo dal Chianti Classico rientriamo subito in quanto detto sopra perché i 5 Chianti Classico che hanno ottenuto il nostro riconoscimento di Vino Top sono due del 2021, due del 2020 e uno del 2019. Se proprio volessimo parlare solo della 2021 potremmo dire intanto che è un’annata piacevole, con vini di discreta freschezza ma forse manca di un po’ di ciccia al palato.

Questo però crediamo valga solo per i 2021 entrati in commercio quest’anno, perché  quelli che arriveranno a partire dal 2024 credo saranno diversi e più “corposi”. Lo dico perché i 2020 degustati quest’anno ci sono sembrati molto meglio di quelli assaggiati lo scorso anno. Un anno minimo  di affinamento in più per un Chianti Classico, meglio proporlo dopo almeno 30 mesi, dovrebbe essere  il minimo per farlo esprimere. Resta il fatto che la 2021 è un’annata che, rispetto alla comunque calda ma più corposa 2020, gioca le sue carte più su una relativa freschezza (questo dipende da come e dove sono posizionati i vigneti) e non certo sulla potenza. Per questo occorre dargli almeno 10-12 mesi in più per permettere ai vari elementi di amalgamarsi al meglio. In questo momento, per noi, è meglio la 2020 ma il tempo potrebbe portare equilibrio e, ormai lo sappiamo, i vini che invecchiano meglio sono i più equilibrati. Adesso quindi per gli amanti dei vini più sottili ma ben vivi consigliamo la 2021, chi invece cerca più corpo è bene beva un 2020.

A proposito di 2020, è chiaro che il cambiamento climatico ha portato problemi per molti ma anche opportunità per chi aveva vigneti in zone alte esposti a nord/nord-ovest. È il caso di alcune cantine che , sia con l’annata che con la riserva hanno realmente cambiato marcia e caratteristiche del vino, migliorando di non poco la piacevolezza dei loro prodotti senza inficiarne la durata.

Chianti Classico Riserva 2020 (e non solo)

Quanto detto sulla rotondità dei Chianti Classico 2020 si ripercuote sulle valutazioni delle Riserva 2020 che, pur con concentrazioni e dosi di legno maggiori, mostrano una giusta prontezza e una vivida presenza al palato senza che sfoci in durezza o ruvidità eccessiva. Sono adesso anche  più pronte delle 2019 e questo può essere visto come la classica “apertura” di vini da annata calda, anche se le possibilità di invecchiamento non sembrano scarse.   Dal canto suo  la 2019 si mostra ancora leggermente ritrosa, specie al naso, ma diamogli il tempo che merita. I quattro Vini Top, per la cronaca, sono stati dati a due Riserva del 2020, una del 2019 e una del 2018.

Chianti Classico Gran Selezione 2020 (e, per fortuna 2019 e altre annate)

Mentre li assaggiavamo una domanda ci veniva spontanea: si sono create le UGA per differenziare e far capire le differenze tra vini spesso da monovigneto e  monovitigno (sangiovese) e allora perché vengono coperti da strati di rovere che li rendono estremamente simili?  I 2020 degustati sono ancora, per la stragrande maggioranza, praticamente ingiudicabili (a meno che non si voglia fare una graduatoria della tannicità) mentre i 2019 cominciano a esprimersi adesso ma avranno bisogno di almeno altri 3-4 anni per poter dire la loro. Non per niente le tre Gran Selezione premiate come Vini Top sono del 2018, 2017 e 2016. Permettetemi una battuta: invertiamo le regole dei disciplinari relative all’invecchiamento  tra Brunello di Montalcino e Chianti Classico Gran Selezione e diamo 30 mesi di affinamento al primo e 4 anni al secondo: sono convinto ci guadagnerebbero entrambi.

In definitiva abbiamo avuto dei buoni risultati da Chianti Classico e Riserva, mentre la Gran Selezione continua a rimanere una tipologia per noi indigesta, specie se gestita come un vecchio Supertuscan e non come un moderno rosso importante. Mentre molte denominazioni blasonate provano e rendere i loro vini meno estratti e più bevibili, la Gran Selezione corre lancia in resta verso concentrazioni e durezze che forse piacciono in altre parti del mondo ma che, appunto, possono rappresentare un Supertuscan non un Chianti Classico di grande pregio. Non bisogna avere occhi di falco per vedere che, rispetto alla Gran Selezione,  annata e riserva corrono su binari diversi e che forse per fare chiarezza servirebbe molto a breve l’ UGA almeno per il Chianti Classico Riserva, in attesa che “si compia la beata speranza e venga il Nostro Salvatore” UGA per il Chianti Classico d’annata.

Foto di copertina di Michael Knoll da Pixabay

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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