Degustazione rossi sardi: strade diverse ma comunque interessanti, però…4 min read

Prima di cimentarmi in un commento finale alla degustazione dei vini sardi sono andato a rileggermi il bellissimo articolo di Giuseppe Sedilesu scritto a febbraio 2020, ritratto di un’isola dove “niente è facile, a parte viverci”; fotografia tanto vera quanto appassionata, densa di considerazioni che cercano di spiegare agli occhi di un visitatore il perché di tante incongruenze.Mi è servito per ritrovare il bandolo della matassa di una degustazione di vini tanto interessanti quanto difficili da raccontare, schematizzare e… semplificare.

Partiamo dai numeri: abbiamo assaggiato 67 campioni di cui 27 Cannonau. I rimanenti campioni compongono il variegato ed estremamente interessante mondo dei vitigni e delle denominazioni meno conosciute o meno considerate.

Non ci si faccia ingannare dall’aridità dei numeri che vedono solo una punta a sopra a 90 punti/4 stelle (un Cannonau) perché ci sono stati molti vini vicinissimi a questo, per noi, traguardo d’eccellenza. Praticamente ogni comparto ha avuto vini di livello molto alto (86/89 punti o 3.5 stelle) a testimonianza di una qualità piuttosto alta, generalizzata e ormai consolidata.

Partiamo dal “gruppo misto”. Nel dettaglio ci  sono piaciuti vini in tutte le categorie: Monica, Mandrolisai, Carignano, Cagnulari e Nieddera. Ognuno con le sue specifiche. Un caleidoscopio che andrebbe ancora di più potenziato e valorizzato per uscire dallo stereotipato e,  purtroppo ancora attuale,  concetto che vede il vino rosso in Sardegna uguale al Cannonau.

Mi piace sottolineare la precisione con cui le denominazioni o i vitigni si sono raccontati, consentendo all’assaggio una più facile individuazione degli stessi, e questo grazie a una sempre migliore interpretazione dei produttori.  Da rilevare inoltre, all’interno delle varie sezioni, una buona compattezza stilistica. Discorso a parte per il bovale in purezza, che non ci ha convinto nei campioni presentati: un vitigno “rustico” e irruento ma anche vibrante e nervoso; in via generale è risultato un po’ troppo scontroso con trame tanniche irrisolte, note erbacee un po’ troppo evidenti e conseguenti limitate piacevolezze in beva.

Altro discorso per gli IGT: nel 2009 il nostro direttore in un articolo post degustazione si lamentava della deriva un po’ “internazionale” che i vini sardi stavano prendendo; a 10 anni di distanza mi sento di affermare che per fortuna la Sardegna non ha ascoltato il canto di quelle sirene (poche), ma si è dedicata anima e vigneto a valorizzare, migliorare  e promuovere le sue varietà autoctone. Dunque dove normalmente gli IGT sono omologati, farciti e conditi di vitigni internazionali come Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc etc, su quest’isola gli stessi mantengono un’identità invidiabile. Non si capisce spesso da quali vitigni è composto il vino ma di certo si apprezzano i tratti fondamentali di una terra e di un clima che marchiano il vino in modo deciso e univoco. Buoni e divertenti all’assaggio.

Passiamo al Cannonau. Non sono il primo a scriverlo e non sarò certo l’ultimo: è sempre più urgente che i produttori si siedano a un tavolo e decidano cosa fare della denominazione DOC Cannonau di Sardegna e come cominciare a differenziare in qualche modo i vini da uve cannonau.

Tale denominazione è veramente troppo inclusiva, anche per noi di Winesurf che siamo spesso piuttosto tradizionalisti  e poco di convincono  le fughe in avanti dei vari territori della penisola. Ma in questo caso effettivamente si deve cominciare a pensare ad un vitigno-madre come la grenache, che si esprime in modo diverso ovunque sia coltivato a livello mondiale e a queste regola ormai non si sottrae nemmeno la Sardegna. Colpa, ma meglio dire merito dei produttori sardi che hanno affinato le loro tecniche in vigna e in cantina per produrre vini qualitativamente migliori.

In generale abbiamo avuto vini molto puliti, tanta coerenza nei colori e nel rispetto dell’annata, dopo di che si avverte una bella variabilità di stili e di “matrici territoriali” che possono essere un vantaggio ma anche un grande pericolo. Al momento un consumatore che acquista una bottiglia di Cannonau di Sardegna DOC si può trovare di fronte a vini potenti e al contempo anche bilanciatissimi e ed eleganti, oppure a vini talmente leggeri, pur rimanendo belli, interessanti, fini e complessi,  da metterne in dubbio la provenienza stessa. La confusione che tale situazione potrebbe generare è pericolosa per una denominazione così importante.

A noi sono piaciute un po’ tutte le interpretazione, da quelle “in sottrazione”, dove il cannonau esce fuori nella sua massima espressione come vitigno,  a quelle di potenza che, malgrado i 15 gradi dichiarati, sono talmente bilanciati che nascondono meravigliosamente il “fardello” enoico (quelli di Mamoiada per esempio).

Dunque cosa posso dire a te lettore, che è difficile consigliarti “il Cannonau” se non conosco i tuoi gusti, ma che comunque stappandolo avrai un’ottima probabilità che ti piaccia e sia comunque un vino che parlerà della sua affascinante e misteriosa isola.

Gianpaolo Giacomelli

È nato a Lerici, vive a Castelnuovo Magra ed è quindi uomo di confine tra Toscana e Liguria. Al momento della “scelta” ha deciso di seguire la passione per le cose buone invece del comodo lavoro dietro una scrivania. Così la “scelta” lo ha portato a Londra a frequentare i corsi per Master of Wine, finendo tempo e soldi prima di arrivare agli esami. A suo tempo ha aperto un winebar, poi un’enoteca e alla fine ha un’associazione culturale, un wineclub, dove, nella figura di wine educator, propone serate di degustazione e corsi. Fa scorribande enoiche assaggiando tutto quello che può, sempre alla ricerca di nuovi vini. Ha collaborato con varie testate del settore, contribuito alla nascita delle guide vini Espresso e Vini Buoni d’Italia prima di dedicarsi anima e corpo a Winesurf.


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